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Gualtieri: 1.500 nuove licenze. I tassisti: per ora 300

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I toni sono cordiali ma le posizioni sono distanti: 1.500 le nuove licenze taxi che il Campidoglio vuole mettere in strada; 300 “e poi valutiamo l’impatto” la replica delle categorie, che sulle tariffe propongono: “Copiamo e incolliamo il tariffario di Milano, più aggiornato al costo della vita”. Roma Capitale ha iniziato questo pomeriggio l’iter per l’allargamento del parco-auto bianche, con un incontro con più di venti tra sindacati, associazioni, rappresentanti delle cooperative. Al termine è il sindaco a rendere pubblica la proposta del Campidoglio: al momento ci sono 7.800 licenze circa, e noi, ha affermato Gualtieri, “abbiamo detto che vogliamo mettere a bando 1.000 nuove licenze permanenti e 500 nuove licenze stagionali”. Ad aprire la riunione l’assessore alla Mobilità Eugenio Patanè: “Avremo molte occasioni di vederci nei prossimi giorni” ha detto, ricordando come anche in attesa delle decisioni del governo (poi culminate nel discusso dl Asset), “avevamo ottenuto già ottimi risultati grazie all’apprezzabile metodo del dialogo e della condivisione”, dalla definizione del regolamento, alle doppie guide, alla commissione per le tariffe.

Patané ha anche ringraziato i tassisti per il servizio prestato durante la Ryder Cup: 15 mila corse in 4 giorni e utenti soddisfatti. Toni certo dialoganti e non ostili. Ma nel merito i tassisti hanno accolto la proposta del Campidoglio con freddezza: “Il sindaco ha parlato di mille licenze – ha riferito al termine della riunione il presidente del 3570 e dell’Unione Radiotaxi d’Italia Loreno Bittarelli – e noi non siamo d’accordo. Come Uri abbiamo proposto di rilasciare subito 300 licenze e vedere quale sarà l’impatto. C’è anche un tema infrastrutturale: piazzole, zone di sosta, corsie. Non si può pensare di buttare subito 1.000 nuove auto in strada: non è ragionevole”.

Anche le 500 stagionali non piacciono: “Non è pensabile che un tassista che possiede già una licenza debba comprare un’altra macchina, ibrida, da 40-50mila euro per farla uscire 3-4 mesi l’anno, e poi dopo massimo 24 mesi la deve riconsegnare. Avevamo proposto di dare in affidamento queste licenze a strutture come i Radiotaxi che hanno la possibilità tecnologica di gestire una flotta. Ma il singolo tassista non può”. Anche sulle turnazioni e sulle tariffe un accordo va ancora trovato: “A Roma – riferisce Bittarelli – sono ferme da 11 anni. Commissioni ed esperti non riescono a fare nulla. Abbiamo proposto di usare il tariffario di Milano, leggermente più alto: è pronto, ha avuto l’ok dell’Art e della Regione. Copia e incolla e siamo pronti”.

Il Comune, però, sarebbe scettico: Milano, hanno risposto ai tassisti, è troppo diversa per estensione, popolazione, struttura. La trattativa comunque è aperta, ed è già un primo passo. La prossima settimana il tavolo con i sindacati dovrebbe tornare a riunirsi, seguendo le procedure del ‘vecchio’ iter per l’allargamento delle licenze, quello che non utilizza le norme del dl Asset. Gualtieri è stato chiaro: per risparmiare del tempo si perde il 20% del ricavato dalla vendita delle licenze che sarebbe andato alle casse comunali, e sarebbe inaccettabile. “Che si voglia fare cassa su un’emergenza, a fronte di quello che sta accadendo sulle strade romane, credo sia poco razionale” ha detto oggi il ministro delle Imprese Adolfo Urso. Ma Gualtieri tiene il punto: “Chiedo al governo – ha detto – di reintrodurre la quota del 20% ai Comuni: sarebbe rapidissimo farlo e ci consentirebbe di utilizzare la procedura accelerata”.

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Burlando, ho incontrato Spinelli per dargli un’opinione

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“Questo è uno scandalo che riguarda tutta l’Italia”. Lo ha detto l’ex presidente della Liguria ed ex sindaco di Genova Claudio Burlando, intervistato dal Corriere della sera. Secondo Burlando, il suo successore Giovanni Toti “dava l’impressione di trattare per sé, non per il bene pubblico”.

Anche l’ex governatore ha incontrato di recente l’imprenditore Aldo Spinelli: “Quarant’anni che mi occupo di queste cose. Molto complesse. Non mi sono mai negato quando qualcuno mi ha chiesto un confronto. Ribadisco: oggi io non ho alcun potere decisionale. In quel momento, Spinelli stava litigando con l’uomo genovese di Psa. Ogni volta che si libera un’area, in porto c’è una zuffa. Mi ha chiesto la mia opinione.

Credo che lui abbia reso pubblico l’incontro per fare ingelosire Toti. Tutto qui”, sostiene Burlando. E sulle parole del dirigente Pd Andrea Orlando, che ha definito ‘crepuscolare’ la fine del suo mandato, replica: “L’ho trovato un giudizio ingeneroso e poco informato. Andrea afferma anche di avere indicato Ferruccio Sansa, vicino ai Cinque Stelle, alle Regionali del 2020. Dove il centrosinistra ha avuto il peggior risultato della sua storia. Non so se faccia bene a rivendicare quella scelta. E non sono sicuro che sia questa la strada per vincere”.

