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Economia

Reddito di cittadinanza, ancora non c’è il decretone: manca il bollino della Ragioneria su coperture

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Il reddito di cittadinanza è legge. Il vicepremier Luigi Di Maio incontra le Regioni e si prepara a festeggiare con un mega-evento a 5 Stelle insieme al premier Giuseppe Conte l’avvio del nuovo sostegno contro la povertà. Il decretone, però, ancora non c’è. Non è in Gazzetta Ufficiale, ancora non è stato inviato al Quirinale. Lo scoglio dovrebbe essere quello delle coperture: la Ragioneria  starebbe verificando i calcoli in via informale, per poi apporre la necessaria ‘bollinatura’. L’impasse che si registra sulle misure di bandiera del governo gialloverde si lega a stretto giro alla tenuta dei saldi concordati a con Bruxelles. Secondo alcune fonti di governo, che  guardano con preoccupazione al rallentamento dell’economia certificato anche dal Fmi, la soluzione per rimettere a posto subito i conti, ed evitare ‘manovre correttive’ ma anche di dover attingere ai 2 miliardi di spese dei ministeri congelati con la manovra, sarebbe quella di rinviare a dopo le europee l’avvio di reddito e quota 100 per la pensione. Pena lo sforamento del 2,04 faticosamente concordato con Bruxelles.

Che, in alternativa, potrebbe essere ammortizzato successivamente preannunciando la manovra correttiva. Ma è lo stesso Di Maio, rispondendo proprio sulle stime del Fondo, a ribadire che il governo non “si scoraggia” ed è intenzionato ad andare avanti senza ripensamenti. Anche perchè le elezioni europee sono alle porte e fino ad allora ne’ il leader M5S ne’ l’alleato Matteo Salvini vogliono sentire parlare di correzioni. I fondi per il reddito, 6 miliardi nel 2019, sono peraltro gia’ entrati nel mirino dei senatori, alle prese con il decreto semplificazioni: gli stessi relatori hanno proposto di attingere in gran parte da li’ per dirottare almeno 90 milioni nelle casse dei Comuni, che aspettano il ripristino dei 300 milioni di compensazione Imu-Tasi. Intanto Di Maio rivede gli assessori al lavoro delle Regioni, in prima fila per l’attuazione del reddito attraverso i centri per l’impiego.

E il rischio paventato dalle Regioni – che lamentano la convocazione tardiva, dopo che il testo e’ stato messo a punto in modo “unilaterale” – e’ che i centri non siano in grado, gia’ da aprile, di far fronte allo “tsunami” che li attende, con “milioni di persone” che busseranno per chiedere il reddito e per essere avviate al lavoro. Tra gli assessori cresce anche il mal di pancia sul ruolo dei ‘navigator’ – figura che tra l’altro al momento non e’ disciplinata esplicitamente nelle bozze del decreto – e sui rischi di ‘ingerenza’ da parte dell’Anpal che li dovrebbe assumere. Diverse Regioni, infatti, hanno messo in piedi sistemi per il reinserimento nel modo del lavoro che “funzionano benissimo”, come sottolinea ad esempio a nome della Lombardia Melania Rizzoli. “Non vorremmo – le fa eco la collega del Veneto, Elena Donazzan – che quelle dei navigator fossero solo nuove assunzioni” visto che le competenze che dovranno avere “non si creano da un giorno all’altro”.

Servira’ quindi un “accordo in Stato-Regioni” su questa figura, ferma restando, assicura il coordinatore della Commissione Lavoro delle Regioni, Cristina Grieco, la volonta’ di “partire il prima possibile”. Aprile, sottolinea, “e’ plausibile ma non con i centri rafforzati” visto che i 4mila andranno selezionati per concorso e non saranno operativi “prima della fine dell’estate”. Altra criticita’ quella proprio del “punto di partenza” del percorso: non e’ “la mission dei centri” quella di “determinare i bisogni delle famiglie”. Meglio sarebbe, quindi, che a indicare la via del Patto per il lavoro o del patto per l’inclusione fossero i Comuni, attraverso gli assistenti sociali, cosi’ come accade oggi con il Rei.

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Nozze Ita-Lufthansa, rischio veto Ue senza modifiche

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Parte una settimana decisiva sul futuro di Ita-Lufthansa. Le due compagnie dovranno presentare all’Antitrust Ue un nuovo pacchetto di impegni con i dovuti miglioramenti per arrivare alle tanto agognate nozze. Le proposte messe sul piatto finora sullo scalo di Milano-Linate, sulle rotte a corto raggio dall’Italia all’Europa centrale e sui collegamenti a lungo raggio da Fiumicino verso Stati Uniti e Canada sono state ritenute insufficienti da Bruxelles. In caso di modifiche, la Commissione europea, impegnata al momento nel market test che si concluderà lunedì, valuterà i nuovi rimedi e la sua decisione potrebbe “consolidarsi” già a inizio giugno. Senza miglioramenti, a quanto si apprende da fonti comunitarie, l’operazione è destinata ad essere bocciata. L’annuncio ufficiale è atteso entro il 4 luglio.

