La quarta edizione del Btp Valore chiude con 11,2 miliardi sottoscritti da parte dei risparmiatori, che portano il totale del titolo riservato al retail, e lanciato nel giugno 2023, a una raccolta totale di quasi 65 miliardi. Abbastanza per validare la strategia di puntare sulle famiglie italiane nel finanziamento del debito pubblico, anche se con un fisiologico calo delle sottoscrizioni rispetto al record dell’emissione di marzo.
Nell’ultimo giorno di collocamento la domanda è stata pari a 970 milioni per 34.857 contratti, che portano la quarta emissione, iniziata lunedì 6 maggio, a 11,227 miliardi di euro e 384.295 contratti totali. A marzo il totale era stato di 18,316 miliardi, a ottobre 2023 17,19 miliardi e al debutto in giugno 18,191 miliardi. Un calo, quello delle sottoscrizioni dell’ultima emissione ‘speciale’, da mettere in conto vista la scadenza ravvicinata alla precedente, dettata probabilmente di sfruttare la finestra di opportunità di tassi di mercato ancora attraenti per i risparmiatori, che lo saranno di meno con l’approssimarsi della riduzione del costo del denaro da parte della Bce a giugno. La soglia che, a fine 2022, una volta superata aveva innescato la corsa dei risparmiatori a sottoscrivere titoli pubblici era il 3% del Btp triennale, che ora si sta riavvicinando a quel livello. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva sottolineato il segnale di “fiducia” delle famiglie in vista della nuova emissione. “È un titolo che offre rendimenti interessanti, soluzioni interessanti con il pagamento degli interessi ogni tre mesi” – aveva detto Giorgetti – “il successo che abbiamo avuto fino a oggi testimonia questa fiducia. Questa è un’edizione straordinaria che non era prevista, ma vista la grande richiesta abbiamo deciso di replicare”.
L’aver superato i 10 miliardi, pur senza avvicinarsi al precedente record, rappresenta comunque un tassello della strategia che punta sul retail, rivendicata dalla premier Giorgia Meloni a gennaio, “auspichiamo che quelli che stanno messi un po’ meglio ci diano una mano a mantenere il debito italiano in mano italiana”. Per proseguire la strategia il Mef lavora dunque a costituire una curva di titoli dotata di sufficiente liquidità, una sorta di benchmark con obbligazioni che hanno il premio fedeltà (lo 0,8% del capitale investito per l’emissione appena conclusa) e lo step up: cedole che salgono nel tempo, nel caso dell’emissione di maggio dal 3,35% dei primi tre anni al 3,90% per gli ultimi tre. Tassi che offrono, rispetto all’emissione di marzo, qualcosa di più sul primo triennio (era 3,25%) e qualcosa di meno sui restanti tre anni (era 4%).
Una scelta – quella di pagare qualcosa in più in termini di rendimento, ma assicurandosi una platea di investitori aggiuntiva rispetto agli istituzionali – che visto il rientro delle prospettive d’inflazione costituisce una valida alternativa da offrire agli investitori retail rispetto al Btp Italia indicizzato all’andamento dei prezzi. E che aiuta in due direzioni: “dobbiamo rimettere gran parte del debito italiano in mani italiane”, aveva detto Meloni poche settimane fa. Più debito ai risparmiatori italiani vuol dire aver una base di investitori meno volatile – anche se più vulnerabile – se in futuro ci fossero scossoni. In secondo luogo, è un bacino in più cui attingere vista la mole imponente del debito da collocare quest’anno. Ben 360 miliardi di euro solo per il 2024, che da gennaio ad ora sono però già coperti per oltre il 40% grazie anche al contributo dei due Btp Valore collocati nel 2024 e, da ultimo, dell’emissione di Btp a tre, cinque, sette e 30 anni per oltre 9,25 miliardi.