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Bolsonaro: in marzo torno in Brasile e guido opposizione

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L’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro intende tornare in Brasile a marzo per guidare l’opposizione politica al suo successore Luiz Inácio Lula da Silva e difendersi dalle accuse di aver incitato gli attacchi dei manifestanti contro gli edifici governativi il mese scorso. “Il movimento di destra non è morto e continuerà a vivere”, ha detto Bolsonaro al Wall Street Journal nella sua prima intervista da quando ha lasciato il Brasile per la Florida alla fine dell’anno scorso, dopo una sconfitta elettorale di misura contro Lula.

L’ex presidente brasiliano ha spiegato che lavorerà con i suoi sostenitori al Congresso e nei governi statali per promuovere quelle che ha definito politiche a favore delle imprese e per combattere l’aborto, il controllo delle armi e altre politiche che, secondo lui, sono contrarie ai valori della famiglia. Bolsonaro, che non ha ammesso la sconfitta, è sembrato moderare le sue critiche al risultato elettorale. “Perdere fa parte del processo elettorale”, ha detto. “Non sto dicendo che ci sia stata una frode, ma il processo elettorale è stato di parte”. I pubblici ministeri brasiliani hanno accusato l’ex presidente di aver incitato le rivolte a gennaio con post sui social media che mettevano in guardia contro le frodi elettorali. Il ‘capitano del popolo’, che era in Florida quando si sono verificati i disordini, ha detto di essere innocente ed estraneo a qualsiasi illecito, accogliendo con favore un’indagine sugli eventi di gennaio. “Non ero nemmeno lì, e vogliono dare la colpa a me!”, ha osservato. Bolsonaro ha sostenuto di essere sgomento per la violenza, che all’epoca ha condannato in un post su Twitter, ma ritiene che non ci sia stato un tentativo di rovesciare il nuovo governo. “Colpo di Stato? Quale colpo di Stato? Dov’era il comandante? Dov’erano le truppe, dov’erano le bombe?”, si è domandato. Ora non vede l’ora di tornare a casa, anche se riconosce che ci sono rischi legali. “Un ordine di carcerazione può arrivare dal nulla”, ha detto. Quanto al futuro, ha confessato di essere ancora indeciso se candidarsi di nuovo alla presidenza del Brasile, ammettendo che il lavoro è stato “molto più difficile” di quanto immaginasse.

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Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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