Collegati con noi

Politica

Scommessa Ue su integrazione vale 2800 mld di Pil

Pubblicato

del

L’Unione europea si trova davanti a un bivio. Se sarà capace di andare avanti sulla strada dell’integrazione potrà ottenere entro il 2023 una aumento supplementare del Pil – rispetto a quello previsto in assenza di nuove iniziative – di ben 2.800 miliardi e un ritmo di crescita medio del 2,9%. Se invece imboccherà la strada della frammentazione il valore del Pil scenderà di oltre 2000 miliardi e la crescita media sarà limitata allo 0,6%. Questi i due scenari estremi che emergono dalle stime sul ‘valore aggiunto’ di politiche comuni che i 27 Paesi Ue potrebbero mettere in campo nei prossimi anni. Stime formulate dal servizio studi dell’Europarlamento in un documento appena pubblicato dedicato al tema del costo della ‘non-Europa’. L’analisi condotta parte dalla constatazione che in questi ultimi anni, in una situazione di ‘permacrisi’ e davanti a importanti sfide, l’Ue ha dimostrato come le azioni congiunte – gli acquisiti comuni di vaccini, il programma Sure contro la disoccupazione, il NextGenerationEu – abbiano conseguito risultati che da sole le singole nazioni non sarebbero mai state in grado di raggiungere.

Senza che ci sia bisogno di modificare i Trattati costitutivi dell’Unione, lo studio curato e coordinato da Lauro Panella, già nel gabinetto di Antonio Tajani in Commissione e al Parlamento, mette in evidenza che, sfruttando i margini di manovra già esistenti, una maggiore integrazione tra i 27 in 50 settori potrebbe portare non solo importanti progressi nel campo dei diritti sociali e dell’ambiente, ma anche benefici considerevoli in termini di maggiore crescita del Prodotto interno lordo. In questo scenario i margini di miglioramento maggiori sono nell’ambito del mercato unico, dove le azioni comuni darebbero alla crescita una spinta aggiuntiva pari a 644 miliardi. La sola estensione ad altri prodotti dell’indicazione geografica finora riservata a quelli agricoli frutterebbe 11 miliardi l’anno in più.

Ma particolarmente significativi sono anche i benefici che potrebbero essere generati, secondo lo studio, da un’ulteriore integrazione delle iniziative per la transizione energetica verso l’obbiettivo ‘zero emissioni’: 300 miliardi entro il 2030 e 730 miliardi per il 2050. Con la creazione di oltre due milioni di posti di lavoro per il 2030 e altrettanti entro il 2050. Nel complesso, anche tenendo conto della necessità di ridistribuire risorse in favore delle fasce della popolazione più vulnerabili, una transizione verde più integrata potrebbe generare in termini di Pil al 2023 circa 440 miliardi in più. Al terzo posto, nella lista delle macro aree in cui azioni collettive strategiche avrebbero un maggiore impatto positivo, c’è la transizione digitale. Qui interventi come l’armonizzazione delle regole sul commercio elettronico, la cybersicurezza, il sostegno alle digitalizzazione delle piccole e medie imprese potrebbero fruttare benefici ulteriori, rispetto allo scenario del mantenimento dello status quo, per un totale di 348 miliardi di euro.

Advertisement

Politica

L’Italia a giudizio alla Cedu per la legge elettorale

Pubblicato

del

L’Italia dovrà spiegare all’Europa se le diverse modifiche apportate negli ultimi anni alla legge elettorale hanno violato la libertà di voto dei cittadini: la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha ammesso il ricorso avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali proprio quei cambiamenti hanno comportato la violazione dei diritti nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte da Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale a febbraio ma la notizia si è diffusa oggi e ora il governo ha tempo fino al 29 luglio per replicare. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: “la Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato”.

Il ricorso è stato depositato alla fine di gennaio del 2023 da Staderini – segretario dei Radicali Italiani dal 2009 al 2013 – e da diversi cittadini: alle elezioni del 2022 in circa 500 sono andati ai seggi verbalizzando il loro dissenso e spiegando le ragioni dell’astensione. E quella documentazione è alla base della richiesta alla Cedu, che riguarda “l’instabilità della legge elettorale e la compatibilità” del Rosatellum “con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani”. “Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco. Prima il Porcellum, poi il Rosatellum, domani chissà cosa”.

