C’è chi fa della giustizia una professione e chi, invece, la trasforma in una missione. Angelo Pisani è uno di questi. Avvocato, battagliero, sempre in prima linea nella difesa dei diritti negati, spesso gratuitamente, quando di fronte si trova chi non può permettersi un’adeguata tutela legale. Dai cittadini vessati dalle cartelle esattoriali alle famiglie sotto sfratto, dagli artisti diffamati ai consumatori truffati, Pisani ha sempre scelto la parte di chi non ha voce, affrontando senza paura potenti e istituzioni. E lo ha fatto senza mai chiedere nulla in cambio, se non giustizia.
Lo abbiamo incontrato per ripercorrere le sue battaglie, il suo impegno e le nuove sfide che lo attendono.
Avvocato Pisani, il suo nome è legato a molte battaglie per i più deboli. Come nasce questa vocazione?
La mia vocazione per la difesa dei diritti nasce dalla consapevolezza che la giustizia non è sempre accessibile a tutti. Mi sono trovato di fronte a troppe persone lasciate sole, che non potevano permettersi un avvocato, e ho capito che il mio ruolo non poteva essere solo quello di un legale da studio, ma di un difensore sul campo. Per questo ho scelto di mettere le mie competenze al servizio di chi non può permettersi di lottare contro le ingiustizie.
Lei ha fondato “Noi Consumatori”, un’associazione che da oltre vent’anni aiuta i cittadini contro le ingiustizie. Quali sono state le principali battaglie?
Abbiamo iniziato con le compagnie assicurative e bancarie che vessavano i cittadini con contratti capestro. Poi siamo passati alla lotta contro le cartelle esattoriali ingiuste, i pignoramenti selvaggi, le ipoteche sulle case di famiglie che non riuscivano a difendersi. Ho visto troppe persone perdere tutto per un debito spesso gonfiato da interessi assurdi. Noi abbiamo fermato fermi amministrativi, ridato speranza a chi rischiava di essere sbattuto fuori casa e contrastato un sistema che spesso agisce senza pietà.
Maradona è stato uno dei suoi assistiti più celebri. Come ha vissuto quella battaglia?
Maradona non era solo un cliente, era un simbolo. Non potevo permettere che fosse trattato come un evasore quando invece era una vittima di un sistema che lo aveva perseguitato per anni. Abbiamo lottato fino alla Cassazione, e alla fine la giustizia ha riconosciuto che non doveva nulla al fisco italiano. Ma il danno d’immagine ormai era fatto, e questo è il vero problema di chi subisce ingiustizie: anche quando la verità viene a galla, il prezzo da pagare è altissimo.
Lei ha sempre detto che la battaglia per Diego non è finita, e non solo per la vicenda fiscale. Cosa pensa della sua morte e delle condizioni in cui è stato lasciato?
La morte di Diego è una ferita aperta. È stato lasciato solo, abbandonato nelle mani di persone che avrebbero dovuto proteggerlo e curarlo, e invece lo hanno condannato a una fine ingiusta e indegna per un uomo come lui. Maradona non è morto, è stato fatto morire per negligenza, per abbandono. Chi doveva prendersi cura di lui lo ha trattato come un problema da risolvere, invece che come una persona da salvare. Ecco perché la battaglia non è finita: pretendiamo giustizia anche per la sua morte, affinché chi ha sbagliato paghi. Nessuno potrà ridarci Diego, ma almeno si deve sapere la verità.
Ha difeso gratuitamente molti cittadini senza possibilità economiche. C’è un caso che le è rimasto particolarmente impresso?
Ce ne sono tanti. Ricordo una famiglia che stava per essere sfrattata con due bambini piccoli perché la banca aveva messo all’asta la loro casa per un debito ridicolo, di poche migliaia di euro. Ho preso in mano il caso, ho fatto ricorso e siamo riusciti a bloccare tutto. Ma quello che mi è rimasto dentro è stato l’abbraccio di quella madre, che piangeva dicendomi che per la prima volta aveva trovato qualcuno che l’ascoltava. Questi sono i momenti in cui capisco perché faccio questo lavoro.
