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Cronache

Michelle uccisa con 6 coltellate, arrestato un 17enne

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Prima le urla, poi la furia omicida. Un coltello da cucina, almeno sei fendenti, per uccidere Michelle Maria Causa, massacrata mercoledì da un 17enne di origini srilankesi in un appartamento di via Dusmet, nel quartiere Primavalle a Roma. Il giovane dall’alba di giovedì è in carcere: è stato ascoltato tutta la notte, un interrogatorio durato ore per un confronto “analitico e dettagliato” su quanto avvenuto durante il quale il ragazzo potrebbe avere fatto alcune ammissioni. A bloccarlo sono stati gli agenti della Squadra Mobile che assieme ai colleghi del commissariato lo hanno preso con le scarpe ancora sporche di sangue. Sangue colato anche dal carrello della spesa dove il ragazzo, in un orribile tentativo di sbarazzarsi del corpo, aveva messo il cadavere della vittima chiuso in un sacco nero dell’immondizia. Per lui l’accusa è omicidio volontario ma non è escluso che potrebbe essergli contestato anche l’occultamento di cadavere.

I due non stavano insieme, lei non era incinta, spiegano gli inquirenti che per tutta la giornata hanno ascoltato testimoni, tra cui anche i genitori della giovane. “Quel negro di m… me l’ha massacrata, voglio giustizia”, ha detto la madre di Michelle rientrando in casa per poi aggiungere: “Io l’ho visto due o tre volte era molto educato, più del dovuto, lo avevo detto anche a mia figlia”. Insomma di quel ragazzo qualcosa non le tornava. Ma della figlia si fidava: “Ieri ci aveva detto che usciva un po’ con gli amici, verso le 11, ha detto che sarebbe tornata presto a casa e avrebbe cucinato per il nonno. Ma al telefono dalle 12.50 non ha risposto più”. Il padre non si dà pace. “Senza motivo ce l’hanno ammazzata, come un cane. Gli amici dicevano che lui era un ragazzo a modo, meglio di noi, meglio degli italiani”. I genitori di Michelle avanzano anche un movente che gli inquirenti sembrano non trovare: “Forse era innamorato, lei l’ha respinto perché ce l’ha il ragazzetto che sta disperato dall’altra parte di Roma, stavano insieme da due anni”. Chi indaga, coordinato dai pm della procura per i Minori, sta mettendo in fila le tessere di un mosaico per cercare di ricostruire quanto avvenuto in quell’appartamento e le ultime ore di vita della ragazza. Per capire se si è trattato di un delitto d’impeto e per escludere eventuali complici che allo stato non ci sono.

“Il movente è da definire”, si lascia scappare uno degli investigatori. Segno che l’aggressione potrebbe essere legata a vicende sentimentali, ad un approccio respinto, ma non solo. Un elemento è certo: Il 17enne, ora in carcere, frequentava brutti giri e dai video sui social non fa mistero della sua passione per droghe, denaro e violenza. “‘Lui era in giri di spaccio”, raccontano nel quartiere spiegando che già il giorno prima “Michelle aveva litigato con lui” e riavvolgendo il nastro della memoria un condomino assicura di avere sentito delle urla provenire da quell’appartamento mercoledì pomeriggio. “Ho sentito una discussione, delle urla”, spiega una inquilina del palazzo di via Dusmet. Le fasi successive sono tutte da accertare, i pm disporranno l’autopsia. Michelle è stata colpita in più punti del corpo. Dopo l’omicidio, il 17enne ha deciso di portare via quel corpo. Un piano folle e orribile forse concepito in uno stato di alterazione: ad accorgersi che qualcosa di strano era accaduto sono stati i vicini che hanno visto quel sacco nero, messo alla bell’e meglio su un carrello, grondare sangue.

“Cosa hai lì dentro? Ti serve una mano?”, hanno chiesto al minorenne apparso visibilmente nervoso, forse anche in uno stato di alterazione. “Ho del pesce”, ha tagliato corto rifiutando l’aiuto. Una risposta evasiva, non sufficiente ad evitare che i vicini allertassero le forze dell’ordine che arrivate sul posto hanno ‘seguito’ il percorso fatto dal giovane grazie alle tracce di sangue sgocciolate dal carrello della spesa. Sul fronte delle indagini, intanto, lunedì è in programma l’interrogatorio di convalida davanti al gip. Anche in quell’udienza il ragazzo sarà chiamato a fornire la sua versione e a ritornare con la mente in quell’appartamento, che la polizia ha trovato a soqquadro. La casa dove è stata uccisa una ragazzina che due giorni prima aveva compiuto appena 17 anni.

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Cronache

Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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Truffa con ecobonus, la Finanza sequestra 1 miliardo di euro

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I finanzieri del Comando Provinciale di Savona hanno condotto una complessa attività di indagine nel settore dei crediti d’imposta, riconducibili a bonus in materia edilizia ed energetica, con particolare riferimento all’ Ecobonus e al Bonus facciate che ha portato al sequestro preventivo disposto dal gip di un miliardo di euro da eseguire sul cassetto fiscale di 311 soggetti economici coinvolti, detentori dei crediti d’imposta. Durante le indagini Finanza e agenzia delle Entrate hanno accertato come i crediti d’imposta fossero del tutto inesistenti perché con false fatture per lavori ancora da eseguire su immobili di proprietà di residenti nel savonese.

Una truffa replicata su scala nazionale da altre aziende del settore, in molti casi vere e proprie società fantasma oltreché evasori totali o con volumi d’affari inconsistenti, prive di immobili a cui poter associare le lavorazioni edilizie finalizzate all’agevolazione fiscale così come di fatture che comprovassero l’esecuzione dei lavori.

Alcuni dei soggetti coinvolti sono anche risultati percettori del reddito di cittadinanza, altri sono gravati da precedenti penali specifici, tra i quali si annoverano anche reati nel settore della spesa pubblica, altri ancora avevano generato e/o accettato crediti con soggetti con cui avevano un legame di parentela.

Una parte delle persone coinvolte aveva già effettuato la compensazione, conseguendo illeciti e consistenti vantaggi fiscali, mentre un’altra aveva acquistato blocchi di crediti fittizi dal valore nominale di centinaia di milioni di euro a fronte di un corrispettivo irrisorio effettivamente versato. La Gdf ha eseguito 85 perquisizioni nei confronti delle società che dei relativi rappresentanti legali, con l’impiego di oltre 250 militari in Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia.

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