Tra le sue richieste, la Commissione chiede di cedere molti più slot a Milano Linate: il 30%, 60 voli giornalieri, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, e in questo modo la quota di mercato combinata sullo scalo passerebbe dal 66 al 46%. Ita e Lufthansa propongono invece di rilasciare l’11-12% degli slot. La compagnia tedesca dovrebbe, poi, rinunciare ai ricavi che realizza sui voli tra l’Italia e il Nord America. L’idea avanzata dai tedeschi, ossia congelare per due anni l’alleanza con Ita sui lunghi collegamenti da Fiumicino con Usa e Canada non ha convinto la Commissione in quanto Lufthansa detiene già un’ampia quota di mercato attraverso le joint venture formate con United Airlines e Air Canada. Qualche giorno fa il presidente di Ita Airways, Antonino Turicchi, ha sottolineato che “questa è un’operazione a favore del mercato, non compromette la concorrenza”.

E in difesa dell’operazione Italo-Tedesca si è espresso anche l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone. La fusione “significa molto per il Paese e per l’Europa, nonostante i dubbi che la Commissione solleva”, ha detto il numero uno di Adr, evidenziando come “i profili di concentrazione di questa operazione siano oggettivamente marginali nel contesto del mercato rilevante”. Una eventuale bocciatura dell’operazione Ita-Lufthansa da parte della Commissione europea aprirebbe scenari molto foschi per il futuro della newco, nata dalle ceneri di Alitalia. L’amministratore delegato del gruppo Ryanair, Michael O’Leary, non ha dubbi: senza Lufthansa la compagnia italiana “andrà in bancarotta e scomparirà “.

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Banche, utili record: in tre mesi a 6,3 miliardi

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Il sistema bancario “continua a macinare record”. Numeri in crescita anche nel primo trimestre dell’anno con i primi sette gruppi bancari del Paese (IntesaSanpaolo, Unicredit, Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem) che hanno fatto registrare utili pari a 6,3 miliardi, per un +25,6% sui primi tre mesi del 2023. Lo rileva un report condotto dall’Ufficio studi & ricerche della Fisac-Cgil sui risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari nazionali nel primo trimestre del 2024.

“Dopo i risultati da record per i grandi gruppi bancari nel biennio passato – commenta la segretaria generale della Fisac-Cgil, Susy Esposito – molti si attendevano un rallentamento, complice l’attesa discesa dei tassi di interesse. Il ritardo della Bce a diminuire i tassi di riferimento, e di conseguenza la trasmissione di questo ai tassi attivi praticati dalle banche, insieme alla perdurante politica di scarsa remunerazione dei depositi, ha mantenuto elevato il livello dei ricavi dalla gestione del danaro”. Risultati che, aggiunge, “a fronte di un contenimento sul versante della spesa del personale, nonostante il rinnovo del contratto, così come delle spese amministrative, deve indurre il sistema bancario per intero a investire sull’occupazione e sul radicamento nel territorio”.

Il margine di interesse, si rileva nel report della Fisac-Cgil, sale ancora, per il campione, di quasi il 7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2023. La dinamica delle commissioni, per quasi tutti i gruppi, ha accelerato (+5,3%) e spesso deriva dalla spinta alla vendita di prodotti assicurativi ma anche da quelle relative all’amministrazione dei titoli. Il prodotto delle due componenti più significative dell’attività caratteristica bancaria ha spinto ulteriormente verso l’alto i ricavi totali (17,8 miliardi di euro per un +9,8%). Sul versante dei costi del personale, che hanno registrato un aumento del +2,5% derivato anche dal rinnovo del contratto Abi, si mantengono mediamente più elevati rispetto allo stesso periodo del 2023 seppur in maniera contenuta, così come le spese amministrative, sottolinea il rapporto della Fisac.

Questa dinamica dimostra, dal lato dei costi per il personale, “la capacità delle banche di agire gestionalmente per mantenere sotto controllo questi ultimi, anche e purtroppo attuando politiche di riduzione degli organici come di mancato turn over”, prosegue il report. Dal lato delle spese amministrative (-0,5%), la previsione di investimenti in nuova tecnologia, spiega inoltre la Fisac-Cgil, come previsto da quasi tutti i piani di impresa, “farebbe pensare ad un incremento di queste ultime anche a scapito della erosione dei margini, fenomeno che non si è ancora verificato. Viceversa il contenimento delle spese, anche attraverso la politica della chiusure delle filiali, a beneficio della redditività a disposizione della distribuzione di utili, può rallentare il processo di innovazione tecnologica, così come confermare la dinamica di riduzione di dipendenti e sportelli”.

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Abi, tasso medio dei conti corrente sale allo 0,59%

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In aprile il tasso medio praticato dalle banche italiane sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,63%. A marzo 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,67%, area dell’euro 3,50%). Rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 334 punti base.

Lo afferma il rapporto mensile dell’Abi. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad aprile 2024 è stato il 3,81%, con un incremento di 250 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%. In aprile il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,05% (1,04% nel mese precedente, 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è salito allo 0,59% (0,57% nel mese precedente), tenendo presente che il conto corrente “permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento”, conclude l’Abi.

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