Di recente ha difeso gli artisti del Teatro San Carlo dalle accuse infamanti di Edward Gardner. Qual è la situazione attuale?
Gardner ha fatto un’accusa assurda, parlando di “famiglie mafiose” nel Coro del San Carlo senza uno straccio di prova. Abbiamo preteso e ottenuto le sue scuse, ma non basta. Il danno è stato enorme, e chi sbaglia deve pagare, anche per dare un segnale a chi pensa di poter diffamare impunemente un’istituzione culturale come il San Carlo.
Molti sembrano considerare chiusa la vicenda dopo le scuse di Gardner, ma lei ha più volte ribadito che non basta. Perché?
Perché non si possono lanciare accuse infamanti, diffondere menzogne in tutto il mondo e poi cavarsela con una lettera di scuse. Gardner ha infangato decine di lavoratori, un’istituzione di fama mondiale e persino una città intera, Napoli, che è la culla della cultura europea. Quando a Londra pascolavano ancora le pecore, Napoli era già una capitale del sapere. Quindi, no: non basta una lettera, ci aspettiamo un risarcimento per il danno subito e pretendiamo che il The Timesrimuova l’articolo che ha diffuso queste menzogne. Non si può permettere che simili diffamazioni restino impunite.
Lei ha anche intrapreso una nuova battaglia legale per la Terra dei Fuochi. Di cosa si tratta?
Dopo la storica sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani, che ha condannato lo Stato italiano per gravi violazioni ambientali e sanitarie nella gestione della Terra dei Fuochi, abbiamo deciso di avviare un’azione collettiva senza precedenti. Vogliamo che chi ha subito danni dall’inquinamento venga risarcito, e che i responsabili paghino. Troppe persone hanno perso la salute, troppe famiglie hanno seppellito figli e genitori a causa di tumori e malattie derivanti dall’inquinamento. Non possiamo più permettere che questa tragedia continui impunemente.
Chi può aderire a questa azione legale e come?
Chiunque abbia subito danni può aderire, e metteremo a disposizione un team di avvocati, medici, psicologi ed esperti fiscali per supportare ogni singola richiesta. Parliamo di quasi tre milioni di cittadini coinvolti. È un’operazione enorme, ma necessaria. Lo Stato italiano è stato condannato e ora deve risarcire chi ha sofferto.
Il Vomero, il suo quartiere, ha perso la sua identità commerciale. Quale sarebbe la soluzione?
Bisogna investire in cultura, servizi, spazi per i giovani. Il Vomero potrebbe essere un modello di sviluppo sostenibile, ma serve una politica che pensi ai cittadini, non solo agli interessi di pochi.
Quali sono le prossime battaglie di Angelo Pisani?
Continuerò a difendere chi non ha voce, che si tratti di una famiglia sotto sfratto, un lavoratore licenziato ingiustamente o un artista diffamato. Sarò sempre dalla loro parte. Inoltre, sto studiando e lanciando un format di tutela per la difesa degli uomini vittime di violenza, perché anche le persone di sesso maschile subiscono abusi e, oggi, sono giuridicamente più deboli a causa di un sistema politico che ha distorto la realtà. La violenza non ha genere e va combattuta senza discriminazioni né demagogia, se si vuole realmente tutelare la società.
La giustizia deve essere un diritto di tutti, non un privilegio per chi può permettersela, come purtroppo accade in Italia tra costi elevati, burocrazia soffocante e lotte di potere fatte per interesse, non per i cittadini.
Inchiesta Doppia Curva, altri 7 arresti: ombre su Inter, Milan e il ruolo di Zanetti. Rapporti tra curva e dirigenza sotto i riflettori
L’inchiesta Doppia Curva porta a nuovi arresti tra gli ultrà di Inter e Milan. Emergono rapporti tra Bellocco, Beretta, Scarfone e il vicepresidente Zanetti.
