Collegati con noi

Esteri

Assedio totale a Gaza, Israele pronto all’invasione

Pubblicato

del

Israele stringe Gaza in un assedio totale e si prepara ad entrare nella Striscia con l’aiuto dei 300mila riservisti richiamati nelle ultime 48 ore. Mentre anche al confine nord sale la tensione con gli Hezbollah, con il rischio che si apra un nuovo pericolosissimo fronte di guerra. Al terzo giorno di conflitto si sono intensificati i raid sull’enclave palestinese, mentre non accenna a diminuire il lancio di razzi da Gaza verso le comunità israeliane a ridosso della Striscia ma anche verso il centro del Paese, compresa la grande area di Tel Aviv e quella di Gerusalemme. A dare la prospettiva è stato lo stesso premier Benyamin Netanyahu in un colloquio con il presidente Usa Joe Biden: “Dobbiamo entrare a Gaza – lo ha avvisato -, dobbiamo andare dentro”. “Non possiamo trattare ora”, ha aggiunto il premier riferendosi ai circa 130 ostaggi portati via dalle fazioni palestinesi nell’assalto ai kibbutz di frontiera e alle strutture militari. Anzi, ha incalzato Netanyahu forte degli aiuti promessi dagli Usa e dallo schieramento navale statunitense a largo di Libano e Siria, la risposta di Israele ad Hamas “cambierà il Medio Oriente”.

Sembrano dunque spazzate via dal tavolo le speranze su possibili colloqui tra le parti o ipotetici scambi di prigionieri. A confermarlo non è soltanto Israele ma anche la stessa Hamas: “Con loro non è possibile nessun negoziato”, ha detto una fonte della fazione da Doha. Mentre la posizione di Israele è stata chiarita dal ministro della Difesa Yoav Gallant, che ha ordinato “l’assedio completo della Striscia: non ci sarà elettricità, nè cibo, nè benzina. Tutto sarà chiuso. Stiamo combattendo animali umani e – ha avvertito – ci comporteremo di conseguenza”. Uno degli ostacoli all’ingresso delle truppe israeliane in territorio nemico era quello di alcuni villaggi di frontiera ancora in mano ai miliziani palestinesi. L’esercito l’ha rimosso: il portavoce militare ha spiegato che Israele ha ripreso il controllo di tutte le cittadine sul confine e che non ci sono più combattimenti in corso, anche se non ha escluso che “ci siano ancora terroristi nell’area”. Inoltre le brecce nella barriera difensiva, aperte con i più svariati mezzi dalle fazioni palestinesi, saranno messe in sicurezza con i carri armati.

La mobilitazione in Israele ha raggiunto d’altra parte cifre che non si vedevano da decenni: nelle ultime 48 ore sono stati raggiunti 300.000 riservisti. Nessuno di loro – di fronte al pericolo per l’esistenza stessa dello Stato ebraico – si è rifiutato. Anche quelli – come i piloti – più contrari alla riforma giudiziaria del governo Netanyahu che ha spaccato il Paese per mesi. In questo senso molti indizi lasciano pensare che i contatti tra maggioranza e opposizione possano in tempi brevi portare ad un governo di unità nazionale d’emergenza. Sul campo la situazione si sta incattivendo. Non si fermano i razzi dalla Striscia e gli attacchi dell’aviazione si moltiplicano. In Israele le vittime sono arrivate ad oltre 900, con oltre 2.000 feriti, mentre a Gaza ci sono almeno 687 morti e alemno 3.726 feriti.

I raid sulla Striscia, nel nord e nel sud, si sono intensificati con centinaia di attacchi a obiettivi non solo di Hamas ma anche della Jihad islamica: solo la notte scorsa sono stati 500. Alcuni si sono concentrati nell’area di Rimal, un sobborgo a nord di Gaza city, che secondo l’esercito è un hub da cui partono molti degli attacchi verso lo Stato ebraico. Ma l’attacco più cruento è avvenuto attorno alle 12 a Jabalya dove, secondo il ministero della Sanità palestinese, si sono avuti 50 morti nel mercato ortofrutticolo. Jabalya è già piena di migliaia di palestinesi che hanno lasciato le case di Beit Hanoun, nel nord della Striscia, per timore che da lì entrino i soldati di Israele. Hamas ha invece fatto sapere che “comincerà a giustiziare pubblicamente un civile israeliano in ostaggio per ogni bombardamento israeliano su abitazioni civili a Gaza senza preavviso”.

