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Cronache

Scandalo droga a Palermo: Mario Di Ferro, lo chef di Villa Zito, coinvolto in un’indagine di spaccio

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Mario Di Ferro, noto chef del rinomato ristorante Villa Zito di Palermo, è stato coinvolto in un’indagine sullo spaccio di cocaina, che ha portato al suo arresto domiciliare. La decisione del Giudice per le Indagini Preliminari di revocargli i domiciliari ad aprile, dopo l’arresto in flagranza per spaccio di droga, aveva inizialmente tranquillizzato Di Ferro, convinto che non sarebbe finito in carcere.

Tuttavia, l’inchiesta della procura di Palermo ha rivelato che Di Ferro era sotto stretta osservazione da mesi, con intercettazioni che mostravano i suoi incontri con i fornitori di droga e le conversazioni criptiche con alcuni clienti. Secondo l’accusa, il ristorante Villa Zito, noto come uno dei locali più glamour della città, era diventato di fatto un punto di spaccio, con numerosi clienti che avrebbero acquistato cocaina da Di Ferro.

Tra i clienti coinvolti nell’indagine spicca il nome di Gianfranco Miccichè, ex senatore di Forza Italia ed ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Secondo le intercettazioni, Miccichè avrebbe contattato Di Ferro per acquistare cocaina ben trenta volte in due mesi. Le conversazioni tra i due sarebbero state apparentemente criptiche, utilizzando riferimenti come i giorni di assenza di Miccichè da Palermo per indicare le dosi necessarie. Le prove raccolte dagli inquirenti suggeriscono che il ristorante Villa Zito fosse un luogo di spaccio ben noto, con la partecipazione di vari dipendenti, tre dei quali risultano indagati.

Gli investigatori sono convinti che ci fosse più di un’amicizia tra Di Ferro e Miccichè, e che il ristorante fosse coinvolto in un’attività di spaccio di droga ben organizzata. Le conversazioni intercettate tra i due protagonisti dell’inchiesta, seguite da un susseguirsi di telefonate volte a far arrivare rapidamente la droga al locale, hanno alimentato i sospetti degli inquirenti.

L’arresto domiciliare di Di Ferro è solo l’ultimo sviluppo di un’indagine condotta con determinazione dalla procura di Palermo. Gli inquirenti, guidati dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido, stanno raccogliendo prove per dimostrare l’attività di spaccio nel ristorante e l’implicazione di persone influenti come Miccichè.

Il caso sta suscitando grande scalpore a Palermo, poiché coinvolge una figura di spicco della scena gastronomica e un ex politico di rilievo. Resta ora da vedere come si svilupperanno le indagini e se emergeranno ulteriori dettagli sulla rete di spaccio che coinvolgeva Villa Zito. L’indagine in corso rappresenta un duro colpo per la reputazione del noto ristorante, che fino ad ora era conosciuto per la sua eleganza e il suo prestigio.

La giustizia dovrà fare il suo corso e determinare la responsabilità di coloro che sono coinvolti in questa vicenda. Nel frattempo, il pubblico segue con interesse gli sviluppi dell’inchiesta, nella speranza che venga fatta piena luce su questo scandalo che ha scosso la città di Palermo.

 

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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Truffa con ecobonus, la Finanza sequestra 1 miliardo di euro

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I finanzieri del Comando Provinciale di Savona hanno condotto una complessa attività di indagine nel settore dei crediti d’imposta, riconducibili a bonus in materia edilizia ed energetica, con particolare riferimento all’ Ecobonus e al Bonus facciate che ha portato al sequestro preventivo disposto dal gip di un miliardo di euro da eseguire sul cassetto fiscale di 311 soggetti economici coinvolti, detentori dei crediti d’imposta. Durante le indagini Finanza e agenzia delle Entrate hanno accertato come i crediti d’imposta fossero del tutto inesistenti perché con false fatture per lavori ancora da eseguire su immobili di proprietà di residenti nel savonese.

Una truffa replicata su scala nazionale da altre aziende del settore, in molti casi vere e proprie società fantasma oltreché evasori totali o con volumi d’affari inconsistenti, prive di immobili a cui poter associare le lavorazioni edilizie finalizzate all’agevolazione fiscale così come di fatture che comprovassero l’esecuzione dei lavori.

Alcuni dei soggetti coinvolti sono anche risultati percettori del reddito di cittadinanza, altri sono gravati da precedenti penali specifici, tra i quali si annoverano anche reati nel settore della spesa pubblica, altri ancora avevano generato e/o accettato crediti con soggetti con cui avevano un legame di parentela.

Una parte delle persone coinvolte aveva già effettuato la compensazione, conseguendo illeciti e consistenti vantaggi fiscali, mentre un’altra aveva acquistato blocchi di crediti fittizi dal valore nominale di centinaia di milioni di euro a fronte di un corrispettivo irrisorio effettivamente versato. La Gdf ha eseguito 85 perquisizioni nei confronti delle società che dei relativi rappresentanti legali, con l’impiego di oltre 250 militari in Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia.

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