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Esteri

Il Medio Oriente nei Brics favorisce Cina e Russia

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L’annunciato allargamento della piattaforma dei paesi emergenti (Brics) ai pesi massimi del Medio Oriente, come Arabia Saudita, Iran, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, segna un’accelerazione significativa nel processo di revisione degli equilibri globali a favore della Cina e della Russia e a scapito degli Stati Uniti. E’ quanto emerge da analisi concordanti apparse sui media mediorientali, che sottolineano tra l’altro come si faccia sempre più concreta la possibilità che il dollaro statunitense perda il suo decennale monopolio nell’economia mondiale. L’allargamento dei Brics ai paesi arabi e all’Iran “parla molto del desiderio (di questi paesi) di riequilibrare i legami con l’Occidente e di cercare partner alternativi oltre ai soli Stati Uniti”, afferma Zine Ghebouli, dell’European Council for Foreign Relations citato dal sito di approfondimento mediorientale Middle East Eye (Mme). Gli analisti regionali invitano anche alla cautela di non trarre conclusioni affrettate circa un processo tutto ancora da definire: “I paesi arabi che aderiscono ai Brics, tuttavia, non suggeriscono che stiano scegliendo un ordine particolare”, afferma Ghebouli, secondo cui i paesi storicamente alleati degli Stati Uniti, come Arabia Saudita ed Egitto, non cercano di sostituire l’Occidente con la piattaforma Brics.
“Lo status quo occidentale – afferma l’analista esperto di relazioni euro-mediterranee – nella regione araba è destinato a permanere”. E’ comunque un dato di fatto che la possibile adesione di questi paesi segna una svolta cruciale: l’Arabia Saudita è il principale esportatore di petrolio al mondo ed è sede dei due luoghi santi dell’Islam. L’Egitto, dal canto suo, è il paese arabo più popoloso ed è da decenni la pietra d’angolo dell’influenza di Washington nella regione. Gli Emirati Arabi Uniti, affermano gli analisti, con questa mossa sembrano destinati a consolidare la propria reputazione di intermediario globale e di attore chiave tra Oceano Indiano e Mediterraneo. Dall’altra parte del Golfo, l’adesione dell’Iran sembra servire gli interessi strategici di Pechino di mantenere il Medio Oriente una regione stabile, lontana dalle tensioni tra Riad e Teheran, di recente tornati ad avere relazioni diplomatiche proprio a seguito della mediazione cinese.

“Dopo la guerra in Ucraina, Iran e Russia si sono avvicinati, uniti in parte dalle sanzioni imposte loro dall’Occidente”, ricorda Middle East Eye. “L’inclusione dell’Iran (nella piattaforma Brics) ne rafforza anche l’influenza globale”. E questo può servire gli interessi di chi spinge per una ‘de-dollarizzazione’ dell’economia globale. “Essere sposati con il dollaro significa mantenere una dipendenza dai sistemi economici che sono, in ultima analisi, controllati dagli Stati Uniti”, ha affermato Jalel Harchaoui del Royal United Services Institute. Mentre ancora Middle East Eye sottolinea che “il potere che il dollaro conferisce a Washington è diventato sempre più chiaro negli ultimi anni, in particolare il suo utilizzo nel sanzionare i paesi e nelle guerre commerciali”. “Per questo motivo – afferma Harchaoui citato da Mme – molte nazioni del sud del mondo sono attratte dal concetto di appartenenza al club Brics”. “Tra i paesi arabi, l’Egitto, l’Algeria e, più recentemente, l’Arabia Saudita hanno mostrato interesse per una valuta Brics, o un meccanismo di scambio valutario che consenta di aggirare completamente il biglietto verde”, ha aggiunto Harchaoui.

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Esteri

Algeria, uomo rapito da un vicino di casa ritrovato dopo 30 anni

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Le autorità giudiziarie di Djelfa, 300 km a sud di Algeri, capitale dell’Algeria, hanno arrestato oggi un uomo accusato di aver sequestrato per circa trent’anni un vicino di casa, trovato ieri sera sano e salvo, seppure in stato di grave abbandono, in una buca coperta di fieno in un allevamento di pecore. Lo riferisce il tribunale di Djelfa in una nota. La Procura ha ricevuto due giorni fa, il 12 maggio 2024, tramite la divisione regionale della gendarmeria nazionale di El Guedid, una denuncia contro uno sconosciuto secondo cui il fratello del denunciante, Omar Ben Amrane, scomparso da circa 30 anni, si trovava nella casa di un loro vicino, all’interno di un recinto per le pecore”.

https://x.com/Belhassine_Bey/status/1790483411179601969

“In seguito a questa segnalazione, il pubblico ministero del tribunale di Idrissia (provincia di Djelfa) ha ordinato alla gendarmeria nazionale di aprire un’indagine approfondita e gli ufficiali di giustizia si sono recati nella casa in questione. La persona scomparsa (B.A.) è stata ritrovata e il sospetto, di 61 anni, proprietario della casa, è stato arrestato”, aggiunge la nota. “La Procura ha ordinato un trattamento medico e psicologico per la vittima e il sospetto sarà portato davanti alla Procura non appena l’indagine sarà completata”, ha precisato il tribunale.