In Israele, nelle ondate di razzi arrivati dall’enclave palestinese, ci sono stati feriti ad Abu Ghosh (sobborgo di Gerusalemme) e a Beitar Illit, tra cui un ragazzino di 10 anni. I missili sono arrivati a Sderot, Hadera, Wadi Ara e anche in altri kibbutz. Cresce nel frattempo l’arrivo in zone più sicure degli abitanti del sud e del nord di Israele: a Tel Aviv – le cui strade sono deserte – molti alberghi hanno esaurito le stanze. La sensazione è che nelle prossime ore la situazione possa precipitare.

Advertisement

Esteri

Biden valuta l’ok a Kiev sugli attacchi in Russia

Pubblicato

del

Il presidente Usa Joe Biden “sta prendendo in considerazione” di revocare i limiti all’uso da parte di Kiev delle armi “a corto raggio” statunitensi per attaccare in Russia. A scriverlo è il Washington Post, secondo cui cresce la preoccupazione dell’amministrazione americana per la vulnerabilità ucraine sul campo di battaglia. Sarebbe l’ennesima svolta a favore delle richieste di Volodymyr Zelensky, con Mosca che accusa la Nato di trascinare il mondo verso una guerra totale e ha già allertato le forze nucleari. Nei corridoi della Casa Bianca il dibattito è aperto, mentre di ora in ora crescono gli Alleati che si dicono favorevoli a usare le armi occidentali in Russia, capitanati dalla Francia di Emmanuel Macron.

Resta invece inamovibile il no bipartisan dell’Italia, che esclude l’utilizzo del suo materiale militare per colpire il territorio russo e l’invio di soldati in Ucraina. Il portavoce del dipartimento di Stato Matthew Miller ha ribadito per il momento che “la politica Usa è quella di non incoraggiare né consentire attacchi al di fuori dei confini dell’Ucraina”. Ma la questione è ben più complicata, secondo le ricostruzioni dei media americani: il segretario di Stato Antony Blinken sarebbe infatti favorevole ad una revoca mirata del veto, per consentire di colpire almeno le basi vicino al confine da dove partono i missili russi. Contrari sarebbero invece il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e, ad ora, il commander in chief in persona.

Le indiscrezioni giungono a poche ore dalla ministeriale Esteri della Nato in programma giovedì a Praga, dove i Paesi più inclini a “fare di più” per Kiev proveranno a convincere i più cauti a “rimuovere le restrizioni” sull’uso delle armi, secondo fonti dell’Alleanza. Sarebbero almeno dieci gli Stati favorevoli: il Regno Unito è stato il primo ad annunciare che l’Ucraina ha il diritto di colpire basi militari su suolo russo con armi britanniche. Il presidente francese Emmanuel Macron, mappa alla mano, ha chiesto di autorizzare l’Ucraina a colpire “in Russia” le postazioni da cui viene attaccata, mentre si prepara ad annunciare l’invio di “istruttori” in Ucraina, quasi certamente alle celebrazioni del D-Day accanto a Zelensky.

arsavia ha già precisato che “non ci sono restrizioni sulle armi polacche fornite all’Ucraina”, e anche Stoccolma – che ha annunciato aiuti militari per 1,16 miliardi di euro all’Ucraina – non è contraria all’uso delle armi svedesi in Russia. Della stessa idea sono Repubblica Ceca, Olanda e i Baltici. Per ultime, anche la Finlandia e il Canada hanno dato luce verde all’uso delle loro armi su suolo russo. La cordata dei favorevoli vede l’endorsement del segretario della Nato Jens Stoltenberg, che a Praga proverà a far sentire le loro ragioni. L’idea non è quella di favorire “un’escalation”, assicura una fonte atlantica.

