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Cronache

Coppie a fiera fertilità, qui non riusciamo a far figli

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A ‘Wish for a Baby’ la fiera della fertilità che si tiene, tra le polemiche, oggi e domani a Milano ci sono diverse coppie eterosessuali che hanno deciso di provare la fecondazione assistita all’estero dopo alcuni tentativi andati male in Italia. Tra le coppie c’è poca voglia di parlare ma qualcuno decide di farlo per raccontare la propria esperienza. Come Francesca, di 31 anni, che insieme al marito aspetta di parlare con una clinica spagnola per tentare lì la fecondazione assistita. “Io ho l’endometriosi al terzo stadio e abbiamo già fatto tre tentativi di Pma in Italia con il servizio sanitario nazionale – spiega – ma con scarsi risultati e poi con un trattamento da bestiame più che da esseri umani. Ogni volta che vai c’è un medico diverso. Sui social ho visto questa fiera a cui partecipano delle cliniche che mi hanno suggerito e quindi ne abbiamo approfittato”. Francesca spiega di essere contraria all’utero in affitto e che non è la pratica che ha scelto per provare ad avere un figlio.

“Io sono per la libertà però, anche se non farei mai questa tecnica, non è una cosa che mi riguarda – dice -. Penso però che devi provare certe cose prima di giudicare perché in un percorso come questo c’è molta sofferenza, credo che in generale ci sia molta ignoranza su questi temi”. “Non sono d’accordo sull’utero in affitto che è vietato. Si rischia davvero una compra vendita di bambini – conclude -. Noi andiamo a parlare con una clinica spagnola per la Pma dove hanno macchinari più evoluti e i prezzi sono simili a quelli italiani. Sui 5 mila euro per la fecondazione omologa e circa 10 mila per la eterologa”.

A ‘Wish for a Baby’ c’è anche Fabio con la moglie. “Siamo qua con mia moglie perché cerchiamo di avere un figlio e abbiamo trovato molte informazioni – racconta -. Proviamo con la fecondazione assistita e quindi ben vegano queste fiere, anche perché con il servizio sanitario nazionale abbiamo tentato ma non abbiamo avuto successo quindi stiamo tentando qui”. In Italia con il servizio sanitario nazionale “non si è assistiti in modo personalizzato, ogni volta c’è un medico diverso e molte cose vengono trascurate – aggiunge – . La maternità surrogata non è la via che vogliamo percorrere”. Anche gli organizzatori della fiera in corso a Milano ci tengono a smentire le voci secondo cui a Wish for a Baby si promuove la maternità surrogata, che in Italia è vietata. “Non parliamo di utero in affitto qua – spiega Maria Chiara Graziano, portavoce e pr dell’evento – e le cliniche che sono qui non promuovono in alcun modo la maternità surrogata. Si parlerà di fertilità e di infertilità, di genitorialità e daremo alle coppie che cercano di avere un figlio informazioni legali e mediche per intraprendere un percorso informato e consapevole”.

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Abusò della figlia, condannato a Milano a 12 anni

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E’ stato condannato a 12 anni di reclusione un 47enne arrestato nel maggio dello scorso anno dai carabinieri, in un’inchiesta del pm Giovanni Tarzia, perché, per quasi 9 anni, secondo l’accusa, ossia tra il 2015 e l’aprile del 2023, avrebbe abusato di una delle sue figlie, da quando la bambina aveva 3 anni, e in un’occasione avrebbe proposto ad un altro uomo, con cui lui aveva una relazione, di partecipare alle violenze.

Lo ha deciso oggi il gup di Milano Domenico Santoro nel processo con rito abbreviato. Davanti al gip Guido Salvini, che aveva firmato l’ordinanza di arresto, il 46enne aveva cercato di difendersi spiegando che questi suoi “deliri sessuali” si erano manifestati, però, “solo negli ultimi due o tre anni”, dopo che si era separato dalla moglie e viveva in un camper e quando aveva cominciato a “fumare crack”. E’ stato proprio l’uomo con cui aveva una relazione, con la sua denuncia dopo quella proposta, a far scattare l’inchiesta. Il 46enne era anche accusato di produzione di materiale pedopornografico, perché avrebbe ripreso col telefono le violenze. Il gip nell’ordinanza aveva messo in evidenza anche “la gravità della proposta” rivolta all’altro uomo “rafforzata dalla condivisione di files multimediali”.