La nota conclude sottolineando che “l’autore di questo efferato crimine sarà perseguito con tutta la severità richiesta dalle leggi della Repubblica”. Sui social algerini è diventato virale il video del ritrovamento dell’uomo, ritrovato in uno stato pietoso, con abiti trasandati e una lunga barba. Secondo quanto riportato dai media locali algerini, la famiglia della vittima riteneva in precedenza che fosse stata rapita e uccisa da gruppi terroristici islamici armati attivi in Algeria negli anni ’90, quando aveva solo 16 anni.

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Esteri

Zelensky cancella visita a Madrid prevista per venerdì

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha annullato la visita che avrebbe effettuato a Madrid venerdì prossimo, secondo fonti della Casa del Re, dopo che oggi aveva annunciato l’incontro che si sarebbe svolto incontro con Filippo VI e il successivo pranzo al Palazzo Reale. Lo scrive l’agenzia spagnola Efe. Il Palazzo della Zarzuela non ha spiegato i motivi della cancellazione della visita, che sarebbe stata la prima visita bilaterale di Zelensky in Spagna e nella quale avrebbe dovuto incontrare il premier Pedro Sánchez e firmare un accordo sulla sicurezza.

Il viaggio di Zelensky avrebbe incluso il Portogallo, tappa anche questa destinata a saltare stando a Rtp, la televisione pubblica portoghese, che – senza specificare le sue fonti – indica come motivo dell’annullata visita “l’aggravarsi della situazione in Ucraina”, si legge nella homepage della Rtp.

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Economia

Brasile: il governo Lula licenzia il capo di Petrobras

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Il governo del leader brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha licenziato il presidente del colosso petrolifero statale Petrobras, Jean Paul Prates, dopo una disputa tra la società e l’esecutivo sul pagamento dei dividendi. “Prates è stato licenziato”, ha detto un portavoce presidenziale. Da parte sua, Petrobras ha indicato in un comunicato stampa che Prates ha chiesto una riunione del consiglio di amministrazione.

Il 25 aprile gli azionisti di Petrobras hanno approvato il pagamento di 22 miliardi di reais (4 miliardi di euro) di dividendi straordinari per l’esercizio 2023, durante il quale il gruppo ha realizzato il secondo utile netto più grande della sua storia, e il collocamento di altri 22 miliardi in un fondo destinato a garantire il pagamento dei dividendi futuri. Inizialmente il cda di Petrobras, controllata dallo Stato brasiliano, aveva deciso di non pagare alcun dividendo. Questo annuncio, avvenuto il 7 marzo, ha causato il crollo del prezzo delle azioni Petrobras in borsa ed è stato considerato dagli analisti come il risultato di un’ingerenza del governo negli affari della società, una possibilità che preoccupa i mercati dall’avvento al potere del presidente di sinistra Lula all’inizio del 2023.

Lula ha ripetutamente accusato i dirigenti di Petrobras di pensare solo a soddisfare gli azionisti del gruppo, a scapito dei consumatori. Poco più della metà del capitale di Petrobras è detenuto dallo Stato brasiliano, mentre il resto appartiene ad azionisti privati. Jean Paul Prates, ex senatore del Partito dei lavoratori di Lula, è stato nominato capo di Petrobras nel gennaio 2023, poco dopo l’insediamento del presidente, al quale era noto per essere vicino. Il gruppo ha già sperimentato turbolenze durante il mandato quadriennale del presidente di estrema destra Jair Bolsonaro (2019-2022). Quattro presidenti si erano succeduti alla guida dell’azienda, a causa dei violenti disaccordi sulla politica dei prezzi della Petrobras. In 68 anni di esistenza, Petrobras ha conosciuto un susseguirsi di presidenti: 39 precisamente, con una longevità media inferiore ai due anni. Lula ha posto fine al processo di privatizzazione avviato dal governo Bolsonaro. Il governo brasiliano non ha menzionato il nome di un sostituto di Prates. I media brasiliani scommettono su Magda Chambriard, ex capo dell’Agenzia nazionale del petrolio, un’organizzazione responsabile della regolamentazione dell’industria petrolifera brasiliana.

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