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Botte dopo il torneo di calcio, muore un 15enne di Berlino

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Il torneo dei giovanissimi finisce in una colluttazione e, tre giorni dopo il tragico epilogo che sconvolge il mondo del calcio in Germania: un ragazzo di 15 anni è morto, a causa delle percosse riportate a bordo campo da uno degli avversari, secondo quanto ha confermato la Procura. Il fatto è accaduto a Francoforte, dove domenica scorsa dopo il match di un campionato internazionale di under 17, i ragazzi della JFC Berlin, sconfitti, e gli avversari francesi del FC Metz erano arrivati alle mani. A rimetterci la vita è stato un quindicenne berlinese, picchiato da un calciatore del Metz di un anno più grande, che gli avrebbe dato, fra l’altro, un colpo alla testa e alla nuca. Dopo il collasso, la vittima, ricoverata subito in ospedale, è stata rianimata e portata in ospedale, dove sono state accertate gravi lesioni alla testa.

I medici hanno decretato la morte cerebrale martedì, lasciando le macchine accese soltanto per consentire la donazione degli organi. Stando alla Dpa, l’aggressore è stato arrestato e adesso deve rispondere di lesioni corporali gravi e pericolose con esito mortale. Il ragazzo, secondo quanto ha fatto sapere la sua associazione sportiva, non aveva intenzione di ferire il coetaneo. Ma nel ricostruire la dinamica diversi media locali, fra cui la Bild, riferiscono che al momento dello scontro fisico col suo avversario, che si era svincolato, lo abbia rincorso colpendolo alle spalle. Inoltre non lo ha soccorso, dopo averlo visto cadere privo di sensi a terra.

La drammatica morte del giovanissimo calciatore di Berlino rilancia in queste ore il dibattito sulla violenza nel calcio, un fenomeno osservato da tempo anche nella Repubblica federale. “Lo spaventoso atto di violenza avvenuto in un torneo internazionale di giovani, a Francoforte sciocca il calcio in Germania. In queste ore i nostri pensieri e le nostre preghiere vanno al calciatore di 15 anni e alla sua famiglia. Dobbiamo imparare di nuovo ad avere a che fare gli uni con gli altri in modo civile, e questo vuol dire senza violenza”, ha commentato il vicepresidente della DFB Ronny Zimmermann, parlando alla Dpa. Per l’associazione AG Fair Play, fondata quasi un decennio fa dal calcio tedesco per prevenire la violenza in campo la questione è però ben più ampia: “Non è il calcio ad avere un problema di violenza – sostiene infatti il direttore Gunter A. Pilz, che da anni si occupa del fenomeno -. La violenza è un problema della nostra società, che quindi coinvolge anche il calcio”.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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