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Cesare Battisti, in 24 ore passa dalla latitanza in Bolivia al carcere di San Vittore

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Battisti stanato in Bolivia ma era sotto controllo dei nostri servizi di intelligence da mesi. Telefoni, social, pedinamenti, così era sempre nel mirino

A Santa Cruz de La Sierra, in Bolivia, è finita la latitanza di Cesare Battisti. In meno di 24 ore l’Italia se l’è portato a casa  l’ex terrorista dei Pac. Quasi 40 anni dopo la sua fuga dall’Italia, inseguito da quattro condanne all’ergastolo”ora lo attendono le nostre carceri” (forse San Vittore), ha detto il premier Giuseppe Conte, mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha esultato: “La pacchia è finita”, merita di “concludere i suoi giorni in galera”. Lui, la primula rossa dei Proletari armati per il comunismo, almeno a giudicare dal video diffuso dall’Interpol, non sembrava affatto aspettarsi l’arresto. Passeggiava tranquillo, occhiali da sole e barba, per le vie della città. Durante la latitanza ha addirittura usato i social senza evidentemente immaginare che una squadra dell’Interpol italiana, brasiliana e boliviana fosse sulle sue tracce. Dopo anni di stallo, dunque, l’accelerazione improvvisa voluta da Jair Bolsonaro, che già in campagna elettorale aveva promesso all’Italia un ‘regalo’ non appena fosse stato eletto, sembra aver dato i suoi frutti. Anche se paradossalmente ha tagliato fuori proprio il presidente brasiliano. Dopo la decisione, un mese fa, di un giudice del Tribunale Supremo federale di dare il via libera all’arresto, la fuga di Battisti e, il giorno dopo, la tanto attesa firma del consenso all’estrazione posta pero’ dall’allora presidente in scadenza Michel Temer, l’ex terrorista è stato arrestato in un altro paese, che ne ha annunciato la consegna direttamente all’Italia.

Questo in realta’ non ha impedito a Bolsonaro di scambiare tweet trionfanti con Salvini: “Conta sempre su di noi”, ha scritto. Ricambiato dai ringraziamenti del vicepremier. E in effetti il Brasile avrebbe gradito un passaggio di Battisti sul suo territorio, per poter consegnare ufficialmente quel ‘regalo’ all’Italia. Ma i rischi erano troppo alti. In Brasile i suoi legali, privi di ogni autorità in un altro paese, avrebbero potuto studiare un nuovo ricorso e rischiare di bloccare nuovamente tutta la procedura. Non solo: in Brasile non esiste l’ergastolo e l’Italia si è impegnata nel 2017 a garantire che non sarebbe stato inflitto a Battisti in cambio dell’estradizione. Arrivando in Italia direttamente da Santa Cruz, invece, le cose cambiano. “Sarà espulso dalla Bolivia e sconterà l’ergastolo”, ha spiegato il ministro della Giustizia Bonafede, mentre Salvini continuava a postare tweet nel quale si augurava di vederlo in manette “fino all’ultimo dei suoi giorni”. Ma soprattutto sarebbe stata proprio la Bolivia, il paese che ha arrestato l’uomo che l’Italia cerca di acciuffare da quasi 40 anni, sospettato in passato anche di averne favorito la latitanza, a spingere per consegnarlo direttamente a Roma, all’aeroporto internazionale Viru Viru, a Santa Cruz, dove ad attenderlo c’era il Falcon fatto arrivare dal governo con a bordo gli uomini dell’Aise e della Polizia. Quel che e’ certo, come ha annunciato Conte, e’ che nel primo pomeriggio di domani Cesare Battisti tocchera’ il suolo italiano, nel quale non mette piede da quando nell’81 evase dal carcere di Frosinone e inizio’ la sua latitanza tra la Francia (dove divenne uno scrittore famoso), il Messico e il Brasile. Ora dovra’ “scontare la sua pena per i gravi crimini di cui si e’ macchiato”, come ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, augurandosi che lo stesso avvenga per tutti i latitanti fuggiti all’estero”. Che non sono pochi. Tanto che la Lega sulla scia dell’arresto dell’ex Pac presenterà una mozione alla Camera “per sollecitare con determinazione l’estradizione degli oltre 50 terroristi condannati in via definitiva e latitanti” in diversi paesi. Intanto ad esultare sono anche i parenti delle vittime di Battisti, condannato per quattro omicidi, due commessi materialmente, due in concorso. “E’ fatta, credo sia la volta buona”, ha detto Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso nel 1979 dai Pac in una sparatoria in cui lui stesso rimase ferito e perse l’uso delle gambe. Torregiani ha incontrato anche Salvini. Per Adriano Sabbadin, figlio di Lino ucciso da Cesare Battisti a Santa Maria di Sala (Venezia) il 16 febbraio del 1979, “e’ un momento di soddisfazione dopo 40 anni di attesa. Di perdono non se ne parla”. Contento anche Maurizio Campagna, fratello di Andrea, l’agente ucciso da Cesare Battisti il 19 aprile 1979 a Milano. Ora le indagini proseguono, per capire chi abbia favorito la sua fuga e la sua latitanza in Bolivia.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

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Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

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Vino nel biberon per errore, bimbo 4 mesi in rianimazione

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Vino bianco al posto dell’acqua per preparare il latte in polvere a suo figlio di quatto mesi. Un errore, è l’ipotesi degli investigatori, commessa da una donna di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che ha fatto finire il piccolo in coma etilico. Ricoverato in rianimazione all’ospedale pediatrico di Bari, le sue condizioni sono in lieve miglioramento. A fare insospettire la donna è stato il rifiuto del piccolo che dopo i primi sorsi avrebbe smesso di bere respingendo il biberon. A quel punto la sua mamma si sarebbe accorta di non aver mescolato il latte in polvere con l’acqua.

A farla sbagliare sarebbe stato il colore scuro della bottiglia in cui era contenuto il vino. Subito dopo aver compreso l’errore, la donna ha portato il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi dove il piccolo è arrivato già in coma etilico. Sottoposto a una lavanda gastrica, è stato intubato e trasferito d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione.

La procura di Brindisi ha avviato un’indagine, ma al momento l’ipotesi prevalente dei carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana è che sia stato un incidente domestico. Dai riscontri dei militari non sono emersi altri elementi. L’affanno dovuto alle incombenze quotidiane, la necessità di preparare in fretta il biberon per il proprio figlio e la bottiglia scura avrebbero portato la donna a sbagliare. E’ stato lo stesso bimbo, rifiutandosi di continuare a bere, a rivelare che quel liquido non era latte. Un segnale subito percepito dalla mamma che si è resa conto in pochi istanti quale fosse il vero contenuto della bottiglia da cui aveva prelevato il liquido credendo fosse acqua.

La corsa in ospedale è stata immediata, dall’abitazione al pronto soccorso del Perrino. Qui il piccolo è stato preso in cura dai medici che con stupore hanno accertato il coma etilico di un bimbo di soli quattro mesi. Un quadro clinico che ha allarmato il personale sanitario e che ha portato al trasferimento del bimbo a Bari dov’è stato sottoposto a specifiche cure. Al momento la prognosi è riservata ma i medici sono fiduciosi perché le condizioni del piccolo migliorano. La notizia ha scatenato tante reazioni anche sui social dove molti manifestano comprensione per “il dispiacere e per quello che sta passando in queste ore la mamma”, auspicando che “il piccolo possa presto riprendersi da questo brutto incidente”.

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