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Schlein, Piantedosi si dimetta. È scontro con governo

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Il ministro dell’Interno ha usato “parole indegne” e “inadeguate al suo ruolo” di fronte alla tragedia dei migranti a Cutro. E deve dimettersi. Nel suo primo intervento in Parlamento da segretaria del Pd Elly Schlein chiede il passo indietro di Matteo Piantedosi e lo fa guardando in faccia il ministro in commissione, in una audizione che doveva vedere l’illustrazione delle linee del ministero e si trasforma, come già al Senato, in un botta e risposta con le opposizioni sui dettagli del naufragio, su cui indaga anche la magistratura. Schlein sarà a Crotone proprio nel giorno in cui anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella andrà a rendere omaggio alle vittime.

Mentre la premier vola in missione in India ed Emirati Arabi, dopo avere scritto a Bruxelles per richiamare la Ue alla corresponsabilità. “Opposizione dura” aveva detto di aspettarsi Giorgia Meloni, ed è stata subito accontentata. Il presidente del Consiglio continua a chiamare in causa anche nella missiva indirizzata a Consiglio, Commissione e presidenza di turno della Ue. Il tema, assicurano da Bruxelles, sarà all’ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 marzo. E si vedrà se ci saranno quelle “iniziative concrete” che la premier torna a chiedere agli altri Paesi perché l’Italia non può restare “sola in questa battaglia di civiltà”. Nella lettera la premier torna a ribadire i passaggi chiave della politica del governo sull’immigrazione: distinguere tra “profughi” e “migranti economici”, avere una “politica comune sui rifugiati”, agire sui canali legali di ingresso, stanziare subito risorse per fare in modo che i Paesi di origine e di transito “collaborino attivamente” per fermare le partenze illegali. Partenze che, dice Matteo Salvini difendendo a spada tratta il suo ministro, “sono morti annunciate”. Anche il resto della maggioranza fa quadrato attorno a Piantedosi e accusa le opposizioni di “strumentalizzare” e di avere utilizzato la commissione per “processare” il ministro. Certo le sue dichiarazioni qualche imbarazzo lo hanno creato.

La premier non è mai intervenuta direttamente sulle polemiche innescate dalle parole di Piantedosi ma, racconta chi le ha parlato negli ultimi giorni, è rimasta colpita, dispiaciuta dall’uscita del ministro – che in ogni caso non è in discussione. Il fedelissimo Francesco Lollobrigida alla Camera prima cerca di glissare l’assalto dei giornalisti poi dice che sì, “approfondire” è utile a tutti per arrivare alla “verità”. E Antonio Tajani – che parla a lungo in Transatlantico con Lollobrigida – sposta l’attenzione sull’attività svolta da Piantedosi, sui “corridoi umanitari” organizzati per la Libia, sugli altri interventi fatti per soccorrere “le persone in difficoltà”. Il meccansimo però questa volta quantomeno si è inceppato ma “i chiarimenti arriveranno, c’è un’indagine, la magistratura farà chiarezza su tutto”.

I partiti di opposizione, Pd in testa, chiedono però che questi chiarimenti arrivino quanto prima. Non basta la promessa di Piantedosi di assumersi tutte le sue “responsabilità” se dovesse emergere una “debolezza del ministero”. Il ministro, che professa il suo orgoglio per essere definito “questurino”, “orgoglio di essere stato un funzionario dello Stato”, legge la parte preparata del suo intervento in commissione, e quando alza gli occhi si rivolge sempre a Schlein. Che quando è il suo turno va giù duro contro il ministro che ha usato espressioni “disumane”. E chiede risposte puntuali sulla dinamica del naufragio. E dei mancati soccorsi. I dem presenteranno anche un atto di sindacato ispettivo non solo a Piantedosi ma anche allo stesso Salvini – cui fa capo la Guardia di Finanza – perché vengano in Parlamento a spiegare cosa è andato storto a Crotone. Una richiesta che potrebbe essere girata anche alla premier che a metà mese, mercoledì 15 marzo, risponderà al suo primo question time alla Camera.

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L’Anac, corruzione rafforza mafie e inquina la democrazia

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“La corruzione mortifica legittime aspettative, deteriora la qualità dei servizi pubblici, rafforza le mafie, inquina la democrazia. Ha un costo, quindi, sociale, civile e umano, oltre che economico”. Nel decennale della sua nascita, l’Autorità Nazionale Anticorruzione consegna al Parlamento la tradizionale relazione evidenziando problemi e criticità di un Paese che – per usare le parole del presidente Giuseppe Busia – ha “il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’Unione Europea, stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata”. La corruzione, dunque, continua a essere uno dei mali di cui soffre l’Italia e ha inevitabili ripercussioni in ogni ambito, dal lavoro alla salute, dagli appalti all’occupazione. In Parlamento, Busia ha provato a sintetizzare un anno in cui l’anticorruzione ha gestito 1.294 istruttorie, oltre ad aver avviato 395 procedimenti e gestito 441 istanze di precontenzioso.

“Anche quando non uccide – spiega il presidente dell’Anac -, la corruzione arreca danni inestimabili, affinando le sue armi con mezzi sempre più subdoli. Opere non ultimate, o completate con smodati ritardi e sperpero di risorse pubbliche. Imprese sane che falliscono a causa di un mercato poco aperto e trasparente. Giovani eccellenze costrette a cercare all’estero chances di realizzazione professionale, sottratte in patria da concorsi poco trasparenti”. Nella relazione, inevitabile è il passaggio sui fondi del Pnrr che – spiega Busia – ha dato impulso alla contrattualistica pubblica “con un valore complessivo degli appalti avviati di importo pari o superiore a 40.000 euro che si attesta attorno ai 283,4 miliardi di euro”. Si tratta di un aumento, scrive il presidente, “del 36,4% a confronto con il 2021, e addirittura del 65,9% rispetto al 2019”. Questi numeri, avverte però Busia, “non dicono tutto”.

“Avviare un procedimento non significa che si sarà in grado di chiuderlo in tempo, come aprire un cantiere non basta ad assicurare il completamento dei lavori in tempo utile e in modo adeguato”. Ecco perché “la strada è ancora lunga”. E con l’avvicinarsi della scadenza del 2026, “la salita diverrà sempre più ripida e per percorrerla – è il monito e l’invito – servirà lo sforzo congiunto di tutte le istituzioni, ai diversi livelli territoriali”. La relazione contiene anche numerosi appelli al legislatore, compreso quello per una disciplina organica sulle lobby.

“Una normativa che, rifuggendo da tentazioni criminalizzatrici – è il ragionamento dell’Anticorruzione – si ponga l’obiettivo di garantire piena trasparenza sull’attività dei portatori di interesse, anche mediante la creazione di canali digitali, accessibili a tutti, attraverso i quali tanto le lobby più organizzate e strutturate, quanto quelle dotate di mezzi minori, possano far pervenire le proprie proposte ed osservazioni”. Nel suo intervento, Busia, ha tenuto anche a ricordare le vittime della corruzione, “persone alle quali la corruzione ruba opportunità, prospettive, benessere, talvolta persino la vita”.

“Sono vittime della corruzione, intesa in senso amministrativo e non solo penalistico – scrive -, le donne e gli uomini sepolti vivi sotto le macerie di infrastrutture ed edifici costruiti con la sabbia al posto del cemento; i lavoratori schiacciati o soffocati nei cantieri perché chi avrebbe dovuto vigilare sulla loro sicurezza è stato indirizzato verso altri obiettivi; i pazienti che scontano la scarsa qualità di attrezzature sanitarie acquistate attraverso procedure opache; i bambini malnutriti, nei Paesi più fragili, a causa di aiuti umanitari che si perdono nelle pieghe di torbidi intrecci tra burocrazia e malaffare”.

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Cybersicurezza: odg Costa, l’uso del Trojan va regolamentato

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“Si impegna il Governo a prevedere l’introduzione, nel primo provvedimento utile, di una disciplina organica del captatore informatico che rifletta il miglior bilanciamento tra le esigenze investigative e i principi di cui agli articoli 14 e 15 della Costituzione” cioè la tutela del domicilio e il principio della riservatezza. E’ quanto prevede l’ordine del giorno che il deputato di Azione Enrico Costa ha appena presentato al ddl sulla cybersicurezza. Un odg in cui si chiede di fatto una precisa e più severa regolamentazione dell’uso del Trojan, il captatore informatico usato in molte inchieste giudiziarie come quella ligure.

Nell’ordine del giorno di Enrico Costa, firmato anche dalla deputata di Italia Viva, Maria Elena Boschi e dal capogruppo di FI in Commissione Giustizia PIetro Pittalis, si dice anche che “risulta necessario prevedere una disciplina organica che, da un lato, indichi le gravi forme di criminalità per le quali ammettere l’utilizzo del captatore informatico e, dall’altro, dettagli le condizioni applicative e le modalità operative di utilizzo, con l’obiettivo di bilanciare l’accertamento delle ipotesi delittuose ed i principi costituzionali previsti dagli articoli 14 e 15 della Costituzione”.

Dopo aver definito il Trojan “un sistema dissimulato, inoculato da remoto, che invade il terreno della riservatezza penetrando anche nelle sfere più intime e private”, Costa sottolinea come il captatore informatico sia anche “uno strumento itinerante, che si sposta di “ambiente” in “ambiente”, potenzialmente in grado di accendere la webcam, di attivare il microfono e di captare conversazioni, di leggere qualsiasi dato venga archiviato all’interno del cellulare (dagli indirizzi in rubrica, agli sms, ai messaggi whatsapp, agli appunti salvati nelle note), di visualizzare le fotografie, di registrare la “tracciabilità” del possessore del cellulare funzionando da GPS, di catturare segretamente tutto ciò che viene digitato nel dispositivo, potendo quindi risalire anche ad eventuali password o numeri di carte di credito”.

Costa pertanto racconta anche la storia di questo strumento di indagine, a cominciare dalle sentenze della Cassazione che ne parlano e dagli interventi che ci sono stati da parte del legislatore negli anni, chiedendo con il suo ordine del giorno che il legislatore intervenga per “disciplinare” la materia visto che a suo avviso il Trojan è molto “più invasivo” delle normali intercettazioni. L’ordine del giorno, secondo quanto si apprende, potrebbe ricevere il parere favorevole del governo e pertanto venire approvato.

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De Luca: straordinaria vittoria sui fondi per la Campania

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“Il Consiglio di Stato ha confermato pienamente le tesi della Campania, ha censurato i ritardi, e stabilisce l’inaccettabilità delle procedure messe in campo dal Governo. E’ il risultato della battaglia di civiltà e di dignità nella quale si sono impegnati in questi mesi centinaia di sindaci, amministratori, semplici cittadini. E’ un motivo di grande speranza e di grande soddisfazione per quanti hanno creduto nella giustizia amministrativa del nostro Paese”. Così il governatore Vincenzo De Luca sulla decisione del Consiglio di Stato in relazione ai fondi per la Campania, giudicata una “straordinaria vittoria” dopo mesi di polemiche.

Il Consiglio di Stato, ricorda ancora De Luca, “ha considerato pretestuosa la sopravvenienza dell’articolo 10 del Decreto coesione: smantellata la norma che surrettiziamente introduceva la vicenda Bagnoli nel Fondo di sviluppo e coesione”. “Ci si augura che a questo punto sia terminata la lunga e vergognosa catena di pretesti, di dilazioni, di ritardi strumentali, che ha penalizzato e penalizza le imprese, le famiglie, i Comuni della Campania. Ci si augura di poter cominciare a lavorare nell’interesse delle nostre comunità”, conclude il presidente della Regione.

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