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Esteri

La Finlandia entra nella Nato, Mosca minaccia ritorsioni

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Al quartier generale della Nato, a Bruxelles, son tutte pacche sulle spalle e l’espressione “giornata storica” spunta praticamente ovunque, che si tratti del discorso ufficiale del segretario generale Jens Stoltenberg o della caffetteria nella piazza pubblica del mastodontico edificio – uno Starbucks, guarda caso. Però è così. La Finlandia è ufficialmente il 31esimo alleato. “Per noi finisce l’era del non allineamento e ne inizia un’altra”, ha commentato il presidente Sauli Niniisto. Gli effetti pratici: con un tratto di penna – l’ultima firma che mancava ai protocolli – la frontiera tra la Russia e l’Alleanza Atlantica è cresciuta di 1.300 chilometri. Non stupisce dunque che la Russia minacci “contromisure” per la sua sicurezza.

Ma è chiaro che Vladimir Putin ha solo se stesso da incolpare. Il segretario di Stato americano Antony Blinken dice apertamente che “l’aggressione della Russia all’Ucraina ha portato molti Paesi a credere di dover fare di più per la propria sicurezza” e quindi va “ringraziato” lo zar se la Nato ora può contare su un nuovo membro potente nel “profondo nord”, uno dei teatri più sensibili per gli equilibri odierni. Blinken ha poi lanciato un messaggio inequivocabile a Turchia e Ungheria: “E’ arrivata l’ora di accogliere anche la Svezia”. Ormai è sempre più probabile che il momento della Svezia coinciderà con il summit di Vilnius, a luglio. Dunque giusto un anno dopo essere stata formalmente invitata a far parte della Nato.

“Le nostre porte non sono mai state spalancate più velocemente di così”, evidenzia un diplomatico alleato. Un processo di allargamento (l’ennesimo) che porta con sé pure qualche rischio. Il Cremlino definisce infatti l’ingresso di Helsinki nell’Alleanza come “una minaccia alla sicurezza della Russia” e annuncerà le sue risposte “a tempo debito”. Mosca, assicura, seguirà con “attenzione” i movimenti di armi e infrastrutture militari “sul territorio finlandese”. La Nato in realtà non ha alcuna intenzione di aggiungere tensione a un quadro già sufficientemente precario. “Non prevediamo di dislocare uomini e mezzi in tempi brevi”, assicura un alto funzionario.

“I battaglioni avanzati al momento sono otto e semmai saranno i finlandesi a unirsi con i loro uomini: Helsinki ha una grande esperienza nella difesa territoriale, qui siamo noi a poter imparare da loro”. Insomma, la Finlandia se la sa cavare da sola – può mobilitare con facilità 280mila soldati, ha armi moderne, un’aviazione potente nonché una marina efficiente – e ora può persino contare sulla protezione dell’articolo 5. Resta il fatto che in Bielorussia sono arrivati – stando al ministro della Difesa russo Serghei Shoigu – i missili Iskander, capaci di montare sia testate convenzionali che quelle tattiche nucleari. Mossa che “pregiudica la sicurezza europea”, secondo le parole dell’alto rappresentante Josep Borrell. La Nato vigila ma – almeno pubblicamente – non si dice preoccupata. Chi invece freme è l’Ucraina. Che la guerra ce l’ha in casa. “Siamo qui per discutere del nostro futuro ingresso nell’Alleanza, oltre che per chiedere più celerità nella consegna del materiale necessario alla controffensiva”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba prendendo parte alla riunione della commissione Nato-Ucraina (non si teneva dal 2017, su opposizione dell’Ungheria). Stoltenberg ha assicurato che il destino del Paese è “all’interno della famiglia euroatlantica” ma quel giorno non sarà domani. Né dopodomani. Ecco perché gli alleati sono chiamati oggi a costruire un meccanismo per “approfondire la partnership con Kiev” in modo che la Russia non la possa invadere ancora quando la guerra “sarà finita”. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno annunciato un nuovo invio di armi per un totale di 2,6 miliardi di dollari. La Russia d’altra parte continua ad attaccare e martedì mattina sono stati lanciati droni sul porto di Odessa ed altre regioni del sud (la contraerea è riuscita ad abbatterne 14). In sintesi: Kiev guarda Helsinki con benevola invidia.

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Xi vuole “lavorare con Parigi per risolvere crisi Ucraina”

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In un articolo su Le Figaro all’inizio della sua visita in Francia, Xi Jinping ha espresso l’intenzione di “lavorare con la Francia e l’intera comunità internazionale” per “risolvere la crisi” in Ucraina.

“Ci auguriamo che la pace e la stabilità ritornino rapidamente in Europa e intendiamo lavorare con la Francia e l’intera comunità internazionale per trovare buone strade per risolvere la crisi” in Ucraina, ha scritto il presidente cinese in un articolo sul quotidiano Le Figaro.

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Le accuse del Financial Times: la Russia prepara sabotaggi violenti in Europa

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Mosca sta preparando attentati contro le infrastrutture europee, mettendo a rischio anche la vita di civili. E’ l’allarme lanciato oggi dal Financial Times proprio nel giorno in cui le truppe russe continuano ad avanzare sul campo di battaglia ucraino. Il giornale della City sottolinea che sono state diverse agenzie di intelligence europee ad aver avvisato i loro rispettivi governi sulle nuove minacce russe, anche sulla base di diverse indagini in corso. Secondo le fonti citate dal quotidiano inglese, “la Russia ha già iniziato a preparare più attivamente in segreto attentati dinamitardi e attacchi incendiari per danneggiare le infrastrutture sul territorio europeo, direttamente e indirettamente, senza preoccuparsi apparentemente di causare vittime civili”.

Sebbene gli attacchi degli agenti del Cremlino in Europa siano stati finora sporadici, per il giornale, “aumentano le prove di uno sforzo più aggressivo e concertato”. Una convinzione che trapela da tantissimi esponenti dell’intelligence europea, da quella tedesca a quella inglese, dai servizi francesi, svedesi a quelli cechi e estoni. In particolare, il Ft menziona il capo dei servizi di sicurezza interna tedesca, Thomas Haldenwang, il quale il mese scorso – in una conferenza – ha affermato che il rischio di atti di sabotaggio è “aumentato in modo significativo”.

La Russia, ha aggiunto, ora sembra a suo agio nell’eseguire operazioni sul suolo europeo “con un alto potenziale di danno”. Haldenwang era intervenuto pochi giorni dopo l’arresto di due cittadini russo-tedeschi a Bayreuth, in Baviera, accusati di aver complottato per attaccare siti militari e logistici in Germania per conto della Russia. Un caso simile era accaduto anche nel Regno Unito: a fine aprile, ricorda l’articolo, due uomini sono stati accusati di aver dato fuoco a un magazzino contenente aiuti per l’Ucraina. Per la procura inglese, hanno agito anche loro su mandato di Mosca.

Stessa storia, in Svezia: i servizi di sicurezza di Stoccolma stanno indagando su una serie di recenti deragliamenti ferroviari e sospettano che siano atti di sabotaggio appoggiati da uno Stato ostile. La Russia, inoltre, ha tentato di distruggere i sistemi di segnalamento delle ferrovie ceche, aveva detto il mese scorso, sempre all’Ft, il ministro dei Trasporti ceco. Secondo il servizio di sicurezza interna estone inoltre, sono stati gli uomini dell’intelligence russa ad aver attaccato a febbraio le auto del ministro degli Interni e quelle di alcuni giornalisti. Anche il ministero della Difesa francese ha messo in guardia quest’anno su possibili azioni di sabotaggio da parte della Russia contro siti militari.

“La conclusione ovvia è che c’è stato un reale incremento dell’attività russa”, ha commentato Keir Giles, consulente senior del think tank Chatham House. Un alto funzionario governativo europeo ha inoltre dichiarato al giornale che attraverso i servizi di sicurezza della Nato sono state condivise informazioni su una “chiara e convincente azione russa”, coordinata e su larga scala. Ora, ha concluso, è giunto il momento di “aumentare la consapevolezza e l’attenzione” sulla minaccia della violenza russa sul suolo europeo. Infine, appena giovedì scorso la Nato ha diffuso una nota in cui si affermava che i Paesi alleati sono “profondamente preoccupati” per le recenti “attività ostili” della Russia, di natura ibrida, sull’onda dei casi recenti che hanno portato all’indagine e all’incriminazione di più individui in Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca.

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Zelensky finisce nella lista dei ricercati di Mosca

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La foto segnaletica è precedente alla guerra, scattata quando indossava ancora camicia e giacca, senza la barba e la mimetica che dal febbraio 2022 sono diventate simbolo del suo ruolo di guida della resistenza ucraina. In una mossa a sorpresa, Volodymyr Zelensky è finito sulla lista dei ‘most wanted’ del ministero dell’Interno russo, dopo che nei suoi confronti è stato aperto un non meglio specificato procedimento penale. Nel database infatti il presidente ucraino, nemico numero uno dello zar Vladimir Putin, è ricercato ai sensi di “un articolo” del codice penale russo. Quale sia resta un mistero, mentre il ministero degli Esteri ucraino ha liquidato la faccenda come l’ennesima “prova della disperazione della macchina statale e della propaganda russa, che non ha altre scuse degne di nota da inventare per attirare l’attenzione”.

Secondo Kiev, l’unico mandato d’arresto “del tutto reale e soggetto a esecuzione in 123 Paesi del mondo” è quello emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin con l’accusa di crimini di guerra. E sui media ucraini corre l’ipotesi che l’inserimento di Zelensky nella lista dei ricercati nasca proprio dal desiderio di vendetta per quel mandato internazionale, uno schiaffo senza precedenti mai digerito dallo zar. Oltre a Zelensky, il ministero dell’Interno russo ha emesso un ordine di arresto anche per l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko e l’ex ministro ad interim della Difesa e attuale rettore dell’Università nazionale di difesa dell’Ucraina, Mikhail Koval. Anche per loro mancano i reati contestati, così come avvenuto in altri ordini di arresto nei mesi scorsi. Dall’inizio dell’invasione, sono diversi infatti i politici e personaggi pubblici stranieri inseriti nella lista nera di Mosca che conta decine di migliaia di voci.

L’anno scorso, i russi hanno dichiarato ricercati l’allora capo delle forze armate Valery Zaluzhny e l’allora comandante delle forze di terra Oleksandr Syrsky, oggi a capo dei militari di Kiev. E proprio a seguito dell’ordine di arresto emesso contro Putin è finito nell’elenco dei ricercati anche Rosario Aitala, il giudice italiano responsabile di quel mandato. A febbraio, è stato aggiunto il nome della premier estone Kaja Kallas insieme a quelli di altri funzionari dei paesi baltici. Per loro la motivazione è stata resa nota ma suona draconiana: “Falsificazione della storia”. Mentre la Russia mischia la guerra con la giustizia interna, lo scontro prosegue in Ucraina, dove il tempo stringe per Zelensky che chiede “decisioni tempestive e adeguate sulla difesa aerea dell’Ucraina, fornitura tempestiva di armi ai nostri soldati”.

Secondo il leader ucraino, “solo questa settimana i terroristi hanno compiuto più di 380 attacchi contro le nostre città e regioni”. Un uomo è morto e cinque persone sono rimaste ferite negli attacchi di Mosca dell’ultima giornata sulla martoriata Kharkiv mentre le forze di Kiev continuano ad attaccare le regioni russe di confine: cinque feriti nell’ultimo raid su Belgorod. Nel frattempo giungono raccapriccianti resoconti delle politiche portate avanti dai russi nei territori del Donbass, dove anche i neonati innocenti sono vittime della guerra: il capo dell’amministrazione militare del Lugansk, Artem Lysogor, ha annunciato che da lunedì prossimo le madri che partoriscono negli ospedali della regione dovranno dimostrare la cittadinanza russa di almeno uno dei genitori del neonato affinché quest’ultimo possa essere dimesso dall’ospedale. Una norma – sottolinea il think tank americano Isw – che rappresenta una palese violazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.

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