Ma sarà difficile abbattere il muro dei contrari, tra questi l’Italia, con il ministro degli Esteri Tajani che da giorni ribadisce come il materiale militare italiano in Ucraina non potrà mai essere usato oltre confine. Più duro il vicepremier Matteo Salvini che senza mezzi termini ha attacco le “idee folli” da parte di Macron e anche del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che in realtà non si è espresso a favore dell’uso delle munizioni tedesche in Russia ma non ha nemmeno bocciato l’idea, parlando invece di “accordi confidenziali” sulle armi tra Kiev e Berlino e di necessità di “rispettare il diritto internazionale”. Contro la posizione di Parigi si è espressa anche la segretaria del Pd Elly Schlein, mentre per il leader M5s Giuseppe Conte l’Europa “è già in guerra” e le parole di Macron e Scholz sono “uno schiaffo” alla prudenza richiesta dalla premier Giorgia Meloni.

Continua a leggere

Esteri

Kim manda al Sud palloni pieni di rifiuti e letame

Pubblicato

del

La Corea del Nord ha mandato centinaia di palloni aerostatici verso il Sud pieni di rifiuti. Il Paese eremita aveva promesso domenica che avrebbe sparso “cumuli di carta straccia e sporcizia” sulle aree di confine per punire Seul, colpevole di non impedire agli attivisti sudcoreani l’invio con cadenza periodica di volantini “spazzatura” anti-Pyongyang nel suo territorio. Così, il leader Kim Jong-un è stato di parola e ha reso la pariglia, facendo arrivare al Sud con il favore del vento centinaia di palloni aerostatici carichi di “spazzatura reale”. I militari di Seul hanno manifestato sorpresa per l’iniziativa: “Questi atti del Nord violano in modo chiaro il diritto internazionale e sono una seria minaccia alla sicurezza del nostro popolo – ha commentato il Comando di stato maggiore congiunto in una nota -. Avvertiamo con forza il Nord perché fermi immediatamente tali atti disumani e volgari”.

In serata, nell’ultimo bollettino, i palloncini rilevati in tutto il Paese avevano superato le 260 unità, con alcuni segnalati ad un paio di centinaia di chilometri dal confine intercoreano, tra la provincia sudorientale di Gyeongsang e la contea sudorientale di Geochang. Si è trattato del maggior numero di palloncini del Nord inviati nel Sud, rispetto ai casi simili registrati tra il 2016 e il 2018, ha segnalato il Comando, assicurando che “nessun oggetto era ancora sospeso in aria”. La sorpresa, però, è emersa al momento dell’esame del contenuto: pezzi di bottiglie di plastica, batterie, parti di scarpe e persino letame. L’esercito ha schierato le squadre specializzate di risposta chimica, biologica, radiologica e nucleare e unità di smaltimento e disinnesco di ordigni per raccogliere gli oggetti ed effettuare un’analisi dettagliata. Che, tra le note positive, consentirà di tracciare l’origine dei materiali fino a dare maggiori informazioni sulle abitudini di vita nordcoreane, nel mezzo della morsa delle decennali sanzioni Onu per i test nucleari e balistici.

Il Comando ha consigliato ai residenti nelle aree coinvolte dal fenomeno di non toccare gli oggetti e di denunciarli alle vicine autorità militari o di polizia non appena li avessero scoperti, ricordando che sono in elaborazione misure di sicurezza con la polizia e il governo, in stretta collaborazione con il comando delle Nazioni Unite a guida Usa che supervisiona le attività nella zona demilitarizzata che separa le due Coree. Per anni i disertori nordcoreani a Seul e gli attivisti conservatori hanno mandato volantini al Nord tramite palloncini per incoraggiare le popolazioni oltre il 38esimo parallelo a ribellarsi al regime di Pyongyang. Il Nord ha sempre chiesto la fine della compagna di “contro-propaganda e disinformazione” senza però mai ottenere gli effetti sperati.

Continua a leggere

Esteri

Melinda Gates donerà un miliardo di dollari a diritti donne

Pubblicato

del

La filantropa Melinda French Gates, ex moglie di Bill, ha annunciato che donerà 1 miliardo di dollari nei prossimi due anni per sostenere le donne e le famiglie, compresi i diritti riproduttivi minacciati negli Stati Uniti da un’ondata di divieti statali. Lo ha annunciato lei stessa in un editoriale sul New York Times spiegando che si dedicherà a questa nuova missione il 7 giugno, una volta lasciata la Foundation che ha fondato con l’ex marito 25 anni fa.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto