Collegati con noi

In Evidenza

Wimbledon: Sinner batte Safiullin, è 1/a semifinale Slam

Pubblicato

del

Prima semifinale Slam per Jannik Sinner, che – come da pronostico – batte il russo Roman Safiullin, e diventa il terzo italiano, dopo Nicola Pietrangeli e Matteo Berrettini, a superare i quarti di finale sui prati londinesi di Wimbledon, il decimo italiano nella storia ad entrare tra gli ultimi quattro in uno dei quattro Major. Dopo quattro sconfitte in altrettante apparizioni ai quarti di finale di uno Slam, l’altoatesino, favorito n.8, pur senza esprimere il suo miglior tennis, e nonostante un passaggio a vuoto che gli costa il secondo set, si impone in 2′ 12′ (6-4 3-6 6-2 6-2) contro il n.92 al mondo, all’esordio assoluto ai “The Campionships”, facendo infine valere la sua superiorità tecnico-tattica.

“È un momento molto importante per me – la soddisfazione di Sinner -. Ho lavorato duramente, in campo e fuori, per vivere un momento come questo. La semifinale? Giocherò il mio tennis, come cerco sempre di fare quando scendo in campo. E vediamo cosa succede…”. Il tabellone femminile, nel frattempo, ha prodotto – contro pronostico – le prime due semifinaliste. In poco meno di due ore la ceca Marketa Vondrousova, n.42 del ranking, ha avuto la meglio della favorita n.4, la statunitense Jessica Pegula: un’impresa per la 24enne di Sokolov, che si aggiudica il match dopo essersi trovata sotto 1-4 nel terzo decisivo set (64 26 64). Alla quinta apparizione sui prati londinesi, dove non era mai andata oltre il secondo turno, Vondrousova, 24 anni, bissa così la semifinale Slam raggiunta quattro anni a Parigi, diventando la terza donna dell’era Open ad entrare tra le ultime quattro di Wimbledon dopo aver battuto quattro teste di serie.

“Non so veramente come sia riuscita a raddrizzare questo match – la sua incontenibile gioia -. Finora non ero mai stata capace di vincere due match di fila sull’erba. Non so se l’interruzione (per pioggia, ndr) mi abbia avvantaggiata, non avevo mai giocato sul Centrale col tetto chiuso: è stata un’esperienza nuova”. Giovedì troverà dall’altra parte della rete Elina Svitolina, protagonista di una emozionante rinascita tennistica, e sempre più la beniamina del pubblico inglese. In tabellone solo grazie ad una wild card, dopo aver saltato gran parte della stagione per la nascita di sua figlia nove mesi fa, la 29enne ucraina ha dominato la n.1 al mondo, la polacca Iga Swiantek, al termine di una battaglia durata quasi tre ore (7-5 6-7(5) 6-2).

Una vittoria speciale – dedicata come sua abitudine ai suoi connazionali – che le spalanca le porte della seconda semifinale all’All England Club, dopo quella persa nel 2019 contro Simona Halep, la terza in uno Slam (assieme a quella agli US Open 2019). “È un risultato che va al di là della mia immaginazione, non posso ancora crederci – le parole di Svitolina -. Vincere contro Iga è stato particolarmente difficile, non solo perché è una grandissima campionessa ma anche perché è una vera amica che si è schierata fin da subito dalla parte dell’Ucraina”. Sono cinque i precedenti tra le due prossime semifinaliste: Svitolina conduce 3-2, ma Vondrousova si è aggiudicata le ultime due sfide, compresa la seminale olimpica di due anni fa.

Advertisement

In Evidenza

Luciano Spalletti: «Con De Laurentiis troppe battaglie. Se ci fosse stato più rispetto, sarei rimasto a Napoli»

Nel libro “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica”, Spalletti racconta il rapporto con De Laurentiis: «Troppe frizioni, ma lo ringrazierò sempre». Anticipazione esclusiva al Corriere della Sera.

Pubblicato

del

Nel giorno dell’uscita del suo libro autobiografico Il Paradiso esiste… ma quanta fatica (Rizzoli), Luciano Spalletti regala al Corriere della Sera un’anticipazione destinata a far discutere. Al centro, uno dei passaggi più delicati e appassionati della sua carriera: il rapporto con Aurelio De Laurentiis e l’anno dello scudetto vinto con il Napoli.

«Due partite: una in campo, una con il presidente»

Spalletti racconta senza filtri i continui attriti avuti con De Laurentiis: «Sono andato via perché non avevo più voglia di sostenere questo continuo conflitto caratteriale con un imprenditore capace, ma con un ego molto, forse troppo grande». Il tecnico toscano descrive una convivenza fatta di battaglie quotidiane, «dare una maglia a un figlio, cambiare albergo senza un motivo chiaro», che lo hanno logorato.

Il “Sultano” e il silenzio dello scudetto

L’autore definisce De Laurentiis «estroso» e «imprevedibile», ma riconosce anche un momento di grande intelligenza da parte del presidente: «Quando ha smesso di parlare pubblicamente durante la stagione dello scudetto ha dato un segnale importante». Un sacrificio notevole per «un uomo di spettacolo che ama la scena».

Ma al momento della vittoria, il gelo. Spalletti svela: «Non telefonò a nessuno, né a me, né ai calciatori, né al team manager. Arrivò una telefonata solo il giorno dopo, per organizzare l’atterraggio a Grazzanise».

Una lettera e l’addio

La rottura definitiva avvenne con una lettera scritta a mano da De Laurentiis che, pur ringraziandolo per il trionfo, imponeva il prolungamento automatico del contratto. Spalletti rispose con un’altra lettera, altrettanto formale: «Sarebbe stato utile parlarsi, per il bene del Napoli. Farlo, forse, avrebbe cambiato il corso delle cose».

«Se ci fosse stato più rispetto, sarei rimasto»

Alla domanda che in tanti gli pongono — se sarebbe rimasto a Napoli con un altro tipo di rapporto — Spalletti oggi risponde: «Sì. Se ci fosse stato più rispetto umano, più dialogo e più apertura su cosa servisse per rivincere, alla fine sarei rimasto».

Eppure, chiude con una nota di gratitudine: «Lo ringrazierò sempre per avermi permesso di allenare il Napoli».


Titolo SEO: Luciano Spalletti: «Con De Laurentiis troppe battaglie. Se ci fosse stato più rispetto, sarei rimasto a Napoli»

Meta description SEO: Nel libro “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica”, Spalletti racconta il rapporto con De Laurentiis: «Troppe frizioni, ma lo ringrazierò sempre». Anticipazione esclusiva al Corriere della Sera.

Parole chiave SEO: Luciano Spalletti, De Laurentiis, Napoli, libro Spalletti, autobiografia Spalletti, Spalletti Napoli, scudetto Napoli, Spalletti De Laurentiis, Il paradiso esiste ma quanta fatica, Spalletti Corriere della Sera

Continua a leggere

In Evidenza

L’ex ministro Bondi si racconta: «Ho scelto di farmi dimenticare, ma la politica non mi appartiene più»

Pubblicato

del

A distanza di anni dal suo addio alla scena pubblica, Sandro Bondi (foto Imagoeconomica in evidenza) torna a parlare. Lo fa con tono sommesso, riflessivo, in un’intervista al Corriere della Sera in cui ripercorre alcuni snodi della sua carriera politica, il rapporto con Silvio Berlusconi, l’attuale scenario politico e il senso della sua nuova vita a Novi Ligure, dove oggi ricopre — gratuitamente — il ruolo di direttore artistico del teatro Marenco.

«A Novi Ligure per amore e per restituire qualcosa»

«Ho accettato questo incarico per dare un contributo alla comunità in cui vivo. È un teatro bellissimo, restaurato anche grazie al Ministero dei Beni culturali», dice Bondi, senza mai ricordare che proprio lui fu, in passato, ministro della Cultura. Vive da quindici anni con Manuela Repetti, ex parlamentare come lui: «Ci siamo reinventati la vita. Di lei amo la sensibilità e la compassione per ogni essere vivente».

Lontano dalla politica, ma con uno sguardo vigile

«La politica non mi appartiene più», afferma con decisione. Nel 2018 si è ritirato a vita privata, convinto di aver partecipato a un progetto politico — Forza Italia — «di cui non è rimasto quasi nulla». Il giudizio su Matteo Renzi, con cui simpatizzò dopo l’addio al partito azzurro, è netto: «Una delusione politica e umana». E se di Elly Schlein apprezza l’onestà, ne critica l’indeterminatezza politica.

Il ricordo di Berlusconi e l’ammirazione per Meloni

Del suo lungo sodalizio con Silvio Berlusconi — iniziato grazie allo scultore Pietro Cascella — conserva «ricordi belli e meno belli». «Era un uomo complesso, indecifrabile. Avevamo un rapporto profondo». Lo affiancava ogni giorno ad Arcore, ma senza mai viaggiare con lui: «Avevo il terrore dell’aereo». Poi, con l’aiuto di Manuela, ha superato anche quella paura.

Di Giorgia Meloni dice: «Sta lavorando molto bene. L’Italia con lei è in buone mani». Apprezza anche Antonio Tajani e Raffaele Fitto: «Entrambi portano con sé un bagaglio europeo che li rende credibili. E Gianni Letta è una figura che continuo ad ammirare».

Il disincanto per il ministero e l’arte della rinascita

Della sua esperienza ministeriale non conserva nostalgia: «Non è un ricordo piacevole. Ogni cosa veniva strumentalizzata. Come il linciaggio per il crollo di un piccolo muro a Pompei». A Sgarbi, con cui condivise l’ambiente culturale, ha inviato un messaggio attraverso la sorella: «Spero possa rinascere».

«La mia fede è fragile. Come la memoria della Chiesa»

Bondi si descrive come un uomo semplice, tormentato dal pensiero della morte e dalla paura di non rivedere più chi ama. «La mia fede non è profonda. Anzi, ogni giorno che passa è sempre più fragile», confessa. E sul suo futuro dice con umiltà: «Mi piacerebbe essere ricordato come un uomo normale, con le sue paure, bisognoso di dare e ricevere amore».

 

Continua a leggere

Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

Pubblicato

del

È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto