Un baby criminale, con il simbolo del clan Cipolletta tatuato sul polso, è tra i giovani arrestati oggi a Pomigliano d’Arco nell’ambito dell’operazione condotta dai Carabinieri di Castello di Cisterna, su coordinamento della DDA di Napoli e della Procura per i Minorenni. Il blitz ha portato all’arresto di 27 persone: 23 in carcere e 4 ai domiciliari.
Il giovanissimo arrestato è figlio di un affiliato morto in circostanze drammatiche, mentre tentava di incendiare un’auto rubata. La presenza di un tatuaggio di appartenenza è un dettaglio inquietante, simbolo di una criminalità che coinvolge sempre più minorenni e che punta sulla loro ferocia per alimentare le dinamiche di potere all’interno della malavita organizzata.
La violenza come strumento per guadagnare rispetto
Nel corso della conferenza stampa, a cui hanno partecipato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, i vertici dei Carabinieri e la procuratrice per i Minorenni Patrizia Imperato, è stato evidenziato come i giovani affiliati abusassero della violenza in modo spregiudicato, andando oltre il necessario anche durante le rapine.
L’obiettivo? Dimostrare il proprio valore per ottenere l’affiliazione ufficiale al clan. Infatti, secondo le indagini, uno dei quattro minorenni arrestati aveva già ricevuto il riconoscimento dal capoclan, a testimonianza di quanto il reclutamento dei giovanissimi sia diventato un fenomeno strutturato nelle dinamiche camorristiche.
Droni e traffico di droga in carcere
Oltre ai reati legati alle rapine violente e agli spari gratuiti sulle vittime, le indagini hanno accertato che il clan Cipolletta gestiva un vasto traffico di droga e cellulari all’interno del carcere di Carinola, utilizzando droni per far arrivare i dispositivi ai detenuti. Un’operazione che conferma come la criminalità organizzata riesca a sfruttare la tecnologia per controllare il proprio business anche dietro le sbarre.
L’allarme: l’età sempre più bassa dei nuovi criminali
L’aspetto più allarmante dell’intera vicenda resta l’età dei soggetti coinvolti: giovanissimi pronti a uccidere, sparare e aggredire per dimostrare di essere all’altezza della criminalità adulta. La presenza di simboli d’appartenenza come i tatuaggi indica un processo di radicalizzazione precoce, che porta i minorenni a vedere il clan come una famiglia e il crimine come un destino inevitabile.
L’operazione di oggi rappresenta un duro colpo alla criminalità organizzata, ma non basta. Il fenomeno dei baby criminali è sempre più evidente e richiede un intervento strutturato, che vada oltre la repressione e punti alla prevenzione e al recupero dei giovani coinvolti nella spirale della camorra.