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Bye bye Mancini, dopo 5 anni sulle montagne russe lascia la Nazionale

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L’Europeo riportato in Italia dopo 53 anni, l’abbraccio in lacrime all’amico Vialli sul prato di Wembley dove avevano perso insieme una finale di Coppa Campioni, i record di vittorie, il gioco. Ma anche la delusione della mancata qualificazione al Mondiale, lo smalto smarrito dopo quel doppio rigore sbagliato contro la Svizzera da Jorginho, le difficoltà a ritrovarsi.

E un j’accuse negli ultimi mesi che suonava da preavviso: ‘Non dite che il calcio italiano e’ rinato’. Sono cinque anni da montagne russe quelli di Roberto Mancini  alla guida della nazionale. Chiamato a risollevare l’azzurro nel 2018 dopo la mancata qualificazione ai Mondiali di Russia, lascia dopo la delusione per l’assenza da Qatar 2022 e con una qualificazione a Euro 2024 ancora in ballo.

Il tecnico di Jesi, una carriera in campo da predestinato – classe limpida e colpi di tacco, tra la magica Samp di Mantovani e Vialli e gli ultimi anni alla Lazio di Cragnotti -, approda alla panchina della nazionale a maggio del 2018, dopo le vittorie da allenatore dell’Inter, del City e dello Zenit.

Dal club di San Pietroburgo, in quella primavera che precede il Mondiale di Russia mancato dalla nazionale di Ventura, Mancini si libera per compiere il suo destino azzurro: da giocatore ha fallito gli appuntamenti che contano, da ct deve rifondare la nazionale al suo punto piu’ basso. E in effetti, la cavalcata azzurra sotto la guida di Mancini e’ un’esplosione di gioco, gol, vittorie, risultati e consensi, dopo un inizio appena stentato.
Per arrivare all’Europeo vinto nel 2021 il giorno 11 luglio – data simbolo: e’ la stessa della finale ’82 – ai rigori contro l’Inghilterra a Wembley, Mancini inanella una serie di risultati positivi che lo collocano, quanto alle statistiche, davanti a mostri sacri della storia azzurra. Tra il novembre 2020 e luglio 2021 la sua Italia, impostata sul 4-3-3 e il possesso palla, inanella 13 vittorie di fila, la miglior striscia positiva in assoluto di sempre, superando nei numeri Pozzo. Tra il 2018 e il 2021, i 32 risultati utili consecutivi lo rendono il ct meno sconfitto della storia del calcio mondiale. Ma i numeri dicono poco.

Parlano molto di più l’abbraccio e le lacrime all’amico Vialli sul prato di Wembley, dopo la parata decisiva di Donnarumma sul rigore di Saka. C’e’ tutta una vita, un riscatto. Un anno e mezzo dopo, Mancini e tutto il calcio mondiale piangono l’ex centravanti Samp, stroncato dal male incurabile. E nel frattempo, la nazionale di Mancini ha smarrito la via. Un doppio pareggio con la Svizzera – con la maledizione dei rigori parati da Sommer a Jorginho, uno all’andata, uno al ritorno – condanna l’Italia ai play off: il sorteggio mette gli azzurri nel girone del Portogallo, ma alla finale-spareggio non si arriva neanche. A Palermo un gol di Nestorovski manda avanti la Macedonia del Nord e gli azzurri a un nuovo inferno. Questione di risultati, certo. Ma anche di gioco. L’Italia ammirato da tutta Europa per la vittoria del 2021 e ancor piu’ per la volonta’ di imporre il gioco non c’è più.

Manca un centravanti, non si segna, Mancini fa ricorso agli oriundi come Retegui, il ricambio in difesa, dopo l’addio di Chiellini e con il declino di Bonucci, e’ difficile. Soprattutto, l’Italia del bello ha smarrito la sua via a centrocampo. Mancini prova e riprova, fa stage, lamenta che i club non gli hanno concesso spazi prima degli spareggi e si inventa dei ‘casting’ tra giovani delle serie minori in cerca di volti nuovi. Nella sua gestione sono 104 i convocati, molti gli esordienti, il nome simbolo – nella prima fase – e’ Zaniolo, convocato quando ancora non ha nemmeno 1′ di serie A nelle gambe. Poi l’ex romanista, Kean, anche Zaccagni si renderanno protagonisti di gesti che al ct non piacciono, di scarso attaccamento all’azzurro.
Come non piace l’aria che respira attorno a una nazionale in declino, i cui problemi sono solo nascosti dalle tre finaliste nelle coppe per club. “Non dite che il calcio italiano e’ rinato”. Non bastera’ a fargli cambiare idea neanche la ristrutturazione del Club Italia varata nelle settimane scorse dal presidente Figc, Gravina, che gli affida il compito di supervisore di tutte le nazionali, dai giovani alla sua Italia. Ma Mancini ha scelto di non essere piu’ ct, e di chiudere cinque anni di vittorie e amarezze.

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Inter al bivio finanziamento, Zhang la difende da Oaktree

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Il tempo stringe per la proprietà dell’Inter. Nei prossimi giorni si deciderà infatti il futuro del club nerazzurro, visto che tra lunedì e martedì scadranno i termini del finanziamento da 275 milioni che il fondo Oaktree ha garantito alla proprietà interista nel maggio 2021. La cifra da ripagare (anche se non lunedì, visto che sarà festa nazionale in Lussemburgo cioè il Paese in cui hanno sede le holding di Suning e Oaktree che hanno firmato ufficialmente gli accordi, ma entro martedì) è pari a circa 385 milioni, dopo interessi annui al 12%, soldi che Suning puntava a trovare da un accordo con un altro fondo, ovverosia Pimco. Una operazione quest’ultima da circa 430 milioni che si è raffreddata ma non sembra ancora essere definitivamente saltata, anche se ormai il tempo è sempre meno per giungere ad un accordo. Anche perché nel frattempo sono cominciate schermaglie pubbliche e non solo tra Zhang e Oaktree.

E il presidente dell’Inter oggi è tornato all’attacco, con una lettera aperta al mondo nerazzurro. “Mentre ci avviciniamo alla fine di questa fantastica stagione, voglio rispondere alle speculazioni sulla stabilità finanziaria del nostro club – le parole del numero uno -. Gli anni 2020 e 2021 sono stati indimenticabili per la nostra generazione, poiché la pandemia globale ha cambiato profondamente molti aspetti della nostra vita. Per continuare a sostenere l’Inter, dopo avere già investito nel Club oltre un miliardo, abbiamo aperto la linea di credito con Oaktree, con l’obiettivo di proseguire il progetto vincente che abbiamo avviato nel 2016. Da allora, io e il mio management ci siamo impegnati a sviluppare successi sul campo, allo stesso tempo mantenendo una rigorosa disciplina finanziaria”.

“Nel corso dei mesi che hanno condotto alla data di scadenza della struttura di finanziamento con Oaktree, abbiamo fatto ogni tentativo per trovare una soluzione amichevole con il nostro partner, compresa l’offerta di molteplici possibilità per Oaktree di ottenere un ritorno finanziario completo e immediato – la spiegazione di Zhang -. Purtroppo, i nostri sforzi finora sono stati esasperati da minacce legali e dalla mancanza di un coinvolgimento significativo da parte di Oaktree. Tutto ciò è stato molto frustrante e deludente, ma questo comportamento sta ora creando una situazione di rischio per il Club che potrebbe metterne seriamente a repentaglio la stabilità”, ha attaccato il presidente nerazzurro. Concludendo con la speranza di trovare un accordo: “Ci impegniamo a lavorare per una risoluzione pacifica con Oaktree e a continuare la nostra storia di successi per la nostra amata Inter”, ha concludo Zhang.

Nessuna replica ufficiale da parte del fondo californiano; ma da Oaktree filtra la sottolineatura del fatto che la propria posizione non è cambiata negli ultimi giorni così come nel corso di questi tre anni, considerato che le condizioni e le clausole contenute nell’accordo sono note già dal 2021. Dunque, per il fondo americano non c’e’ stata alcuna minaccia, poichè il rispetto di una data limite fissata da tre anni non può essere considerata tale, e neanche la la volontà di mettere i bastoni tra le ruote; semmai, gli americani avrebbero aspettato di arrivare alla scadenza dei termini del finanziamento per intervenire.

Insomma, nel caso in cui Zhang non riuscisse a trovare le risorse necessarie per ripagare il prestito né riuscisse a strappare una eventuale proroga (magari finalizzata a una vendita del club in tempi rapidi, anche se un rinvio appare una ipotesi particolarmente complicata ad oggi), Oaktree dovrebbe fin da subito avviare le pratiche per l’escussione del pegno sulle quote di maggioranza del club: diventerebbe così proprietario dell’Inter, come era successo nell’estate 2018 con il Milan in una situazione simile tra Yonghong Li e il fondo Elliott.

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Pari a Firenze, il Napoli è ‘quasi’ fuori anche dalla Conference League

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Fiorentina e Napoli si dividono la posta in palio al termine di una gara che è stato un lungo inseguimento reciproco ricco di gol, emozioni e colpi di scena. Alla fine il 2-2 al Franchi consente a Biraghi e compagni di confermarsi all’ottavo posto ma non ancora poter festeggiare il ritorno certo nelle prossime coppe europee perché servirà almeno un punto nell’ultimo turno contro il Cagliari, e lenisce parzialmente l’emorragia di punti per gli ormai ex campioni d’Italia. Gli ospiti iniziano la gara come meglio non si potrebbe passando già all’8′ con Rrahmani, capitano di serata stante l’assenza per problemi di gastroenterite di Di Lorenzo, che anticipa Martinez Quarta su calcio d’angolo di Politano. Gli uomini di Calzona giocano in maniera eccellente la prima mezz’ora tanto che vanno più volte vicini al raddoppio in particolare con Kvaratskhelia. Proprio su una palla riconquistata da Dodo sull’esterno sinistro offensivo georgiano, su cui il Napoli si lamenta per una mancata sanzione del fallo da parte del direttore di gara, prende avvio l’azione che porta alla punizione poi segnata da Biraghi al 39′ per l’1-1.

I gigliati ribaltano il risultato tre minuti più tardi con Nzola bravo a superare Politano e di destro a sorprendere Meret. Lo svantaggio del Napoli è una punizione eccessiva per i partenopei che però rischiano di subire per due volte la terza rete entrambe le volte con Nico Gonzalez, con nella seconda circostanza un ottimo intervento di Meret. Il 2-2 lo segna Kvaratskhelia anche lui con una bellissima punizione (57′), con Politano che centra un palo 5′ più tardi. Nella parte centrale la sfida diventa equilbrata e l’ultimo vero sussulto giunge all’80’ quando Marchetti assegna calcio di rigore per un presunto fallo di Lobotka su Belotti, quest’ultimo subentrato a Nzola, ma la revisione al Var sollecitata da Valeri fa poi cambiare idea al direttore di gara. Il punteggio non cambia più e si chiude dunque con un pareggio l’ultima partita casalinga di Vincenzo Italiano, con lo stadio Franchi che la prossima estate vedrà anche l’inizio di lavori che porteranno poi alla costruzione di una nuova curva Fiesole.

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La Juventus esonera Allegri per comportamenti non compatibili

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“La Juventus comunica di avere sollevato Massimiliano Allegridall’incarico di allenatore della Prima Squadra maschile”. È quanto si legge in una nota della società. “L’esonero – prosegue il club – fa seguito a taluni comportamenti tenuti durante e dopo la finale di Coppa Italia che la società ha ritenuto non compatibili con i valori della Juventus e con il comportamento che deve tenere chi la rappresenta”.

“Si conclude un periodo di collaborazione, iniziato nel 2014, ripartito nel 2021 e terminato dopo le ultime tre stagioni insieme con la Finale di Coppa Italia la società augura a Massimiliano Allegri buona fortuna per i suoi progetti futuri” conclude la società bianconera nel comunicato.

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