Collegati con noi

In Evidenza

Da M5s e Avs restano i veti al Pd su coalizione larga

Pubblicato

del

Al Nazareno lo sguardo è tutto sulle Regionali. Mancano poco più di due settimane alla sfida elettorale in Umbria ed Emilia Romagna. E la segretaria Elly Schlein suona la carica: vincere per “tirare insieme” verso il rafforzamento del campo progressista. Dopo che la sconfitta in Liguria ha riattivato ruggini e malumori nel centrosinistra, la leader invita a lasciare da parte polemiche e “inutili competizioni”. Ribadisce lo spirito “testardamente unitario”, cha ha spinto il Pd all’exploit ligure, e insiste: “sia di stimolo per tutti”. Schlein lancia un warning agli alleati, ma ribatte anche alle critiche mosse dall’area riformista del partito. Evidenzia la crescita del consenso del Pd, e a chi contesta un appiattimento sui 5s risponde: “non ci appiattiamo su nessuno, siamo il perno dell’alternativa”.

A chi, come Sala, sottolinea l’importanza del centro per vincere, dice: partiamo dal nucleo con M5s e Avs, “ma per battere le destre bisogna ambire ad allargare”. Dopo le dichiarazioni del day after, i riformisti dem sembrano aver accettato la linea della segretaria: testa bassa sulle Regionali. “Nessuno strappo e nessuna fronda”, spiega qualcuno in Transatlantico. Discussioni e riflessioni interne, dunque, rimandate al termine del forcing elettorale. Ma il faro della minoranza dem, così come quello dei vincitori del congresso, resta puntato sui pentastellati. Dalla minoranza c’è chi torna a ribadire: “i veti di Conte non vanno assecondati”.

Marco Sarracino, componente della segreteria, si rivolge invece direttamente ai partner: “mai più veti del M5s”. La stessa Schlein, senza però chiamare apertamente in causa i 5s, dichiara: “servono alleati solidi”. E tra qualche parlamentare dem, inizia a farsi largo l’ipotesi che il M5s, agitato dalla guerra interna, possa virare dopo la Costituente verso una linea che sottolinei un’alterità rispetto al centrosinistra. In casa 5s, però, così come dalle parti di Avs, i veti su Matteo Renzi non accennano a cadere. Anzi, sembrano rafforzarsi. “La richiesta di alleati stabili – ragiona qualche parlamentare M5s – cozza con chi non ha detto no a Renzi”. Mentre ai vertici del Movimento mettono in guardia sull’usare le difficoltà sui territori dei pentastellati come strumento per forzare la mano sull’allargamento a Iv.

Le scaramucce con Renzi, intanto, continuano. Mentre Angelo Bonelli di Europa Verde conferma che il “no” al leader di Italia Viva in Liguria sia stato giusto. Renzi, ribatte: “basta con i veti, stracciando la nostra lista firmata da Orlando, il centrosinistra ha stracciato la vittoria”. “Curioso che tutti diano la caccia a Conte – ragiona Nicola Fratoianni di Avs – e nessuno guardi alla crisi politica del centro”. Il deputato di Sinistra italiana rilancia l’esigenza di un tavolo per dare stabilità alla coalizione, come già richiesto da Riccardo Magi. Schlein, per ora, non si sbilancia. E insiste sulle battaglie in Parlamento e sui cinque punti lanciati a Reggio Emilia. Nel frattempo, spera che l’invito alla ‘pax’ possa essere accettato dagli alleati. Almeno fino alle urne.

Advertisement

In Evidenza

Baseball: Juan Soto ai Mets, 15 anni per 765 milioni di dollari

Pubblicato

del

La superstar del baseball dominicano Juan Soto ha accettato di unirsi ai New York Mets con un contratto record della durata di 15 anni ed un compenso di 765 milioni di dollari. Sia ESPN che il sito web ufficiale della Major League Baseball hanno riportato la notizia. E’ il contratto più ricco nella storia dello sport professionistico nordamericano. Eclissa quello da 700 milioni di dollari in 10 anni che i Los Angeles Dodgers hanno firmato con la star giapponese Shohei Ohtani l’anno scorso. Secondo ESPN il contratto di Soto con i Mets potrebbe in realtà valere più di 800 milioni, bonus compresi. Soto, nativo di Santo Domingo, segna un momento cruciale per la franchigia del Queens, che, accarezzato nella scorsa stagione il sogno di tornare alla World Series per la prima volta dal 2015, punta adesso a costruire una squadra in grado di contendere il titolo per le prossime stagioni.

Soto, 26 anni compiuti lo scorso 25 ottobre, è un battitore di straordinarie abilità e intelligenza. Dopo aver debuttato a 19 anni e 207 giorni il 20 maggio del 2018 con i Washington Nationals, Soto ha vinto 5 Silver Slugger Award, un titolo di battuta (nel 2020), e per 4 volte ha ricevuto la convocazione per l’All-Star Game. Nel 2019 ha vinto, da protagonista, una World Series con i Washington Nationals e, tra 2021 e 2024, è finito per due volte nella top-3 MVP, della National League prima e dell’American League poi. Nella stagione appena conclusa è stato determinante nel primo titolo in 15 anni conquistato dai New York Yankees (il pennant American League), piegando i Cleveland Guardians a suon di fuoricampo (3 in cinque partite), l’ultimo dei quali determinante nella decisiva gara cinque.

Continua a leggere

Esteri

La caduta di Assad e il dilemma dell’Iran sempre piùà debole in un Medio Oriente in trasformazione

Pubblicato

del

A 1.696 chilometri di distanza, a Teheran, i mullah osservano con sgomento l’inaspettata avanzata dei ribelli di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) a Damasco. La scena dei miliziani che entrano nella residenza presidenziale di Bashar al-Assad, scattando selfie tra le sue lussuose auto sportive, è un’immagine simbolica del collasso di uno degli ultimi bastioni dell’alleanza sciita in Medio Oriente. Fonti vicine ai funzionari iraniani descrivono un’atmosfera di shock e presagio tra i leader della Repubblica Islamica.

L’Iran, che per anni ha sostenuto Assad con soldi, milizie e supporto strategico, si trova ora a fare i conti con la perdita del suo unico alleato arabo sciita. La caduta del regime di Assad rappresenta per Teheran la terza sconfitta regionale dopo il ridimensionamento di Hamas e Hezbollah da parte di Israele, un colpo pesante per l’asse della resistenza contro il nemico storico: Israele.

Il ruolo dell’Iran e il cambio di strategia

Durante il culmine della guerra civile siriana, l’Iran e la Russia hanno giocato ruoli complementari nel mantenere in vita il regime di Assad. Teheran ha inviato i suoi migliori generali, tra cui il leggendario Qassem Soleimani, e ha schierato Hezbollah per sostenere l’esercito siriano. Ma gli ultimi mesi, segnati dalla guerra a Gaza e dal crescente isolamento, hanno visto indebolirsi questo sodalizio.

Con l’avanzata dell’Hts, l’Iran ha dapprima promesso sostegno totale ad Assad, per poi cambiare tono nelle ultime ore. Il ministro degli Esteri Abbas Araqchi ha parlato di un “approccio adeguato”, segno di una possibile ritirata strategica. Secondo indiscrezioni, l’Iran avrebbe già negoziato con Hts garanzie per la protezione dei siti religiosi sciiti e un’uscita sicura delle proprie truppe dalla Siria.

Gli scenari futuri per Teheran

La caduta di Assad pone l’Iran di fronte a un bivio:

  1. Accettare un Medio Oriente senza influenza iraniana: Un simile scenario rappresenterebbe un colpo ideologico devastante per la Repubblica Islamica, ma potrebbe facilitare i negoziati con gli Stati Uniti, specialmente su questioni legate al programma nucleare.
  2. Adottare una linea radicale: La paura dell’Occidente è che l’Iran, spinto dai falchi del regime, possa rivedere la sua dottrina nucleare fino a sviluppare un’arma atomica, nel tentativo di recuperare peso geopolitico in un Medio Oriente sempre più frammentato.

Un Medio Oriente in trasformazione

La presa di Damasco da parte dell’Hts non è solo la caduta di un regime, ma anche il simbolo di un nuovo equilibrio geopolitico. Per l’Iran, significa un’erosione del suo ruolo storico nella regione. Per il mondo, è un segnale di instabilità in un’area già segnata da conflitti e rivalità secolari.

Continua a leggere

Esteri

Siria: il ritorno di Al-Jolani e il futuro incerto di un Paese frammentato

Pubblicato

del

Un anno fa, Abu Mohammed al-Jolani si presentava al mondo come un leader trasformato, lontano dall’immagine del jihadista qaedista che inneggiava all’11 settembre. Ora, tornato nel quartiere damasceno di Mazzeh dove è cresciuto, si inginocchia e bacia la strada, ma lascia aperte molte domande: sarà un pragmatico leader locale o un ritorno al jihadismo globale?.

Il suo movimento, l’Hayat Tahrir al-Sham (Hts), si è evoluto negli ultimi anni, distanziandosi dalla retorica globale dell’Isis per concentrarsi su un’agenda locale. Tuttavia, il gruppo resta una presenza controversa, al centro di tensioni politiche e militari che attraversano la Siria.

Un puzzle di alleanze e conflitti

La Siria di oggi è una realtà frammentata, con una moltitudine di attori e interessi contrastanti:

  • Hts: Da erede di Al-Nusra, il gruppo ha cercato di rimodellarsi come una forza politica e militare pragmatica. Ha unito diverse fazioni ribelli, consolidando il controllo su territori strategici come Idlib e gestendo il confine turco di Bab al-Hawa, fondamentale per il passaggio degli aiuti umanitari.
  • Esercito Nazionale Siriano (Ens): Sostenuto dalla Turchia, l’Ens è accusato dall’ONU di crimini di guerra e continua a combattere contro Assad, i curdi siriani del Ypg e, talvolta, lo stesso Hts. Tra i suoi ranghi vi sono combattenti arabi e micro-formazioni di mercenari islamisti.
  • Forze Democratiche Siriane (Fds): Predominantemente curde, le Fds controllano il Nord-Est della Siria, con il supporto americano negli anni della lotta all’Isis. Hanno consolidato le loro posizioni in risposta all’avanzata di al-Jolani, temendo nuovi attacchi.

L’evoluzione dell’Hts e il ruolo di al-Jolani

L’Hts è riuscito a costruire un governo nei territori che controlla, il Governo di Salvezza Siriano, offrendo una relativa sicurezza e amministrazione. Grazie ai finanziamenti dei Paesi del Golfo e a una strategia politica abile, al-Jolani ha consolidato alleanze e preparato un’offensiva che ha portato il suo movimento al centro delle dinamiche siriane.

Secondo Joshua Landis, esperto dell’Università dell’Oklahoma, «al-Jolani si è dimostrato un politico abile, capace di rimodellare il suo gruppo e stringere nuove alleanze». Tuttavia, molti osservatori restano scettici, definendo il pragmatismo dell’Hts come una semplice maschera tattica.

Un futuro incerto

Dopo tredici anni di guerra, la Siria resta un puzzle difficile da comporre. Il Paese è diviso tra fazioni rivali e influenze esterne, con le minoranze cristiane, armene, alawite e sciite che temono per il loro futuro. La domanda centrale, però, resta: che ruolo giocherà al-Jolani nel destino della Siria? La sua figura, tra pragmatismo e passato estremista, continua a generare timori e speranze in un Paese lacerato dalla guerra.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto