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Sarafine si aggiudica la finale di X Factor 2023

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E’ stata una battaglia all’ultima nota, quella andata in scena questa sera per la finale di X Factor 2023 e che ha visto trionfare Sarafine. I quattro concorrenti, Maria Tomba e Sarafine per la squadra di Fedez da un lato e Il Solito Dandy e gli Stunt Pilots per la squadra di Dargen D’Amico dall’altro, si sono affrontati sul palco della X Factor Arena a suon di ‘cavalli di battaglia’, duetti eccellenti e, per finire, brani inediti.

Le sorti dell’ultimo scontro sono state decise nel corso di tre manche e soltanto dal voto del pubblico, dopo l’acceso confronto delle ultime settimane tra i giudici Fedez, Ambra Angiolini e Dargen D’Amico, tutti presenti anche questa sera ma come semplici ‘spettatori’, oltre a Morgan, prima del suo allontanamento da uno dei tavoli più celebri degli schermi targati Sky. Se la serata è stata inaugurata dal duetto tra la presentatrice Francesca Michielin (che durante la finale ha presentato anche il suo inedito ‘Solite chiacchiere’) e il super ospite Gianni Morandi (“grandi, avete vinto tutti e siete fortissimi” ha detto il cantante da 60 anni di carriera, 53 milioni di dischi venduti e un medley fuori programma), durante la prima manche, i quattro concorrenti rimasti in gara si sono esibiti in un carosello senza soluzione di continuità, ciascuno con un riassunto in musica dei brani che hanno segnato il loro percorso all’interno di X Factor 2023. Per la seconda manche, protagonisti sono stati invece i duetti.

Maria Tomba è salita sul palco con M¾SS KETA. Duetto internazionale quello scelto per Sarafine che si è esibita con il duo francese di musica elettronica degli Ofenbach, mentre Il Solito Dandy ha accolto sul palco Francesco Gabbani. Duetto all’insegna del rock’n’roll, quello che ha visto invece protagonisti gli Stunt Pilots, che per la finale di X Factor hanno incontrato la chitarra elettrica e la poesia virata al rock di Omar Pedrini, per l’occasione alle prese con ‘Sole spento’ dei suoi Timoria e che a breve festeggerà anche i dieci anni di ‘Che ci vado a fare a Londra’, il disco solista della rinascita artistica, con un evento ai Magazzini Generali di Milano, il 18 gennaio. Sul fronte degli inediti, poi, i finalisti hanno proposto i loro brani, già disponibili sulle piattaforme digitali. Maria Tomba ha cantato la sua ‘Crush’, Sarafine se l’è vista con ‘Malati di gioia’, Il Solito Dandy ha riproposto ‘Solo Tu’ e gli Stunt Pilots hanno fatto risuonare le note di ‘Imma Stunt’. Solo alla fine delle manche è stata annunciata la classifica che ha determinato la vittoria di Sarafine.

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Esteri

Sfida dell’Ungheria all’UE: rapporti con Russia e Georgia e polemiche sul conflitto in Ucraina

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Continua la linea di sfida dell’Ungheria nei confronti della politica estera dell’Unione Europea, con il governo di Viktor Orban che cerca di mantenere rapporti indipendenti con Russia e Georgia, suscitando reazioni da Bruxelles. Durante una recente visita in Georgia, Orban ha espresso il proprio appoggio alla “vittoria schiacciante” del partito filorusso Sogno Georgiano, nonostante le contestazioni da parte delle opposizioni filo-occidentali locali. Nello stesso contesto, il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha incontrato a Minsk il ministro russo Serghei Lavrov, ribadendo la contrarietà di Budapest alla politica di sanzioni europee contro la Russia.

Szijjarto: “Costruire ponti, non tagliarli”

A Minsk, Szijjarto ha dichiarato: “All’Ungheria non piace la politica delle sanzioni”, sottolineando che “l’idea di tagliare i ponti deve essere sostituita dall’idea di costruire ponti”. Durante l’incontro con Lavrov, i due ministri hanno discusso di “cooperazione bilaterale” e delle “questioni internazionali di attualità”, riferisce il ministero degli Esteri russo, con probabile riferimento alla guerra in Ucraina. A differenza della maggior parte dei paesi europei, il governo di Budapest continua a sostenere un dialogo con il Cremlino e mantiene una posizione critica verso le strategie occidentali sul conflitto.

Zelensky e le crescenti tensioni con l’Occidente

Sul fronte ucraino, la preoccupazione del presidente Volodymyr Zelensky si concentra non solo sulla guerra, ma anche sui rapporti con i propri alleati, in particolare gli Stati Uniti. La possibile rielezione di Donald Trump alla presidenza statunitense potrebbe ridurre il sostegno americano a Kiev, aumentando le tensioni nell’alleanza occidentale. A complicare ulteriormente la situazione, si è aggiunta la questione dei soldati nordcoreani inviati in Russia: secondo il segretario di Stato americano Antony Blinken, circa 8.000 militari di Pyongyang sarebbero già nella regione di Kursk, al confine con l’Ucraina. “Se queste truppe dovessero impegnarsi in operazioni di combattimento o di supporto al combattimento contro l’Ucraina, diventerebbero legittimi obiettivi militari”, ha dichiarato Blinken. Zelensky ha però criticato la reazione, definendo “nulla, è stata zero” la risposta occidentale.

Il Cremlino e la difesa dei rapporti con la Corea del Nord

A difesa dei crescenti legami tra Mosca e Pyongyang è intervenuto Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, sottolineando che sia la Russia sia la Corea del Nord hanno il diritto sovrano di sviluppare relazioni “in tutti i settori”, aggiungendo che ciò “non dovrebbe spaventare o preoccupare nessuno”. Queste dichiarazioni aumentano le preoccupazioni di Kiev, che teme una posizione di minor sostegno da parte dei propri alleati in Occidente.

Il piano ucraino per la vittoria e i dubbi degli alleati

Recentemente, Zelensky ha presentato un piano per la vittoria accolto con scetticismo dagli Stati Uniti e da altri partner occidentali. Secondo il New York Times, una delle richieste avanzate nel piano include la fornitura di missili Tomahawk, con una gittata di 2.500 chilometri, sette volte superiore rispetto agli Atacms. Questa proposta, secondo quanto riferito dal ministro Lavrov, “ha provocato costernazione a Washington” e sembra destinata a non ricevere risposta positiva dagli Stati Uniti.

Scontri in Donbass e bombardamenti su Kharkiv

Nel frattempo, i combattimenti sul campo si intensificano. Il ministero della Difesa russo ha annunciato la presa del villaggio di Yasnaya Polyana nella regione di Donetsk, mentre le forze di Mosca si avvicinano a Pokrovsk, un centro strategico ucraino di circa 60.000 abitanti. A Kharkiv, intanto, un bombardamento russo ha causato la morte di tre civili e il ferimento di altre 35 persone. Tra le vittime ci sono anche due adolescenti di 12 e 15 anni.

Dall’altra parte, il governatore della regione di Zaporizhzhia, filo-russo, ha dichiarato che un attacco ucraino con dieci droni kamikaze ha colpito la città di Berdyansk, sotto controllo russo, sul Mar d’Azov, provocando tre feriti e danni significativi.

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Cronache

Tre giornalisti-influencer regnano sui social italiani

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Da un anno a questa parte il podio dei giornalisti più social d’Italia è occupato dagli stessi tre nomi. Sono quelli di Fabrizio Biasin, Gianluca Di Marzio e Lorenzo Tosa, che – salvo poche eccezioni – da 12 mesi sono in vetta alla top 15 dei ‘news influencer’ più di successo sulle piattaforme online elaborata da Sensemakers per Primaonline. Numeri da capogiro, che spesso superano il milione di like, commenti e condivisioni in totale, ma che possono arrivare fino ai 6,2 di Di Marzio ad agosto.

Dati in parte confermati anche dall’ultimo report, relativo a settembre 2024, seppure i risultati siano in netto calo per via della fine delle Olimpiadi e del calciomercato. A settembre Biasin è medaglia d’oro (come in altre 8 classifiche negli ultimi 12 mesi), Tosa argento (anche se più spesso si è trovato sull’ultimo gradino della top 3), Di Marzio bronzo con il suo peggior risultato degli ultimi tempi, ma che comunque si avvicina alle 900mila interazioni. Insomma, due esperti di sport – giusto per ricordare quali siano i temi più cari agli italiani – e uno (Tosa) di politica e attualità. A seguire: Enrico Mentana (725mila interazioni), Roberto Saviano (694mila), Nicola Porro (611mila).

Il direttore di Tg La7 conferma il posizionamento di agosto, in ripresa dopo mesi instabili, l’autore di Gomorra sale di 10 posizioni nel ranking grazie alla ripartenza di ‘Insider’ su Rai3, su cui pubblica molto, il vicedirettore de il Giornale si mantiene alto in graduatoria migliorando i risultati agostani. Se il segreto è parlare dei temi di interesse per il proprio pubblico, è anche vero che il processo per entrare in classifica può variare molto a seconda di follower e stile comunicativo.

C’è chi pubblica quotidianamente e chi fa meno post al mese ma riesce a catturare molta più attenzione, com’è capitato stavolta a Guido Meda, volto noto del motociclismo il cui messaggio in ricordo dell’amico Luca Salvadori, con le sue oltre 121mila persone coinvolte su Instagram, è in prima posizione nelle top 10 dei post di settembre. Lo sport resta uno dei temi più attraenti per gli italiani, tant’è che ne ranking dei giornalisti-influencer c’è Samuele Mandarò, che si occupa di fantacalcio. Ma non solo. Attualità e polemiche di vario genere catalizzano a loro volta like e riflessioni: basti pensare a un altro nome ricorrente in graduatoria, ovvero Mario Natangelo e le sue vignette, in questo caso dedicate al caso Sangiuliano-Boccia.

La forza delle altre tematiche si vede anche dai post di maggior successo degli ultimi mesi. Se giugno è stato dominato dalle partite italiane di Euro2024, a febbraio ha vinto il Festival di Sanremo e a dicembre 2023 la pubblicazione con più interazioni era una di Selvaggia Lucarelli sulla faccenda Ferragni-Balocco. I cibernauti hanno reagito a post e video riguardanti la morte di Matteo Messina Denaro (settembre 2023), l’omicidio di Giulia Cecchettin (novembre 2023) e le proteste dei trattori (gennaio 2024).

Senza dimenticare i casi più politici, come Antonio Scurati da Serena Bortone (aprile 2024), Saviano sull’uso “mediatico” del Parco Verde a Caivano da parte di Giorgia Meloni (maggio 2024) o le critiche di Lucarelli ad alcune affermazioni di Matteo Salvini (settembre 2024).

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Economia

Torna lo sciopero generale, Cgil e Uil contro la manovra

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Una manovra “inadeguata”: Cgil e Uil scendono in piazza, di nuovo senza la Cisl, e contro le scelte messe in campo dal governo Meloni. E per chiedere di cambiare la legge di Bilancio tornano a proclamare insieme lo sciopero generale: la data è quella di venerdì 29 novembre. Una decisione che incide con un’ulteriore frattura sul fronte sindacale, cristallizzando posizioni assai diverse, e che riaccende lo scontro con la maggioranza. “Direi che c’è un piccolissimo pregiudizio”, ironizza la premier Giorgia Meloni, che intervistata da Bruno Vespa indica i temi in manovra che ai sindacati dovrebbero piacere e sottolinea che la protesta arriva prima della convocazione prevista per martedì a Palazzo Chigi.

La Lega, poi, non usa mezzi termini e respinge ai mittenti le ragioni della protesta: “Sindacati ridicoli, scioperano contro l’aumento dei redditi”. La mobilitazione potrebbe, al contrario, trovare la sponda dell’opposizione, come già successo più volte, anche nelle ultime piazze. Otto ore di stop e manifestazioni territoriali accompagneranno lo sciopero generale mentre la politica inizia ad immaginare le modifiche alla legge di Bilancio che, per ora, sembrano riguardare le criptovalute e l’introduzione dei rappresentanti della Ragioneria nelle società che ottengono aiuti pubblici.

Arriveranno con gli emendamenti entro l’11 novembre con l’obiettivo di chiudere la manovra prima di Natale. Ma i temi delle modifiche sembrano davvero distanti da quelli dello sciopero generale, il quarto consecutivo di Cgil e Uil contro la manovra: lo avevano fatto a dicembre 2021 quando c’era il governo Draghi, e poi a dicembre 2022 e a novembre 2023 con il governo Meloni. Ora di nuovo a fine novembre. La piattaforma è una sfilza di critiche su fisco, salari e pensioni, sanità, sicurezza sul lavoro. Si chiede di cambiare la manovra che non risolve i problemi del Paese, anzi lo “porta a sbattere”.

Pierpaolo Bombardieri Segretario Generale Uil, Maurizio Landini Segretario Generale Cgil. Foto imagoeconomica

Si dice no ai tagli e si rivendica l’aumento del potere d’acquisto, il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali. Bisogna prendere “i soldi dove sono”: extraprofitti, rendite e grandi ricchezze, evasione. Non è sufficiente inoltre la conferma del taglio del cuneo fiscale.

“Due sindacati di estrema sinistra scioperano contro l’aumento dello stipendio per 14 milioni di dipendenti fino a 40mila euro di reddito?”, è la replica della Lega. Risponde anche la premier che parla di riduzione del precariato’, aumento dei salari”, taglio del cuneo e soldi sui redditi più bassi, aumento dell’occupazione femminile e di 3,6 miliardi presi dalle banche. E potrebbe non bastare la convocazione a Palazzo Chigi per martedì 5 novembre.

Da lunedì 4 partono le audizioni alla Camera, che si chiudono il 7 con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Una convocazione considerata tardiva e che rischia di essere solo “una informativa”, attaccano ancora Landini e Bombardieri (nella foto imagoeconomica in evidenza) che vedono pochissimi margini di cambiamento e ovviamente – dice il leader Uil – si è pronti a rivedere la decisione dello sciopero se il governo dovesse accettare le proposte. All’opposto il giudizio della Cisl, che con il leader Luigi Sbarra rimarca i punti positivi: gran parte dei 30 miliardi della manovra è concentrata su “interventi coerenti con le nostre richieste”.

Non mancano le scintille con Landini. A farle partire le parole del leader della Cgil: “Se altre organizzazioni pensano che il compito sia dire sempre al governo ‘come sei bravo e bello’, io invece penso che bisogna tutelare gli interessi dei lavoratori”. Parole che “offendono” la Cisl, replica Sbarra, consigliandogli “di rivestire i panni del sindacalista e di smetterla di fare da traino ad un’opposizione politica che non ha bisogno di collateralismi”.

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