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Cronache

Lavora sotto il sole, ha un malore e muore a 44 anni

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Lavora sotto il solleone e nelle ore più calde della giornata, ha un malore e si accascia a terra. Quasi immediatamente soccorso, morirà poco dopo, in ospedale. Aveva 44 anni. È successo oggi a Lodi mentre infuria l’anticiclone africano Cerbero che infuoca l’Italia arroventando le città con l’aggravante che nel capoluogo lombardo per diverse ore nella giornata si registra l’assenza di vento. Teatro del dramma la piazzola ecologica che si trova in via Secondo Cremonesi: una spianata di cemento che si estende su diversi metri quadrati, senza alberi dove, se c’è il sole, fa già caldissimo, in genere già da fine maggio. È passato mezzogiorno da non molto quando l’uomo, milanese, non fa a tempo a dire di stare male. Sta lavorando alla segnaletica orizzontale per una ditta incaricata da Linea Gestioni A2A, come spiega il Comune. Sta utilizzando vernice a spruzzo e i gradi centigradi percepiti in quelle ore, in quell’area superano i 45. Non appena cade a terra, un suo collega lo soccorre ma si rende conto che non c’è nulla da fare per farlo rinvenire. Immediatamente allerta il soccorso sanitario e sul posto arrivano, insieme anche un’ambulanza della Croce rossa e un’automedica, la polizia e l’Ats che verrà poi sentita dal pm Roberto Fedelini della Procura.

Inizia immediatamente la rianimazione sul posto con defibrillatore. Viene caricato in ambulanza dove viene continuata la manovra. Ma non c’è niente da fare. Il lavoratore arriva ancora incosciente in ospedale: è in codice rosso, gravissimo. Per oltre un’ora si continuerà a rianimarlo in Pronto soccorso, sotto l’aria condizionata. Poi la constatazione del decesso. “Un dramma assurdo quanto evitabile – sottolinea la segretaria generale per Pavia e Lodi della Cisl, Elena Maga -. Innanzitutto, c’è una circolare Inps che dice chiaramente che al di sopra dei 35 gradi centigradi, in edilizia, può scattare la cassa integrazione senza problemi. Poi, sotto il sole, in questa stagione, il lavoro su asfalto e cemento andrebbe messo in discussione e gestito assolutamente diversamente. Non bisognerebbe sempre arrivare ai morti alle situazione estreme per cambiare le cose. Bisognerebbe fare articolazione oraria in modo diverso. Lavorare di notte.

Immediatamente farò un’interrogazione a Ats per vedere se venivano rispettate tutte le regole di lavoro e altrettanto faremo con la Prefettura. Non faremo passare inosservato questo lutto”. “Non si può morire sul lavoro per il troppo caldo. Nelle ore più torride siano presi tutti gli accorgimenti per evitare tragedie come quella di Lodi – denuncia Nicola Fratoianni, ; segretario nazionale di Sinistra Italiana -. In questi giorni siamo di fronte ad un’ondata di caldo anomalo e a livelli insopportabili. Forse è il caso che nelle ore più torride vengano presi tutti gli accorgimenti utili ad evitare tragedie come quella accaduta oggi a Lodi”.

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Marigliano, donna perde controllo della moto e si schianta contro un palo perdendo la vita

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Un tragico incidente si è verificato questo pomeriggio in via Ponte dei Cani, nel comune di  Marigliano, dove una donna di 46 anni, residente a Scisciano, ha perso la vita.

Secondo le prime ricostruzioni fornite dai Carabinieri della sezione radiomobile di Castello di Cisterna e della stazione di Marigliano, intervenuti prontamente sul luogo dell’incidente, la vittima avrebbe perso il controllo della sua motocicletta per cause ancora da accertare. La moto è finita la sua corsa contro un palo della luce, provocando il decesso immediato della conducente.

Il tratto di strada su cui si è verificato l’incidente è stato temporaneamente chiuso al traffico per permettere i rilievi del caso. La salma della donna è stata trasferita all’istituto di medicina legale per l’esame autoptico, mentre la motocicletta è stata sequestrata per gli ulteriori accertamenti tecnici che saranno fondamentali per chiarire la dinamica e le cause esatte del sinistro.

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Gip su ultrà Milan arrestati: gruppo aggressivo e violento

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Si tratta di persone che “frequentano abitualmente lo stadio” e “che sfruttano proprio la peculiare carica intimidatoria derivante dall’appartenenza ad un gruppo organizzato” per agire con una condotta “aggressiva, che rappresenta la cifra distintiva del loro modo di seguire il calcio e la squadra di cui sono supporter”. Così la gip di Milano Teresa De Pascale descrive i tre ultrà, che fanno parte della curva sud milanista, arrestati due giorni fa per aver aggredito, a colpi di sedie e tavolini ma anche a coltellate, un 25enne romeno dopo la partita Milan-Cagliari di sabato sera.