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Sarà duello tv fra Meloni e Schlein, il 23 da Vespa a ‘Porta a Porta’

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Scelta la data e soprattutto scelto il posto. La comunicazione ufficiale è arrivata con una nota congiunta inviata nello stesso secondo dagli staff della presidente del consiglio Giorgia Meloni e della segretaria Pd Elly Schlein: il confronto tv “si svolgerà giovedì 23 maggio. Sede del dibattito sarà la trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa”. Le altre opposizioni sono partite all’attacco. Per il M5s c’è il rischio “di violare pesantemente la par condicio. La Rai non può far finta che lo scontro sia solo a due né Meloni può scegliersi l’avversario”. Stesse accuse dai leader di Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Alla fine, comunque, lunghi incontri e faticosi accordi fra gli staff di Meloni e Schlein hanno portato alla quadra. Il dettaglio più combattuto è stato quello della sede: Porta a Porta sulla Rai.

“Andiamo sul terreno più difficile – è la posizione Pd – potremmo dire che giochiamo fuori casa. Ma la premier Meloni voleva farlo in Rai, sul servizio pubblico, non ha voluto prendere in considerazione altre proposte” come Sky o la 7. “Schlein aveva lasciato porte aperte: ‘dove vuole’. Perché il tema non è la rete televisiva: sarà un momento di chiarezza e trasparenza, un confronto su programmi e proposte, fra due visioni della politica alternative”. Meloni punta a rendere il duello “istituzionale”, hanno fatto sapete fonti dello staff della premier, sottolineando poi come sia la prima volta che un presidente del Consiglio affronta un confronto in tv con il principale leader dell’opposizione “non a fine mandato, ma dopo diciotto mesi di mandato, con gran parte della legislatura ancora davanti”. Meloni si prepara a puntare su “temi concreti, sui programmi e sui problemi della gente”.

I dettagli del format saranno messi a punto nelle prossime ore. “Lo condurrò da solo – ha anticipato Vespa – Sarà un confronto molto istituzionale, molto tecnico”. Durerà “un’ora esatta, in prima serata”. Poi, la replica a chi parla di par condicio violata: “Anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte – ha fatto sapere la trasmissione – sono già stati invitati da Bruno Vespa per un analogo faccia a faccia a Porta a Porta, con le stesse modalità di messa in onda”. Fra frenate e accelerate, l’attesa del confronto si trascina da mesi. La memoria torna alla festa di FdI, Atreju, nel dicembre scorso, quando Schlein declinò l’invito ma rilanciò: “Sono pronta al confronto con Meloni quando vuole, ma non a casa sua o a casa nostra”.

Da quel momento il progetto di un duello in tv ha cominciato a prendere piede. La decisione delle due leader di candidarsi alle europee ha fatto il resto: si vota l’8 e 9 giugno, una ventina di giorni dopo il confronto. Vespa sarà l’arbitro di una partita su cui sia Meloni sia Schlein puntano molto: le due leader stanno cucendo una contrapposizione che può mette in ombra le altre forze. “Alla fine non c’è nessuna par condicio – ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda – È un sistema malato”.

E il capogruppo alla Camera di Italia viva, Davide Faraone: “Andrà in onda una farsa, Schlein e Meloni sono candidate civetta. Non metteranno mai piede nel Parlamento Europeo”. Anche per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, “il confronto è una fake tra due candidate fake”. Finora, la più plateale rappresentazione della contrapposizione fra le due leader resta comunque uno scontro a distanza fra slogan, che ci fu quando nessuna delle due era dove si trova adesso. La prima fu Meloni allora all’opposizione: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma, sono italiana, sono cristiana”. Qualche mese dopo la candidata al Parlamento Schlein parafrasò a modo suo: “Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna”.

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Caso Toti, Salvini: se lascia è una resa, toghe paghino per loro errori

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“Serve la responsabilità civile per i magistrati, personale e pecuniaria, quando sbagliano”. Lo dice il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini in un’intervista a ‘La Stampa’. Toti non esclude le dimissioni da presidente della Regione? “Non mi risulta in nessun modo. Spero anzi che vada avanti la Regione Liguria, così com’è andata avanti in questi anni, dalla ricostruzione del Ponte Morandi alla Diga, al Terzo Valico, all’Alta velocità. È una regione che è tornata a guardare a futuro grazie a tutto il sistema Liguria e Genova e il suo porto sono proiettati verso il Nord Europa. Ecco, spero quindi che nessuno pensi di bloccare lo sviluppo della Liguria”, aggiunge. “Quando c’è una persona privata della libertà, io mi fermo sempre sull’uscio di casa: sono scelte umane. Dal mio punto di vista dimettersi adesso sarebbe una resa”.

“Una resa – sottolinea Salvini – nei confronti dei liguri e nei confronti di un rapporto tra magistratura e resto del mondo che è palesemente sbilanciato. Lo ribadisco: se qualche giudice, se qualche pubblico ministero venisse intercettato e dossierato a casa sua e nel suo ufficio per due o tre anni, non so quanti andrebbero a spasso magari sul lungomare della Spezia….”, insiste il leader della Lega. Ma scusi, ma cosa vuol dire? Che commettono reati di nascosto? “No – risponde – Voglio dire che non c’è equilibrio dei poteri. Stiamo alle statistiche: ogni anno mille italiani vengono arrestati e poi liberati perché i magistrati avevano sbagliato qualcosa. Significa tre persone al giorno. Vuol dire che oggi tre persone normali, non politici, vengono arrestati, gli si rovina la vita, e poi alla fine del percorso arriva una pacca sulla spalla: ‘Mi scusi abbiamo sbagliato’. E nessuno ne risponde. Ecco, la responsabilità civile dei magistrati, personale e pecuniaria per quelli che sbagliano con dolo, secondo me eviterebbe alcuni problemi”.

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