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Cronache

La Difesa di Berlusconi al Ruby ter, ‘nessuna corruzione’

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A distanza di oltre 6 anni dalla prima udienza del gennaio 2017, il processo milanese sul caso Ruby ter a Silvio Berlusconi e altri 28 imputati, tra cui una ventina di ‘ex olgettine’, arriverà a sentenza il 15 febbraio. Oggi, davanti ai giudici della settima penale, è andata in scena l’ultima udienza di botta e risposta tra difesa e accusa. Da un lato, il professor Franco Coppi, legale del Cavaliere, ha puntato su dei temi giuridici che, a suo dire, bastano e avanzano per cancellare l’imputazione di corruzione in atti giudiziari. Dall’altro, i pm hanno fatto notare come i difensori si stiano appellando ad “una sentenza che dribbli in tutti i modi le prove raccolte”. “La nostra richiesta è che il dottor Berlusconi venga assolto perché il fatto non sussiste.

Noi non neghiamo che abbia versato denaro alle persone coinvolte nei processi Ruby, ma continuiamo a sostenere che non l’abbia fatto per finalità corruttive”, ha esordito Coppi nella breve arringa, mezz’ora in tutto, arrivata dopo l’intervento dell’altro legale, l’avvocato Federico Cecconi. La difesa ritiene che quei versamenti alle ex ospiti delle serate del ‘bunga-bunga’ ad Arcore siano stati effettuati non per comprare la loro reticenza come testi dei processi Ruby 1 e 2, ma per aiutare le ragazze e per risarcirle dei danni a loro causati dallo scandalo mediatico. In alcuni casi, aveva messo in luce Cecconi, alcune delle giovani avrebbero anche tentato di ricattare l’ex premier.

Coppi, poi, si è concentrato su una questione giuridica che nella convinzione della difesa dovrebbe portare i giudici “ad ignorare tutte le problematiche in fatto”, ossia il merito dell’accusa di corruzione. Il collegio presieduto da Marco Tremolada, infatti, a novembre 2021 con un’ordinanza ha dichiarato inutilizzabili tutti i verbali delle ragazze resi nei processi Ruby (le presunte false testimonianze), perché le giovani, secondo il Tribunale, andavano già indagate dal marzo 2012 e sentite in aula con la garanzia dei testimoni assistiti da avvocati. Cosa non avvenuta.

“Se tutte queste promesse e versamenti di denaro contestati – ha chiarito Coppi – sono stati fatti a persone che non erano testimoni, che non erano pubblici ufficiali, il reato di corruzione non si integra”. Le ragazze, secondo Coppi, “non avrebbero mai potuto assumere la qualità di testimoni”. A certificarlo, per la difesa, c’è quella decisione dei giudici. Di quell’ordinanza del Tribunale, che potrebbe far cadere le accuse mosse nel processo, la Procura ha chiesto la revoca mettendo sul piatto alcune contromosse in punta di diritto. “La difesa di Berlusconi – ha spiegato il pm Luca Gaglio – chiede una sentenza con cui si eluda in tutti i modi il merito”. E sempre dal lato dell’accusa è arrivato un altro affondo rispetto a certe affermazioni dei difensori: “Questo processo è durato 6 anni, non 12 anni come detto dalle difese, è stato molto lungo per i rinvii a causa del Covid, ma anche per le richieste di impedimento dell’imputato Berlusconi”. Per il leader di FI i pm hanno chiesto 6 anni e 10 milioni di euro di confisca. Prima del verdetto nell’udienza del 25 gennaio le contro-repliche delle difese.

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Il rosso e il nero, a San Pietro geografia del potere

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Il rosso porpora dei cardinali e il nero degli abiti in lutto, il bianco delle rose e il marmo bianco del colonnato. Tra cerimoniale e protocollo sul sagrato di San Pietro si è dispiegata la geografia del potere spirituale e temporale racchiusa nella regia sapiente del rito. Le spettacolari immagini dall’alto, realizzate grazie anche all’inedito utilizzo di droni, hanno trasformato piazza San Pietro in una gigantesca scacchiera dell’equilibrio mondiale: da un lato il rosso degli abiti cardinalizi, dall’altro il nero degli abiti dei capi di Stato e consorti sapientemente distribuiti in base a ruolo e peso internazionale. A seguire, in una sorta di sfumatura cromatica, il bianco dei concelebranti e i variopinti completi delle decine di migliaia di fedeli. In prima fila la delegazione italiana e quella argentina alle quali si sono affiancate, con un piccolo strappo al cerimoniale che voleva una disposizione in ordine alfabetico francese, quelle dei principali governi europei e mondiali, dalla Francia agli Stati Uniti, passando per la Spagna e l’Ucraina. L’unico outfit blu, invece del tradizionale nero, è stato quello del presidente americano, Donald Trump che, in prima fila, si trovava tra Filippo di Spagna ed Emmanuel Macron. Zelensky per un giorno ha dismesso maglietta e pantaloni tecnici in verde militare per vestire di nero. Poi le first ladies di ieri e di oggi e nobili col capo coperto da un velo nero, da Melania Trump a Jill Biden, da Silvia di Svezia a Letizia di Spagna. Victoria Starmer ha preferito però un cappello con veletta. Capo coperto anche per la figlia del presidente Mattarella, Laura. Giorgia Meloni, Ursula Von der Leyen e Brigitte Macron non hanno rinunciato allo stile rigoroso ma senza veletta. L’austerità della celebrazione a piazza San Pietro ha lasciato poi spazio alle rose bianche con cui i poveri e i migranti hanno accolto il feretro di Francesco a Santa Maria Maggiore, proprio come lui avrebbe voluto. Gli zuccotti rossi dei cardinali si confondevano con le giacche beige dei fedeli o le magliette dell’Argentina, ai jeans strappati e gli smanicati rossi. Ad accompagnare il feretro verso la cappella dove poi Bergoglio è stato tumulato prima i domenicani, con il loro tradizionale – ed umile – abito nero e bianco, e poi quattro bambini. Nelle loro mani due cesti di rose bianche offerte dai poveri davanti all’altare della Basilica tanto cara a Francesco. Lo stesso altare sul quale, dopo le dimissioni dal Gemelli, il Pontefice decise di far deporre a sorpresa i fiori gialli della signora Carmela. Che, anche oggi, immancabile, ha deciso di prender parte alle esequie, tra i Grandi della Terra e gli “ultimi del mondo”.

(Foto in evidenza di Imagoeconomica)

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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