Rimosso perché malato o sotto inchiesta per adulterio? Le domande e i dubbi sulla sorte di Qin Gang, il 57enne ministro degli Esteri cinese fedelissimo di Xi Jinping, non svaniscono. Anzi, la sua rimozione dall’incarico decisa dal massimo organo legislativo cinese apre la porta a nuove speculazioni. Nello stringato comunicato dal Global Times non si fa cenno alle motivazioni che hanno portato alla sostituzione di Qin. L’organo del partito comunista cinese dedica molta più attenzione al ritorno di Wang Yi a capo della diplomazia di Pechino, proprio lui che era stato sostituito solo pochi mesi fa, a dicembre, da Qin. Gli osservatori valutarono la mossa a sorpresa del leader supremo Xi come il tentativo di piazzare un suo uomo agli Esteri forse per aprire una stagione diplomatica diversa, più agile e distante dai riti di palazzo. Quella “poca diplomazia” cara ai “wolf warrior” come vengono chiamati in Cina gli esponenti di questo stile aggressivo di cui Qin era tra i protagonisti.
Quello che colpì tuttavia era stata la folgorante ascesa di Qin rispetto a funzionari veterani come lo stesso Wang, 70 anni, che ha iniziato la carriera diplomatica nel lontano 1982 ed è stato ministro degli esteri dal 2013 fino al 2022. Tra i due non sarebbe mai scorso buon sangue. Il mistero su Qin va comunque avanti da settimane: l’oramai ex capo della diplomazia cinese é stato visto in pubblico l’ultima volta il 25 giugno, dopo aver incontrato a Pechino funzionari dello Sri Lanka, del Vietnam e della Russia. In quella che è la sua apparizione pubblica, Qin sorridente camminava fianco a fianco con il viceministro degli Esteri di Mosca Andrey Rudenko, volato a Pechino dopo la rivolta fallita del gruppo mercenario Wagner. Poi Qin non si è presentato alla riunione annuale dei ministri degli Esteri dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est Asiatico (Asean) della scorsa settimana in Indonesia. Al suo posto ha partecipato appunto Wang Yi. I canali ufficiali hanno parlato di “motivi di salute”. Pochi giorni prima della scomparsa dalle scene Qin, ambasciatore in Usa dal 2021 fino a dicembre scorso, aveva incontrato a Pechino il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in una missione vista come primo passo del disgelo dei rapporti tra le due superpotenze. E non è passata inosservata l’assenza del diplomatico ai successivi incontri cinesi con il segretario al Tesoro Janet Yellen e più di recente con l’inviato speciale per il Clima, John Kerry.
I media di Taiwan e Hong Kong, sfidando la morsa della censura, speculano in un’altra direzione rispetto a quella della malattia: Qin sarebbe finito sotto inchiesta per una relazione extraconiugale con una brillante e avvenente giornalista televisiva, Fu Xiaotian. La 40enne reporter di Phoenix Television, laureata a Cambridge e insignita dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia nel 2017, sarebbe scomparsa anche lei, assieme al figlio. Altri media arrivano a ipotizzare dei legami della donna con l’intelligence di Sua Maestà britannica. Ma è del 2014 la direttiva del governo che ha incaricato le autorità anticorruzione di “combattere l’adulterio” sulla scia del clamoroso scandalo Liu Zhijun, il potente boss delle ferrovie incastrato da mazzette e amanti, ne aveva addirittura 18. All’epoca venne condannato a morte per corruzione, pena poi commutata nel carcere a vita. (