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Sull’inchiesta l’ombra di una talpa. Superteste dai pm

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Come tutte le inchieste di un certo peso, anche su quella della Procura di Genova che ha portato agli arresti domiciliari il governatore della Liguria Giovanni Toti, il suo capo di Gabinetto Matteo Cozzani, l’imprenditore Aldo Spinelli, in carcere l’ex presidente del porto Paolo Emilio Signorini, si allunga l’ombra di una talpa. Per far luce su chi, eventualmente, ha avvisato gli indagati di fare attenzione esiste da tempo un fascicolo per rivelazione del segreto di ufficio. Fascicolo, che oggi è ritornato a galla, e che è stato aperto dai pm guidati dal procuratore Nicola Piacente sulla scorta di una intercettazione del settembre 2020 ora agli atti del filone dell’inchiesta sulla la presunta corruzione elettorale – voti per rieleggere lo schieramento Toti in cambio di posti di lavoro o una casa negli stabili di edilizia popolare – aggravata dall’agevolazione mafiosa. Reato, questo, contestato, oltre che a Cozzani, ad Arturo Angelo Testa e al fratello Italo Maurizio, entrambi destinatari della misura dell’obbligo di dimora, e all’ex sindacalista della Cgil Venanzio Maurici con l’obbligo di firma. Sono stati loro tre, stamani, a chiudere il giro degli interrogatori di garanzia.

L’unico a rispondere al gip Paola Faggioni è stato Arturo Testa, il quale, come ha ripetuto all’uscita del Palazzo di Giustizia, si è difeso: “è stata una campagna elettorale come abbiamo fatto sempre e poi sono 300 voti! – ha affermato -. Io non ho convinto nessuno dei riesini e non ho promesso o fatto favori: chi è di centro destra ha votato centro destra e chi è di centro sinistra ha votato centro sinistra”. E ancora: “Toti lo conosco da quando era coordinatore nazionale di Forza Italia. Noi non abbiamo mai chiesto posti di lavoro. Io fascista? – ha replicato a una domanda . Chi ci conosce dice eresie. Io mi definisco antifascista e il saluto romano era una goliardata”. Poiché ritiene di non aver fatto “nulla di male”, tramite il suo legale, ha chiesto la revoca della misura. Non così il fratello, che si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha depositato una lettera del 2007 scritta alla comunità originaria del comune siciliano dall’allora candidato sindaco del Pd Marta Vincenzi. E ciò come per dimostrare: “così fan tutti”. Anche Maurici non ha risposto ma ha reso dichiarazioni spontanee e la revoca dell’obbligo di presentazione alla pg: “non c’entro niente con nulla. – ha spiegato davati a taccuini e telecamere – L’inchiesta è surreale, nei miei confronti ovviamente.

C’è una grande confusione, smentisco di avere aiutato Toti, cosa che per me è infamante”. Nel pomeriggio, invece, è stato sentito per oltre tre ore dai pm e dalla Gdf quello che potrebbe essere un supertestimone: si tratta di Rino Canavese, componente del comitato di gestione del porto e l’unico non “allineato”. E’ stato il solo a votare contro il rinnovo trentennale della concessione agli Spinelli del Terminal Rinfuse: in un primo momento l’operazione fu infatti “osteggiata” sa Andrea La Mattina, che nel board rappresenta la Regione Liguria, da Giorgio Carozzi, che rappresenta il comune di Genova, e appunto da Canavese. Solo lui però alla fine votò contro (gli altri due, per gli inquirenti, cambiarono opinione per le pressioni ricevute), ritenendo che l’operazione, come si evince dalle intercettazioni, facesse parte di un “meccanismo perverso”, punto su cui avrebbe fornito delucidazioni. Al termine dell’interrogatorio, Canavese ha affermato di sentirsi “molto arrabbiato perché la credibilità che avevamo come sistema portuale non l’abbiamo più”.

La sua deposizione potrebbe essere fondamentale per confermare le accuse sulle quali Toti ha intenzione di rispondere e chiarire davanti ai pubblici ministeri. Stamane il suo legale si è recato dagli inquirenti per parlare dell’interrogatorio: probabilmente si terrà la settimana prossima in quanto i temi da affrontare sono molti. In merito al fascicolo, secondario, per rivelazione del segreto di ufficio il dialogo intercettato risale agli albori dell’inchiesta per corruzione e voto di scambio. I fratelli Testa, iscritti a Forza Italia in Lombardia e da ieri sospesi dal partito, quattro anni fa, mentre erano a Genova per un incontro con alcune persone della comunità riesina, vengono avvicinati da un uomo con la felpa e il cappellino. Si trattava, raccontano le carte, di Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano) Il quale rivolgendosi a Italo Testa lo avvertiva: “Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono …. Stanno indagando”. E l’altro: “si lo so, non ti preoccupare …. L’ho stutato (“spento” in dialetto siciliano, ndr)”. Ora si lavora per individuare chi ha avvertito Lo Grasso. Una ipotesi è una talpa visto che Stefano Anzalone, in quota a Toti e anche lui indagato, è un ex poliziotto con agganci, si ritiene, tra le forze dell’ordine. L’altra ipotesi è che si possa trattare di una sorta di millanteria dello stesso Anzalone che, dopo le elezioni, voleva togliersi di torno i fratelli Testa e non onorare le promesse che avrebbe fatto in cambio dei voti.

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Baby prostitute a Bari, i clienti pagavano fino 1000 euro

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Uomini, per lo più professionisti facoltosi, disposti a pagare mille euro per rapporti sessuali con ragazzine. C’è anche chi ha donato una carta di credito oro “da cui potevamo prelevare più di 20mila euro a settimana ma il pin che ci aveva dato non permetteva il prelievo”, ha raccontato agli inquirenti una delle 16enni coinvolte nel presunto giro di prostituzione scoperto dalla squadra mobile di Bari. “La mia amica che sa tutto di me – ha detto un’altra minorenne coinvolta – un paio di mesi fa mi ha raccontato di rapporti avuti con un uomo di Molfetta che l’ha contattata via Instagram e in seguito le ha dato mille euro”. Denaro che le ragazzine incassavano anche se costrette ad assistere ai rapporti di amiche con adulti.

Sono alcuni dei dettagli contenuti nell’ordinanza, firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Giuseppe Ronzino, che ieri ha portato alla esecuzione di 10 misure cautelari a carico di altrettante persone accusate a vario titolo di aver indotto, favorito, sfruttato, gestito e organizzato la prostituzione delle ragazzine. Gli incontri si organizzavano anche via Telegram, attraverso un gruppo realizzato da uno dei clienti. “Questo gruppo era impostato – ha spiegato una delle ragazzine – in modo tale che ogni giorno si cancellavano tutte le chat”.

Tra gli indagati ci sono anche alcuni dei presunti clienti: si tratta di Fabio Carlino e Roberto Urbino, che sono agli arresti domiciliari, mentre per un altro, Stefano Chiriatti, avvocato di 55 anni di Lecce, è stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza, come per il 45enne barese Michele Annoscia che gestiva una struttura ricettiva in cui “tollerava l’esercizio della prostituzione”, si legge negli atti dell’inchiesta. In carcere sono finite quattro donne, Marilena Lopez di 35 anni, Federica Devito di 25 anni, Elisabetta Manzari di 24 anni e la 21enne Antonella Albanese.

Per quest’ultima il gip al termine dell’interrogatorio di garanzia che si è svolto nel pomeriggio di oggi, ha disposto i domiciliari perché ha “ammesso gli addebiti contestati in merito alla introduzione nella attività di prostituzione” di una delle 16enni coinvolte. In cella sono finiti anche il 29enne Ruggero Doronzo, originario di Trani; e Nicola Basile di 25 anni. Il 25enne ha respinto l’accusa di aver organizzato, gestito e sfruttato il giro di prostituzione minorile ammettendo di aver avuto rapporti sessuali, a suo dire, “consenzienti e non a pagamento” con due sedicenni, una delle quali conosciuta da tempo. L’uomo avrebbe anche confermato di aver passato il numero di telefono della sua amica a un uomo di 55 anni con cui lui giocava a poker e di averlo fatto per favorire un incontro che pare abbia fruttato alla 16enne o a chi gestiva il giro di prostituzione tra i 400 e i 500 euro. Nei prossimi giorni saranno ascoltati anche gli altri indagati.

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