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Dopo Neres e Jesus tocca a Politano, rubata la sua Smart

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Ecco una tripletta di cui i giocatori del Napoliavrebbero fatto volentieri a meno: con il furto della Smart messo a segno ieri da ignoti ai danni di Matteo Politano, salgono a tre le azioni criminali di cui sono state vittime i calciatori della squadra di Conte nel giro di poco più di un mese. Diverse le reazioni: al silenzio di David Neres, rapinato dell’orologio lo scorso 31 agosto mentre era a bordo del suo van, ha fatto seguito ieri la rabbia social di Juan Jesus per il tentato furto della sua auto. Neanche ventiquattro ore dopo ecco il furto, stavolta portato a segno, della Smart di Politano con l’ala azzurra che alla denuncia social ha privilegiato quella alle forze dell’ordine.

Politano ieri sera era a cena in un ristorante di Posillipo, il quartiere dove vive da quando è cominciata la sua avventura a Napoli. All’uscita dal locale però non ha più trovato la sua Smart che aveva parcheggiato all’esterno. Sull’episodio indaga la polizia che ha chiarito come non vi sia un collegamento tra i tre eventi. Il furto della Smart non è legato alla rapina dell’orologio da 100.000 euro subito dal brasiliano David Neres e dal tentato furto dell’auto subito da Juan Jesus. Secondo le indagini solo nel caso di Juan Jesus avrebbero agito dei ladri tecnologicamente esperti, come si evince dal fatto che avevano piazzato dei dispositivi gps nella vettura per poterla facilmente individuare.

Juan Jesus ieri aveva pubblicato sui social la sua rabbia mostrando una ripresa della sua auto danneggiata. Foto accompagnata da uno sfogo: “Solo sapere che questi delinquenti sanno dove vivo – ha scritto – non mi porta serenità, purtroppo in una città cosi bella non mi sentirò mai più al sicuro”. Il difensore, che abita a Posillipo, ha pubblicato un video girato alle 5.30 del mattino in cui mostra come la sua auto sia stata aperta e danneggiata all’interno, scrivendo sulle immagini girate dal suo cellulare: “Sicurezza zero, dopo quasi un mese pedinato oggi hanno provato a portare via la macchina. Che brutta sensazione, mi fate vomitare”.

Frasi di rabbia a cui l’assessore comunale alla Sicurezza Antonio De Jesu ha replicato ricordando come serva una denuncia oltre alla rabbia sui social. Denuncia che il calciatore ha poi presentato. Ha invece mantenuto il riserbo Neres che, pochi giorni dopo il suo arrivo a Napoli, ha subito il furto di un orologio prezioso, un episodio sgradevole ma in qualche modo dimenticato grazie all’abbraccio forte che la città ha riservato al suo nuovo attaccante che in breve tempo conquistato il Maradona con le sue giocate.

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Meret vuole restare al Napoli: il portiere pensa solo allo scudetto, rinnovo vicino

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Alex Meret ha una priorità: lo scudetto. Il portiere azzurro, protagonista silenzioso e decisivo della stagione del Napoli, ha chiesto al suo agente Federico Pastorello di mettere in stand-by ogni discorso sul contratto fino al termine della gara contro il Cagliari. Un atto di dedizione totale che fotografa bene lo stile di un ragazzo che ha sempre preferito i fatti alle parole.

Un futuro azzurro mai messo in discussione

Nonostante le sirene di mercato e una trattativa per il rinnovo che dura da dieci mesi, Meret non ha mai pensato di andar via. Né di farlo a parametro zero, anche se i presupposti tecnici ed economici per farlo ci sarebbero. Il Napoli vuole tenerlo, il direttore sportivo Giovanni Manna ha ritoccato più volte l’offerta, c’è l’intesa su tutto: durata (fino al 2027 con opzione per un altro anno), ingaggio (3 milioni annui). Resta solo un dettaglio da limare: un piccolo bonus alla firma, che De Laurentiis per ora ha bloccato.

Un pilastro della squadra di Conte

Antonio Conte vuole la sua conferma. Meret è il numero uno del Napoli e lo resterà, anche se con il ritorno in Champions League ci sarà più turnover tra i pali. Per questo Caprile e Scuffet sono pronti, ma resteranno nell’ombra. In alternativa si valuta anche il nome di Milinkovic-Savic del Torino, ma solo in caso di rottura clamorosa che oggi appare improbabile.

Record, rigori parati e fedeltà

Meret ha già collezionato 15 clean sheet in campionato: uno solo in meno rispetto al suo record personale (16 nella stagione dello scudetto). In più, si è rivelato anche pararigori: ha ipnotizzato Calhanoglu, Thauvin e Gimenez, con solo Bonny capace di superarlo dal dischetto. I numeri parlano per lui. E il suo attaccamento al club è evidente: vive a Lucrino, non ha mai nascosto il desiderio di rimanere.

Una maratona contrattuale vicina all’arrivo

Pastorello e Manna si sono visti più volte, penna in mano, pronti a firmare. Poi rinvii, rallentamenti, dettagli. Una trattativa che ricorda l’estate pre-scudetto, quando Meret sembrava destinato a lasciare il Napoli per fare spazio a Navas, ma alla fine rimase e divenne protagonista assoluto.

Oggi, come allora, la volontà di restare c’è, forte e chiara. E salvo sorprese, sarà ancora il portiere del Napoli.

 

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Conte tiene i nervi saldi: niente feste, concentrazione massima, fiato sospeso per Lobotka

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Il Napoli di Antonio Conte è a un passo dal sogno, ma il tecnico salentino non vuole sentire parlare di scudetto. L’atmosfera nel quartier generale azzurro è stranamente silenziosa. Nessuna festa anticipata, nessuna bandiera al vento: solo lavoro, concentrazione e la solita routine. Conte, che vive nel cuore di Napoli per percepire l’umore della città, si tiene lontano da proclami e illusioni.

L’attesa per Lobotka e il piano Gilmour

Quando dalla clinica arriva la notizia che Lobotka ha solo una distorsione, il tecnico tira un sospiro di sollievo. C’è speranza che possa essere disponibile già per il match contro il Genoa. Nel frattempo, parte il “piano Gilmour”, con lo scozzese pronto a prendersi le chiavi del centrocampo da unico play.

La prudenza come stile di vita

Conte sa cosa vuol dire perdere tutto all’ultimo istante. Ricorda bene quella pioggia di Perugia nel 2000 e da allora le cicatrici delle sconfitte pesano più delle vittorie. Per questo evita ogni parola fuori posto. Niente slogan, niente euforia: solo attenzione ai dettagli. Non è scaramanzia, ma un realismo feroce.

Verso il Genoa senza mai nominare lo scudetto

In campo si lavora sul 4-4-2, con Olivera ancora centrale e la conferma di Raspadori. I 52mila del Maradona sono pronti: biglietti introvabili, clima elettrico, ma Conte è l’ultimo a uscire dal centro tecnico e anche stavolta, con i tifosi accalcati alle transenne, non pronuncia mai la parola scudetto.

Una stagione da sogno, ma vietato distrarsi

«Ricordiamo da dove siamo partiti», ha detto il tecnico, facendo riferimento alla vittoria ai rigori in Coppa Italia contro il Modena. Il cammino è stato lungo e faticoso. I premi? Se ne parlerà a fine stagione. Ora la squadra ha un solo obiettivo: battere il Genoa e vedere cosa fa l’Inter contro il Torino. Il resto, per ora, è solo rumore.

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Inzaghi nella storia: orgoglioso di una super Inter

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Simone Inzaghi scrive un’altra pagina della storia interista: la vittoria contro il Barcellona vale infatti la seconda finale di Champions League da allenatore nerazzurro, come solo Helenio Herrera nella storia del club. Un risultato storico, che il tecnico sottolinea con orgoglio: “Innanzitutto voglio fare i complimenti al Barcellona, abbiamo incontrato una squadra veramente forte. Ci è voluta una super Inter – le sue parole intervistato da Sky Sport -. Poi un plauso a questi ragazzi, hanno messo in campo due prestazioni mostruose altrimenti non si poteva raggiungere la finale. Sono orgoglioso, sono contento di essere il loro allenatore. È giusto che i ragazzi se lo godano davanti a questi tifosi”. Una prestazione da grande squadra, soprattutto nei supplementari, quando l’Inter ha trovato ancora le forze per tornare avanti.

“Ho detto che i cambi ci avrebbero aiutato, di crederci e di limitare una squadra non semplice da limitare. Lautaro, Dumfries, Frattesi non ha fatto la rifinitura, col cuore abbiamo superato l’ostacolo. Abbiamo cercato di giocarcela con le nostre armi e qualità. Dopo il 3-3 dell’andata avevamo chiaro cosa fare in campo, la squadra non è mai stata presuntuosa, la finale è meritata”, ha concluso. Una gara in cui decisivo è stato anche Yann Sommer, premiato come MVP della sfida. “Sono molto felice, la squadra ha fatto una roba incredibile. La parata su Yamal è stata speciale, lui è fortissimo e sono felice che non sia entrata. Questa roba che abbiamo fatto, con Acerbi che va a fare la punta…oggi tante squadre si sarebbero arrese dopo il 3-2. Noi abbiamo creduto fino alla fine, è tutto incredibile”.

E ancora di più lo è per Davide Frattesi, già decisivo nell’andata dei quarti contro il Bayern Monaco. “Vedevo tutto nero, sono stato fortunato a finire la partita. Mi sono stirato all’addome e abbiamo fatto un lavoro incredibile per esserci stasera. È incredibile essere in finale di Champions, non so che dire”.

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