La nuova tranche dell’inchiesta Doppia Curva ha portato oggi all’arresto di sette persone legate alle tifoserie organizzate di Inter e Milan, rivelando una rete di intrecci tra criminalità organizzata, imprenditoria e ambienti dirigenziali calcistici.
Il ruolo di Antonio Bellocco e la rete di contatti
Nel provvedimento cautelare si legge dell’esistenza di un rapporto diretto tra Antonio Bellocco, figura di spicco della curva Nord e affiliato alla ’ndrangheta, e la società Inter. Bellocco, ucciso nel settembre scorso da Andrea Beretta, ex capo ultrà interista oggi collaboratore di giustizia, avrebbe avuto “concrete entrature” nella multinazionale QFort, attiva nella produzione di infissi e dichiarata estranea all’inchiesta.
Il legame passava attraverso Davide Scarfone, oggi in carcere, amministratore unico della QFort Como srl e rappresentante di altre due società del gruppo. Scarfone era vicino sia a Bellocco che a figure centrali della curva Sud del Milan, come Luca Lucci e Marianna Tedesco, già coinvolti nel maxi blitz del settembre 2023.
L’evento QFort e la presenza di Zanetti
Secondo le intercettazioni, Bellocco si era attivato per ottenere la partecipazione del vicepresidente dell’Inter Javier Zanetti a un evento organizzato da QFort l’11 novembre 2023, rilevante per gli affari di Scarfone. Il 17 novembre Zanetti partecipò effettivamente all’iniziativa, su quella che viene descritta dal gip come “espressa volontà di Bellocco”, per rafforzare il prestigio di Scarfone.
Durante l’evento, Zanetti avrebbe elogiato pubblicamente l’imprenditore, che a sua volta si sarebbe vantato del riconoscimento ricevuto. Beretta, interrogato, ha ammesso di aver contattato Zanetti direttamente: “C’era proprio un rapporto di amicizia con Javier”.
Minacce e usura: gli affari sporchi del clan
Scarfone, sempre secondo l’ordinanza, avrebbe anche minacciato un imprenditore comasco, costretto a subire tassi usurari fino al 400% per prestiti ricevuti dal clan Bellocco. Un quadro che, per la magistratura, dimostra la pervasività dei legami tra criminalità e mondo ultras, con gravi implicazioni per le società calcistiche coinvolte.
La sanzione della Figc a Zanetti
La Figc ha recentemente multato Javier Zanetti per 14.500 euro, dopo aver analizzato gli atti dell’inchiesta. Una sanzione che certifica l’interesse della giustizia sportiva per i rapporti intercorsi tra la dirigenza nerazzurra e ambienti ultrà poi finiti in carcere.
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Inchiesta Doppia Curva, altri arresti per usura ed estorsione con finalità mafiosa legati alle tifoserie di Inter e Milan
Nuovi sviluppi nell’inchiesta Doppia Curva: sette arresti per usura ed estorsione, coinvolto Mauro Russo, ex socio di Maldini e Vieri. Contestata l’aggravante mafiosa.
L’inchiesta Doppia Curva della Procura di Milano si allarga: altri sette arresti sono stati eseguiti nelle scorse ore per reati di usura ed estorsione legati al mondo del tifo organizzato. Per alcuni degli indagati la magistratura contesta l’aggravante della finalità mafiosa, per aver favorito la potente cosca calabrese dei Bellocco, uno dei clan più influenti della ‘ndrangheta.
Ai domiciliari Mauro Russo, legato ai parcheggi di San Siro
Tra i nomi finiti in manette figura anche Mauro Russo, personaggio noto per essere stato socio in affari con due ex stelle del calcio italiano: Paolo Maldini e Christian Vieri, entrambi completamente estranei alle indagini in corso. Russo è accusato di aver estorto 4mila euro al mese all’imprenditore Gherardo Zaccagni, ex gestore dei parcheggi dello stadio di San Siro, per un totale stimato in circa 60mila euro.
Secondo quanto riportato nell’ordinanza del gip Domenico Santoro, Russo avrebbe svolto attività opache anche in altri ambiti calcistici, come la tentata acquisizione dei parcheggi dello Stadio San Nicola di Bari. In quell’occasione, secondo gli inquirenti, avrebbe cercato di ottenere il via libera da parte di famiglie mafiose locali, confermando un modus operandi consolidato.
Rapporti con società di calcio e istituzioni: un sistema da decifrare
Il giudice Santoro sottolinea nella misura cautelare come Mauro Russo sia in grado di intessere relazioni trasversali, che vanno dal mondo delle curve a quello delle istituzioni, passando per ambiti societari legati al calcio professionistico. Una rete definita “chiaramente evocativa della sua capacità di reiterare condotte analoghe” a quelle oggetto dell’indagine.
Questi nuovi arresti arrivano dopo quelli dei capi ultras di Inter e Milan, già coinvolti nella prima fase dell’inchiesta. Il quadro che emerge è quello di un sistema radicato e tentacolare, dove il confine tra tifo organizzato, business e criminalità appare sempre più sfumato.
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Finisce in Procura il caso dei due turisti israeliani che sarebbero stati allontanati per motivi razziali dal ristorante “Taverna Santa Chiara”, nel cuore del centro storico. Un video, registrato con uno smartphone e diventato virale sui social, mostra l’alterco tra la titolare del locale, Nives Monda, e la coppia di clienti, Geula e Raul Moses, cacciati perché “sionisti”, come dichiarato dalla stessa ristoratrice. Ora sul caso indaga la Digos della Questura e il comando provinciale dei Carabinieri, con due informative in arrivo sulla scrivania del procuratore Nicola Gratteri.
Il video e la denuncia
Il filmato, che dura meno di due minuti, documenta la parte finale di uno scontro acceso. Una verità parziale? In questo pezzo di video la sognora Monda invita i due clienti ad uscire dal ristorante, dichiarando di non voler servire cittadini israeliani e definendo Israele uno “Stato genocida e di apartheid”. Che cosa si siano detti prima non è dato sapere. La coppia di israeliani ha denunciato l’episodio ai Carabinieri della caserma Pastrengo, ipotizzando il reato di incitamento all’odio razziale. Si tratta di una ipotesi loro che dev’essere però suffragata da prove. «Ci ha cacciati – dicono – solo perché venivamo da Israele – ha raccontato Geula – e ha urlato che avevamo ucciso 55mila bambini. Abbiamo registrato solo la parte finale per paura che degenerasse».
La replica della titolare
Nives Monda respinge le accuse e sostiene di essere stata vittima di un “episodio intimidatorio”, aggiungendo di aver ricevuto una valanga di minacce e insulti sui social. «È in corso contro di me una campagna d’odio», ha dichiarato.
L’intervento delle istituzioni
Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha espresso «solidarietà ai due turisti a nome dell’intera amministrazione comunale», ribadendo che episodi del genere sono inaccettabili in una città da sempre accogliente e aperta. Sulla stessa linea il prefetto Michele di Bari e l’assessore al Turismo, Teresa Armato, che ha incontrato personalmente la coppia: «La guerra non deve generare odio tra i popoli. Napoli deve restare città di pace, dialogo e ospitalità». Ovviamente si tratta di attestazioni di solidarietà che prescindono dal fatto che c’è una inchiesta e che potrebbe n0n essere del tutto vero quel che i turisti sostengono.
Le reazioni politiche
Durissima la posizione di Severino Nappi, capogruppo della Lega in Consiglio regionale: «Chiediamo al sindaco Manfredi di intervenire e chiudere quel locale. È un esercizio di razzismo che getta discredito sulla città e offende i valori della democrazia. Non si può confondere la politica di un governo con la vita privata di due turisti».
Un caso che divide
L’episodio ha generato un’ondata di reazioni, dividendo l’opinione pubblica e infiammando il dibattito tra chi denuncia l’antisemitismo e chi parla di libertà di espressione. Intanto, la giustizia farà il suo corso, mentre Napoli è chiamata a ribadire i valori che ne fanno una capitale dell’accoglienza.