Lo individua il deputato di Alleanza Verdi e sinistra Angelo Bonelli, il ‘cosa’: la decisione della Cedu “mette in seria discussione il premierato voluto da Meloni”. Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge del giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza non consente di esprimere il voto separato, vale a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale. Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, “queste ultime introdotte solo 3 mesi prima delle legislative” osserva la Cedu, che vuole sapere se “i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni”.

In seconda battuta la Corte chiede se il Rosatellum, “impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni”. Ed infine, i giudici vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso “effettivo” davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani, se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.

Continua a leggere

Politica

Giorgetti: ripresi 15 miliardi di truffe su 215 di Superbonus

Pubblicato

del

“Con le indagini fatte dalla Guardia di Finanza abbiamo già recuperato più di 15 miliardi richiesti indebitamente allo stato come crediti fiscali” nell’ambito del Superbonus. Lo afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolineando che “di quei 215 miliardi 15 in qualche modo ne usciranno, ma al netto delle truffe dobbiamo tornare alla normalità, dobbiamo tornare sulla terra”. “Io – prosegue – ricordo che oggi in Italia è ancora previsto un beneficio del 70% per chi ristruttura la propria abitazione. Qual è quella nazione in Europa o al mondo che offre lo stesso beneficio?”. “A tutti quelli che si lamentano e contestano – aggiunge – inviterei a fare questa valutazione”.

Continua a leggere

Politica

Scontro sul tax credit, il cinema ostaggio dei partiti

Pubblicato

del

A Cannes, assicura l’opposizione, non si parlerebbe d’altro: il contenuto del decreto di riparto del fondo cinema che starebbe “avendo effetti devastanti sulla promozione del cinema italiano” al festival del cinema. Dove, si sostiene, monta la preoccupazione per il taglio di circa 130 milioni di euro al tax credit così come il raddoppio dei contributi selettivi che “riportano il sistema di finanziamento della produzione audiovisiva indietro nel tempo con lungaggini, burocrazia e il rischio di politicizzazione delle scelte da parte di commissioni nominate dalla politica senza ancora nessuna indicazione sulle modalità di scelta dei commissari”.

Una politica che “non sta passando inosservata agli operatori internazionali” sostiene il Pd che punta l’indice contro “l’occupazione degli istituti culturali che sta portando avanti il ministro Sangiuliano” e che gli fa temere che “che anche nel cinema vengano nominati gli amici degli amici e i compagni di partito”. Un’accusa che il partito della premier e del ministro della Cultura rimanda dritto contro l’opposizione.

La Riforma Sangiuliano è “una cesura con l’amichettismo e l’autoreferenzialità, che fanno il paio con sale vuote e tasche piene, ma solo di qualche organico al conformismo rosso. Comprendiamo le critiche della sinistra, che nel solco di un ‘taxi’ credit per i propri amici difende schemi e retaggi di potere che però non hanno fatto il bene del settore” ribatte Alessandro Amorese, capogruppo di FdI in commissione Cultura della Camera che palude a “questa ulteriore svolta, in linea con un’epoca nuova” inaugurata dal ministro.

Di certo la Riforma Sangiuliano preoccupa gli operatori. In un appello congiunto, 10 associazioni di rappresentanza degli autori, registi, produttori chiedono al ministro di garantire la “massima competenza e professionalità nelle commissioni” che selezioneranno le opere ammesse agli investimenti dopo il “sensibile aumento dei fondi selettivi a discapito di quelli automatici e del tax credit”.

Agici, Air 3, Anac, Unione produttori Anica, Asifa, Cartoon Italia, DocIt, Unita e Wgi- temono la discrezionalità delle scelte delle Commissioni che si troveranno “a decidere di una cifra quasi doppia rispetto agli anni precedenti, cifra nella quale rientra anche una voce inedita che monopolizza circa il 60% del totale delle risorse, voce relativa a Opere su personaggi e avvenimenti dell’identità” culturale italiana.

Prova a correre ai ripari il Pd presentando in Commissione una risoluzione per potenziare i finanziamenti all’industria audiovisiva ed arginare gli effetti del decreto “sulla capacità del nostro sistema di attrarre i grandi investimenti internazionali”. Tra le misure proposte, il potenziamento dei finanziamenti e il tax credit per l’industria del cinema, la promozione di iniziative a sostegno del comparto da rilanciare, tra l’altro, con la riduzione del biglietto di accesso in sala ai giovani tra i 14 e i 18 anni.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto