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Economia

Frena credito a imprese, meno forte per agricoltura

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Il credito alle imprese frena in Italia sotto l’effetto della stretta della Bce e del calo della domanda dovuto al rallentamento dell’economia del nostro paese. Il calo riguarda tutti i settori ma è meno incisivo per l’agricoltura che aumenta così lievemente la sua quota sul totale degli impieghi bancari, dimostrando ancora una volta una minore volatilità rispetto all’industria e al commercio che sperimentano una diminuzione più brusca.

Gli ultimi dati della Banca d’Italia riferiti ad agosto mostrano un calo del totale dei prestiti del 3,4% che sale a -6,2% per quelli concessi le imprese. Sui circa 698 miliardi di impieghi alle aziende ad agosto la manifattura è scesa da 193 a 192 miliardi, il commercio da 126 a 123,4 mentre appunto l’agricoltura da 39,8 a 39,6 miliardi. Il declino nel finanziamento alle imprese (per le famiglie il calo è meno brusco) è dovuto appunto a una serie di fattori fra cui la crescita dei tassi, a politiche più severe da parte delle banche nel concedere i prestiti e a una maggiore prudenza da parte delle stesse imprese visto il rallentamento del Pil che non si è tuttavia tramutato in recessione.

Per il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco comunque le condizioni meno accomodanti non devono impedire alle aziende di investire in settori chiavi come l’innovazione e possono ricorrere anche a canali di liquidità diversi da quello bancario visto che l’anomalia semmai è stata quella dei tassi a zero e ora la situazione si avvia a una nuova normalità. La pausa della Bce nel rialzo dei tassi arriva dopo 10 aumenti consecutivi di aumenti e darà, se non un aiuto, certo una maggiore stabilità alle aziende per programmare gli investimenti e i piani di sviluppo.

L’istituto centrale di Francoforte ha citato più volte le frenata del credito come uno degli elementi dolorosi ma necessari per domare l’inflazione che pesa sulle fasce più deboli della popolazione e distorce i mercati. E tuttavia molte critiche e timori in merito alla crescita dei tassi sono arrivate in questi mesi dalle forze politiche e dalle associazioni d’impresa, da Federmeccanica a Confagricoltura. Nel rapporto stilato dal Csc di Confindustria, si sottolinea come oltretutto “la situazione nei prossimi mesi potrebbe presto trasformarsi in carenza di liquidità, se il credito continua a ridursi”. E il costo del credito, avvisa la Confindustria, “sembra destinato a salire ancora per alcuni mesi, dato il lag che lo lega al sentiero dei rialzi Bce. Dunque, i tassi per le imprese in Italia aumenteranno ancora di poco entro il 2023 e fino a inizio 2024”.

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Economia

Tim conferma le stime, Servco cresce a doppia cifra

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Tim chiude il primo trimestre in linea con le attese, con la ServCo che vede la redditività crescere a doppia cifra, mentre prosegue il suo percorso di trasformazione e già domani potrebbe arrivare il via libera dell’Antitrust europeo alla vendita di Netco a Kkr. Il cda, sotto la presidenza di Alberta Figari, ha approvato all’unanimità i conti e conferma tutte le guidance per il 2024. I ricavi da servizi sono cresciuti del 3,2% a 3,7 miliardi, con il significativo contributo del Brasile (+8,1% a 1,1 miliardi di euro) ma anche l’Italia è cresciuta (+1,3% a 2,6 miliardi di euro), per il secondo trimestre consecutivo.

L’ebitda è salito a 1,5 miliardi (+1,6%) ed è tornato l’utile operativo per 207 milioni (il risultato era negativo per 162 milioni nel primo trimestre 2023), di conseguenza migliora l’ultima riga del bilancio con una perdita ridotta a 400 milioni (-689 milioni di euro nel primo trimestre 2023). Per misurare i risultati del nuovo modello aziendale oltre ai risultati dell’attuale perimetro Tim simula gli effetti della separazione di NetCo: la Servco ha chiuso il trimestre con ricavi da servizi per 3,3 miliardi (+3,4%), un Ebitda che cresce a doppia cifra (+11,6%); Tim Consumer è stabile (ricavi da servizi pari a 1,4 miliardi) e Enterprise continua a crescere sostenuta (ricavi da servizi pari a 0,7 miliardi +4,3%).

Ora l’attesa è tutta per le conclusioni della Dg Competition all’istruttoria, la cui prima fase si chiude domani 30 maggio. L’Antitrust europeo potrebbe approvare la vendita di NetCo senza bisogno di chiedere rimedi (o un supplemento di istruttoria) perché Kkr, secondo quanto si apprende, ha preso i suoi impegni direttamente con gli operatori, risolvendo così le preoccupazioni sulla competitività sollevate dalla Dg Comp. I cambiamenti che si prospettano sul mercato delle tlc non spaventano Iliad, uno dei competitori più aggressivi. “E’ un buon momento per competere ad armi pari” commenta Thomas Reynaud, ceo del gruppo Iliad, in merito al risiko, che vede sul tavolo anche la fusione tra Vodafone Italia e Fastweb. “Ci abbiamo provato con Vodafone – ricorda il ceo francese, a Milano per festeggiare i 6 anni di attività in Italia – ma è come nella vita, a volte ci provi, non funziona e vai avanti”.

Non per questo Iliad si ferma, “manteniamo lo slancio” prosegue il manager perché quella di Iliad in Italia “è un’avventura straordinaria: 6 anni fa tutti pensavano avremmo fallito, 6 anni dopo abbiamo cambiato le tlc”. Il mercato italiano è sotto pressione ma questo non spaventa i francesi: “no, siamo eccitati, c’è così tanto da fare – spiega Reynaud – e siamo solo all’inizio della storia’. Il manager, in attesa della pubblicazione dei risultati trimestrali di domattina, ha reso noto che nel primo trimestre Iliad Italia ha aumentato al sua base utenti mobile con 276.000 nuovi utenti netti, arrivando superando 11 milioni di utenti.

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Economia

L’iPhone come un Pos, Apple irrompe sul mercato italiano

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L’annosa questione italiana di quale sia il costo nel possedere la macchinetta Pos per pagare con le carte e di chi deve sostenerlo, viene oggi superata, almeno per chi possiede un iPhone, dall’ingresso nel nostro Paese del servizio di Apple ‘Tap to pay’. Non è necessaria quindi la macchinetta fornita dalla banca o da un altro soggetto ma basta scaricare una app. Va detto che negli ultimi anni il costo del canone Pos applicato dalle banche, sia come somma iniziale sia come somma mensile, è sceso molto.

Ora l’innovazione della Apple permette all’esercente o al professionista che possiede uno smartphone dell’azienda di Cupertino di utilizzarlo come un Pos, accettando carte di debito e pagamento risparmiandosi il noleggio della macchinetta ‘fisica’. Mensilmente il costo del canone Pos ora si aggira fra i 6 e gli 8 euro, al netto di offerte commerciali specifiche che possono ulteriormente ridurlo. Un andamento che ha investito anche le commissioni per l’esercente (i cosiddetti costi di acquiring) che vanno dallo 0,8% in più.

Queste si sono ridotte sia per la innovazione tecnologica sia per l’aumento della base clienti e infine anche per la pressione dei consumatori e dele autortià di vigilanza e della politica, specie sui micropagamenti con l’istituzione anche di uno specifico ‘tavolo Pos’ che riguardava appunto solo il tema commissioni. La pandemia ha infatti accelerato in questi anni il mercato dei pagamenti digitali italiani a scapito del contante, permettendo di recuperare buona parte della distanza che lo sperava dagli altri paesi.

Gli ultimi dati della Banca d’Italia riferiti al 2023 vedono l’aumento delle carte attive da 13.344 a 13.498 con un rialzo in misura maggiore, delle carte di debito che sono cresciute da 64.696 a 67.415. In aumento i Pos che salgono da 3.396.844 a 3.632.978. Per l’osservatorio del Politecnico di Milano nel 2023 quasi 8 su 10 transazioni digitali in negozio vengono effettuate in modalità “tap & go” con carte fisiche contactless o con dispositivi dotati di tecnologia Nfc, che insieme raggiungono un valore di transato pari a 240 miliardi di euro. Si vedrà quindi se l’ingresso di Apple cambierà il mercato o inciderà sull’offerta commerciale. Il tap to pay é già disponibile negli Usa e in Francia. Il servizio supporta le piattaforme Nexi, Revolut, SumUp e Stripe e accetta i principali circuiti di pagamento, come American Express, Discover Global Network, Diners, Mastercard e Visa.

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Economia

Allarme del commercio: l’illegalità costa 38 miliardi

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L’illegalità che pesa su commercio e pubblici esercizi risale ai massimi dopo il Covid. Da usura, estorsioni, e rapine all’abusivismo e la contraffazione, il costo per il settore (da una analisi sul 2023) è di 38,6 miliardi. Un macigno che mette a rischio 268 mila posti di lavoro regolari. Un consumatore su quattro (il 24,2%) ha acquistato un prodotto contraffatto o un servizio illegale. Emerge da un approfondimento in occasione della giornata della legalità di Confcommercio ‘Legalità, ci piace’. E’ stata l’undicesima edizione di una iniziativa “fatta – evidenzia il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli – per respingere la solitudine degli imprenditori di fronte a fenomeni che talvolta sembrano sempre più grandi di loro ma che li coinvolgono fin nel più piccolo aspetto della loro esistenza”.

Secondo le stime dell’ufficio studi dell’associazione l’abusivismo commerciale costa 10,4 miliardi, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 7,5 miliardi, la contraffazione per 4,8 miliardi, il taccheggio per 5,2 miliardi, la cyber criminalità per 3,8 miliardi. Altri costi dell’illegalità (ferimenti, assicurazioni, spese per proteggersi e difendersi) ammontano a 6,9 miliardi. L’usura resta il fenomeno criminale che gli imprenditori del terziario di mercato percepiscono come più in crescita (per il 24,4%), seguito da furti (23,5%), aggressioni e violenze (21,3%), vandalismo (21,1%). Di fronte a usura e racket il 62,1% degli imprenditori ritiene che si dovrebbe sporgere denuncia, il 27,1% dichiara che non saprebbe cosa fare. “Per avere un Paese competitivo e attrattivo deve essere sicuro”, sottolinea il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni: “Tocca allo Stato: rafforzando i presidi di legalità, rafforzando gli organici delle forze di polizia dopo scelte che in passato sono andate in direzione opposta. E con la prevenzione”; ma “è un tema non delegabile: ognuno deve fare la sua parte”, anche cittadini e imprese.

Lavoriamo “insieme per una comune battaglia” dice ai commercianti il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara che, intervenendo all’iniziativa, sottolinea “l’importanza della scuola”, a partire dall’educazione civica che deve insegnare “anche il valore dell’iniziativa economica, del lavoro, dell’impresa, della proprietà privata”. Bisogna costruire una “nuova cultura che deve partire dai giovani”, su rispetto e regole, ma serve – dice – anche che “la cattiva condotta venga sanzionata”, già nelle scuole: “Chi sbaglia paga, chi devasta beni pubblici deve rispondere di quello che fa”. Alle imprese il ministro propone “un protocollo” per portare nelle scuole “una testimonianza diretta”, perchè “ci sia consapevolezza su quanti danni arrecano abusivismo e contraffazione”.

Sul fronte della lotta alla contraffazione “la strategia repressiva della Guardia di Finanza – evidenzia il generale Rosario Massino, comandante delle unità speciali – non si limita a intercettare le partite di prodotti illegali ma anche e soprattutto a disarticolare le filiere del falso”, approvvigionamento, produzione, distribuzione, per “interrompere i canali di alimentazione del mercato illecito e le fonti di finanziamento delle organizzazioni criminali”: è un “approccio multilivello, tipico della polizia economico-finanziaria, che mira a ricostruire, oltre alle movimentazioni delle merci, anche l’origine e la destinazione dei flussi finanziari”. Non manca il supporto di tecnologie avanzate, da algoritmi e intelligenza artificiale a strumenti, per esempio, come “un link diretto” tra pattuglie impegnate in strada nei controlli e titolari dei marchi da tutelare, con la piattaforma della Guardia di Finanza ‘Siac, sistema informativo anticontraffazione’. “Legalità e sicurezza non sono mai un tema individuale, sono per eccellenza un’istanza collettiva”, sottolinea Carlo Sangalli: deve essere “una battaglia comune”.

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