La giudice ha convalidato gli arresti e disposto come misura cautelare i domiciliari per tutti e tre, tra cui Alessandro Sticco, 42 anni, che è nel direttivo della curva milanista così come Luca Lucci, noto capo ultrà, e Christian Rosiello, il cosiddetto “bodyguard” di Fedez, coinvolto come il rapper nel caso del pestaggio al personal trainer Cristiano Iovino dello scorso aprile. Ai domiciliari anche Islam Hagag, 35 anni, e Luigi Magrini, 43 anni, che avrebbe sferrato le coltellato (la Procura chiedeva per lui il carcere). Tutti e tre difesi dal legale Jacopo Cappetta. I tre, spiega la gip nell’ordinanza, hanno fatto “leva sulla peculiare forza intimidatoria derivante dall’appartenenza ad un gruppo numeroso di tifosi” e “non hanno esitato ad aggredire congiuntamente un ragazzo da solo, anche con l’uso di bottiglie e di un coltello, sino a lasciarlo sanguinante riverso in terra, proprio dopo una partita di calcio, quale luogo ed occasione in cui manifestare e sprigionare la propria indole aggressiva e violenta”.

Il 25enne ha messo a verbale che dopo aver visto la partita, “mentre si stava recando al bar” vicino “al punto di ritrovo degli ultras per consumare delle bevande, veniva aggredito senza motivo, inizialmente da due tifosi, che lo spogliavano della maglietta che indossava”, una maglia della curva sud rossonera. E ha aggiunto: “non so dare spiegazioni dell’aggressione. Senza nessun motivo mi hanno tolto la maglietta e mi hanno colpito”. Gli ultrà interrogati oggi dalla gip, invece, hanno raccontato di aver reagito, ammettendo in sostanza i fatti, perché un loro amico della curva era stato colpito in precedenza dal 25enne ed “era a terra sanguinante”.

Per il gip ad aggredire il romeno è stato un “gruppo di 8-9” ultrà, alcuni già identificati e indagati, oltre ai tre arrestati. Il “dettaglio della maglietta del Milan strappata – scrive la giudice – ovvero mai indossata e tolta autonomamente dalla vittima (come riferito dagli indagati), allo stato, non è riscontrato dalla visione delle telecamere, in quanto esse riprendono il soggetto già a torso nudo all’esterno del locale”. Allo stesso modo, “la asserita precedente aggressione posta in essere” dal 25enne, chiarisce la giudice, “allo stato, non risulta riscontrata, non emergendo neppure alcun certificato medico”. Fatti questi che andranno verificati ancora nelle indagini.

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Inchiesta clinica Messina, ai 9 indagati sequestrati 11 milioni

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Nell’inchiesta sulla clinica NeMo Sud e il Policlinico di Messina sono indagati, a vario titolo per peculato e corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, Alberto Fontana, 52 anni, ex presidente della fondazione Aurora onlus (che gestiva il centro clinico Nemo Sud a Messina), Giuseppe Laganga Senzio, 47 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico messinese, Mario Giovanni Melazzini, 65 anni, anche lui ex presidente della fondazione Aurora onlus, Giuseppe Pecoraro, 75 anni, commissario straordinario del Policlinico, Paolina Reitano, 64 anni, ex direttrice sanitaria del Policlinico, Marco Restuccia, 60 anni, direttore generale del Policlinico, Giuseppe Vita, 72 anni, medico dirigente dell’unità operativa di Neurologia del Policlinico, l’attuale assessore regionale alla Sanità Giovanna Volo, 68 anni, ex direttore sanitario dell’ospedale universitario, Michele Vullo, 68 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico. Giuseppe Vita, Mario Giovanni Melazzini, Alberto Fontana, Giuseppe Laganga Senzio hanno la misura cautelare del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare impresa in ambito sanitario.

Per tutti e nove gli indagati ciascuno pro quota, è stato disposto il sequestro preventivo di denaro, beni mobili e immobili, per l’importo complessivo di 11 milioni di euro, pari ai fondi pubblici distratti. L’ordinanza delle misure cautelari è stata firmata dal gip Claudia Misale.

Tutti gli indagati sono da considerare innocenti fino al terzo grado di giudizio.

 

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