La Cina attacca a muso duro gli ultimi dazi di Donald Trump, additati come un esempio di “bullismo” a stelle e strisce. E, pur promettendo contromisure a tono, vede spalancarsi all’orizzonte scenari impensabili fino a pochi anni fa. Le mosse del tycoon all’insegna del protezionismo, ha osservato il board editoriale del Wall Street Journal, si tradurranno in costi più elevati per aziende e consumatori americani e in una “graduale erosione della competitività Usa”, mettendo fine alla leadership economica degli Stati Uniti. Trump “ha adottato una visione più mercantile del commercio e dell’interesse personale degli Stati Uniti.
Il risultato sarà probabilmente ogni nazione per sé”. In altri termini, secondo un vecchio adagio mandarino, ‘dalle difficoltà possono nascere opportunità’. I dazi, in questo contesto, potrebbero dare al presidente cinese Xi Jinping un’occasione per fare leva sull’ampio mercato mandarino al fine di corteggiare gli alleati americani. Giappone e Corea del Sud sono i primi obiettivi di Pechino per cambiare a suo favore l’ordine geopolitico in Asia, ma l’Europa è sulla lista del Dragone pur senza grandi concessioni sul tavolo nel mezzo delle varie tensioni commerciali bilaterali e sulla guerra della Russia all’Ucraina.
I legami commerciali più stretti con la Cina e i dubbi sull’accesso al mercato americani, “renderanno questi Paesi meno propensi ad unirsi agli Stati Uniti per imporre controlli sulle esportazioni di tecnologia alla Cina o per mettere al bando il prossimo Huawei”, ha osservato ancora il Wsj. Xi, secondo indiscrezioni diplomatiche, avrebbe in programma a metà mese la missione di alto profilo nel sudest asiatico tra Vietnam, Malaysia e Cambogia, alcuni dei Paesi colpiti più duramente da The Donald, presentandosi come baluardo di stabilità rispetto al caos e ribadendo messaggi semplici come quelli lanciati oggi dal suo ministero del Commercio: gli Stati Uniti “ignorano” i benefici che traggono dal sistema commerciale globale e “i cosiddetti ‘dazi reciproci’, che si basano su valutazioni soggettive e unilaterali americane, non sono in linea con le regole del commercio internazionale, mettono a serio repentaglio i legittimi diritti e interessi delle parti interessate e sono tipici del bullismo unilaterale”.
Un duro editoriale dell’agenzia statale Xinhua, ripreso dal Quotidiano del Popolo, ha sollecitato addirittura una chiamata globale contro la “coercizione economica” Usa considerando che “le concessioni possono solo incoraggiare la propensione al bullismo” dell’inquilino della Casa Bianca. Verso la Repubblica popolare pende la nuova stretta del 34%, in vigore dal 9 aprile, che si aggiungerà alle recenti aliquote aggiuntive del 20% imposte sul fentanyl e sulle tariffe già esistenti. Il ministero del Commercio non ha citato le contromisure che la Cina potrebbe adottare, ma l’obiettivo è “risolvere i problemi con una consultazione paritaria”. Nella guerra dei dazi del primo mandato Trump, la Cina reagì con misure immediate e simmetriche. Questa volta la situazione è diversa e l’ha ricordata oggi Fitch che ha declassato il rating del Dragone ad ‘A’ da ‘A+’ con outlook stabile: pesano i timori su indebolimento delle finanze, aumento del debito pubblico ed economia incerta. Con un Pil stimato in rialzo del 4,4% nel 2025 contro il 5% del 2024, il contesto difficile è inevitabilmente esacerbato dai dazi globali americani.