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Esteri

Feroci scontri a Gaza, esodo dei civili verso Rafah

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La guerra tra Israele e Hamas, entrata nella sua tredicesima settimana, continua ad essere combattuta con grande intensità per le strade e dal cielo su tutta la Striscia, con l’esercito dello Stato ebraico che intensifica giorno dopo giorno la pressione sul sud. Provocando l’esodo dei civili palestinesi verso Rafah. Le ostilità sempre più cruente non fermano comunque la trattativa per nuove pause umanitarie. Hamas sembra aver rinunciato all’idea di un cessate il fuoco totale come condizione per rilanciare altri ostaggi, ma la strada per un’intesa appare ancora lunga.

Tanto più che nell’ennesima conferenza stampa serale il premier Benyamin Netanyahu ha ribadito il suo mantra: “Andremo avanti per molti mesi, non cederò alle pressioni internazionali”. Nella prime ore della giornata l’Idf ha comunicato di aver attaccato diversi obiettivi di Hamas nel nord e nel centro di Gaza. Mentre nell’area meridionale di Khan Yunis, considerata la roccaforte del nemico, l’aviazione che ha intensificato le operazioni effettuando circa 50 raid e prendendo di mira anche i tunnel.

Le truppe di terra hanno riferito di un’irruzione nella base dell’intelligence del gruppo armato palestinese, e nello stesso complesso sarebbe stato localizzato anche un centro di comando della Jihad islamica, l’altra fazione che sfida Israele. Azioni eclatanti, immortalate dalle tv nazionali, mentre il bollettino delle operazioni viene aggiornato con decine di “terroristi uccisi”, armi, ordigni esplosivi, equipaggiamenti militari e dispositivi di comunicazione recuperati.

Con un drammatico risvolto: la crescente fuga dei civili, sempre più a sud. Secondo l’Onu, almeno centomila persone si sarebbero trasferite a Rafah, al confine con l’Egitto. Ed è quotidiano lo scontro a fuoco al confine settentrionale di Israele tra l’esercito e i miliziani di Hezbollah (che ha denunciato l’uccisione di 4 suoi combattenti). Uno scenario preoccupante per gli Stati Uniti, che hanno deciso di inviare un emissario a Beirut per tentare di mediare una de-escalation.

Come se non bastasse, c’è il crescente deterioramento della situazione nell’altro fronte legato all’Iran, la Siria, dove Israele avrebbe intensificato gli attacchi, in risposta a missili caduti sul Golan: attivisti hanno riferito di diciannove miliziani filo-Teheran uccisi nell’est del Paese, ma secondo i media nazionali è stato preso di mira anche l’aeroporto di Aleppo, nel nord, con un massiccio attacco aereo.

“L’Iran guida l’Asse del Male e noi agiamo contro l’Iran, anche se è meglio non dare precisazioni”, è la sibillina frase di Netanyahu rivolta ai giornalisti. Per quanto riguarda le trattative mediate da Qatar ed Egitto sugli ostaggi qualcosa sembra muoversi. Hamas, è il messaggio riportato al governo israeliano dal Mossad, sarebbe pronto a negoziare un accordo per il rilascio di 40-50 persone, tra cui donne, adulti e malati, in cambio di un cessate il fuoco di 20-30 giorni e del rilascio dei prigionieri. Secondo una fonte politica israeliana si tratterebbe di un “leggero progresso”, anche se è “troppo presto” per immaginare una “svolta”.

Secondo un’altra fonte di sicurezza, invece, “finché non ci sarà un cambiamento fondamentale in Hamas sulla sopravvivenza del suo governo, la possibilità di raggiungere un accordo è scarsa”. In assenza di un altro accordo sugli ostaggi, in seno al governo israeliano è in corso una disputa sullo sviluppo dell’offensiva a Gaza. Da una parte Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, orientati a continuare a pieno regime la campagna militare almeno fino a gennaio.

Dall’altra Benny Gantz (che un israeliano su due vorrebbe diventasse premier) e Gadi Eisenkot, che spingono per passare alla fase C, ossia ridurre il contingente in campo e affidare a unità d’elite operazioni chirurgiche. Un’opzione invocata anche dagli Stati Uniti, come sarebbe emerso in un colloquio tra Gallant ed il capo del Pentagono Lloyd Austin. Washington da tempo preme sull’alleato perché riduca l’intensità degli attacchi per facilitare una fase di stabilizzazione della Striscia. Proprio dagli Usa, nel frattempo, il New York Times ha scritto che l’esercito israeliano non aveva un piano per gestire un massiccio assalto di Hamas, come si è visto il 7 ottobre. Il report da una fonte interna dipinge il quadro di militari che per lunghe ore non avevano compreso la portata dell’attacco, rispondendo in modo lento e inefficiente.

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Esteri

Algeria, uomo rapito da un vicino di casa ritrovato dopo 30 anni

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Le autorità giudiziarie di Djelfa, 300 km a sud di Algeri, capitale dell’Algeria, hanno arrestato oggi un uomo accusato di aver sequestrato per circa trent’anni un vicino di casa, trovato ieri sera sano e salvo, seppure in stato di grave abbandono, in una buca coperta di fieno in un allevamento di pecore. Lo riferisce il tribunale di Djelfa in una nota. La Procura ha ricevuto due giorni fa, il 12 maggio 2024, tramite la divisione regionale della gendarmeria nazionale di El Guedid, una denuncia contro uno sconosciuto secondo cui il fratello del denunciante, Omar Ben Amrane, scomparso da circa 30 anni, si trovava nella casa di un loro vicino, all’interno di un recinto per le pecore”.

https://x.com/Belhassine_Bey/status/1790483411179601969

“In seguito a questa segnalazione, il pubblico ministero del tribunale di Idrissia (provincia di Djelfa) ha ordinato alla gendarmeria nazionale di aprire un’indagine approfondita e gli ufficiali di giustizia si sono recati nella casa in questione. La persona scomparsa (B.A.) è stata ritrovata e il sospetto, di 61 anni, proprietario della casa, è stato arrestato”, aggiunge la nota. “La Procura ha ordinato un trattamento medico e psicologico per la vittima e il sospetto sarà portato davanti alla Procura non appena l’indagine sarà completata”, ha precisato il tribunale.

La nota conclude sottolineando che “l’autore di questo efferato crimine sarà perseguito con tutta la severità richiesta dalle leggi della Repubblica”. Sui social algerini è diventato virale il video del ritrovamento dell’uomo, ritrovato in uno stato pietoso, con abiti trasandati e una lunga barba. Secondo quanto riportato dai media locali algerini, la famiglia della vittima riteneva in precedenza che fosse stata rapita e uccisa da gruppi terroristici islamici armati attivi in Algeria negli anni ’90, quando aveva solo 16 anni.

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Esteri

Zelensky cancella visita a Madrid prevista per venerdì

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha annullato la visita che avrebbe effettuato a Madrid venerdì prossimo, secondo fonti della Casa del Re, dopo che oggi aveva annunciato l’incontro che si sarebbe svolto incontro con Filippo VI e il successivo pranzo al Palazzo Reale. Lo scrive l’agenzia spagnola Efe. Il Palazzo della Zarzuela non ha spiegato i motivi della cancellazione della visita, che sarebbe stata la prima visita bilaterale di Zelensky in Spagna e nella quale avrebbe dovuto incontrare il premier Pedro Sánchez e firmare un accordo sulla sicurezza.

Il viaggio di Zelensky avrebbe incluso il Portogallo, tappa anche questa destinata a saltare stando a Rtp, la televisione pubblica portoghese, che – senza specificare le sue fonti – indica come motivo dell’annullata visita “l’aggravarsi della situazione in Ucraina”, si legge nella homepage della Rtp.

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Economia

Brasile: il governo Lula licenzia il capo di Petrobras

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Il governo del leader brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha licenziato il presidente del colosso petrolifero statale Petrobras, Jean Paul Prates, dopo una disputa tra la società e l’esecutivo sul pagamento dei dividendi. “Prates è stato licenziato”, ha detto un portavoce presidenziale. Da parte sua, Petrobras ha indicato in un comunicato stampa che Prates ha chiesto una riunione del consiglio di amministrazione.

Il 25 aprile gli azionisti di Petrobras hanno approvato il pagamento di 22 miliardi di reais (4 miliardi di euro) di dividendi straordinari per l’esercizio 2023, durante il quale il gruppo ha realizzato il secondo utile netto più grande della sua storia, e il collocamento di altri 22 miliardi in un fondo destinato a garantire il pagamento dei dividendi futuri. Inizialmente il cda di Petrobras, controllata dallo Stato brasiliano, aveva deciso di non pagare alcun dividendo. Questo annuncio, avvenuto il 7 marzo, ha causato il crollo del prezzo delle azioni Petrobras in borsa ed è stato considerato dagli analisti come il risultato di un’ingerenza del governo negli affari della società, una possibilità che preoccupa i mercati dall’avvento al potere del presidente di sinistra Lula all’inizio del 2023.

Lula ha ripetutamente accusato i dirigenti di Petrobras di pensare solo a soddisfare gli azionisti del gruppo, a scapito dei consumatori. Poco più della metà del capitale di Petrobras è detenuto dallo Stato brasiliano, mentre il resto appartiene ad azionisti privati. Jean Paul Prates, ex senatore del Partito dei lavoratori di Lula, è stato nominato capo di Petrobras nel gennaio 2023, poco dopo l’insediamento del presidente, al quale era noto per essere vicino. Il gruppo ha già sperimentato turbolenze durante il mandato quadriennale del presidente di estrema destra Jair Bolsonaro (2019-2022). Quattro presidenti si erano succeduti alla guida dell’azienda, a causa dei violenti disaccordi sulla politica dei prezzi della Petrobras. In 68 anni di esistenza, Petrobras ha conosciuto un susseguirsi di presidenti: 39 precisamente, con una longevità media inferiore ai due anni. Lula ha posto fine al processo di privatizzazione avviato dal governo Bolsonaro. Il governo brasiliano non ha menzionato il nome di un sostituto di Prates. I media brasiliani scommettono su Magda Chambriard, ex capo dell’Agenzia nazionale del petrolio, un’organizzazione responsabile della regolamentazione dell’industria petrolifera brasiliana.

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