Della vicenda in sé non ha più parlato e non parlerà più, ci penserà l’avvocato. Ma per “tutelare l’onorabilità” della sua famiglia dalla “speculazione politica” – pur confermando di avere “piena fiducia nell’operato dei Magistrati della Procura di Milano” -, ha dato mandato a un altro legale di raccogliere “tutti gli elementi che esulano dal normale esercizio del diritto di cronaca e di critica”. Ce l’ha con la stampa, Ignazio La Russa, ma anche con le “associazioni di sinistra” che preannunciano “flash mob politici e diffamatori”.
E che “hanno passato il segno”, il ragionamento che affida, un format inedito, al suo staff. Una scelta di comunicazione per distinguere ciò che riguarda lui e i suoi familiari dal suo ruolo di presidente del Senato. Anche perché quel primo commento a caldo – dopo che si è saputo dell’accusa di violenza sessuale per la quale è indagato suo figlio Leonardo Apache – gli è costato valanghe di critiche dalle opposizioni e pure la bacchettata di Giorgia Meloni.
“Io non sarei intervenuta”, ha preso le distanze due giorni fa la premier. Ma “quotidiani, giornali online e social” hanno scambiato un figlio per un altro nelle foto pubblicate “più volte” oltre a riportare “ricostruzioni artefatte” delle “vite giovanili” dei tre fratelli. Senza contare i “manifesti” comparsi vicino a locali notturni accanto allo studio legale del presidente del Senato e il flash mob organizzato a Milano dal movimento “Non una di meno”, che hanno spinto La Russa senior a parlare di nuovo. E a dare tutto in mano a un avvocato. Un altro legale, Adriano Bazzoni, si occuperà invece della difesa di Leonardo Apache e anche della questione del telefonino usato dal ragazzo.
Un nodo giuridico definito “unico” nel suo genere che deve dirimere la Procura di Milano, per capire il modo in cui è possibile arrivare ad un eventuale sequestro, con o senza richiesta di autorizzazione a procedere alla Giunta del Senato. Richiesta che se avanzata non sarebbe affrontata, verosimilmente, prima della ripresa dei lavori a settembre. Il pm Rosaria Stagnaro e l’aggiunto Letizia Mannella, titolari dell’inchiesta, e lo stesso procuratore Marcello Viola, stanno cercando di capire se è necessario o meno passare attraverso il Parlamento. La scheda sim del cellulare, infatti, stando a quanto emerso oggi, sarebbe intestata ad una società dello studio legale La Russa e, dunque, gli inquirenti si stanno ponendo l’interrogativo se quel cellulare è o non è di “pertinenza” del senatore La Russa.
“Affronteremo anche questo tema. E’ una questione che fino ad oggi non ho preso in considerazione”, si è limitato a dire il difensore Adriano Bazzoni. Nel frattempo la Squadra Mobile va avanti ad ascoltare i testimoni. Oltre alla ragazza di 22 anni che ha denunciato Leonardo di averla violentata, la madre e le amiche, è stata sentita, anche una conoscente presente all’Apophis, il club esclusivo nel cuore di Milano: a differenza delle altre, ha ricostruito che la presunta vittima prima di andare a casa del figlio del senatore appena rincontrato dopo tanto tempo, non era “particolarmente alterata”. Le audizioni di tutti coloro che la sera tra il 18 e il 19 maggio scorsi, si trovavano nel locale proseguiranno nei prossimi giorni. Sono importanti per accertare se la 22enne – risultata positiva a cocaina, cannabis e alle benzodiazepine a causa di tranquillanti che assume regolarmente – in quali condizioni fosse e se quindi era in grado di esprimere un consenso o meno.