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Cronache

Associazione a delinquere, Becciu indagato in Vaticano

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In un filone d’indagine aperto dal promotore di giustizia vaticano parallelamente al processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu risulta indagato con altre persone per associazione a delinquere. Lo ha confermato oggi ai giornalisti il promotore di giustizia Alessandro Diddi, che, in apertura della 37/a udienza del processo, ha riferito dell’esito della rogatoria per l’ipotesi di reato associativo, nell’ambito della quale il Tribunale di Sassari ha trasmesso in Vaticano i risultati degli accertamenti condotti sulla Cooperativa Spes di Ozieri, guidata dal fratello di Becciu, Antonino. Interpellati dai cronisti, sia il card. Becciu che i suoi difensori avv. Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, hanno detto di non sapere nulla di questo ulteriore fascicolo. Pur trattandosi di un’indagine parallela, comunque il pg Diddi ha deciso di depositare le risultanze agli atti dell’attuale processo, ritenendole rilevanti. La documentazione trasmessa dal Tribunale di Sassari in Vaticano tramite chiavetta contiene “una selezione degli atti trasmessi a questo Ufficio”, e in particolare annotazioni della Guardia di Finanza di Oristano e una serie di estratti di chat provenienti dai dispositivi telefonici sequestrati a Maria Luisa Zambrano, nipote del cardinale, e al fratello di Becciu. “Ritengo i documenti ricevuti particolarmente rilevanti”, ha detto Diddi nel corso dell’udienza. Tra le altre cose ci sono anche “considerazioni su questo Ufficio e sullo stesso Tribunale”, come pure considerazioni su giornalisti che secondo gli inquirenti “avrebbero partecipato a una campagna di stampa contro questo processo”. Si parla anche di monsignor Sergio Pintor, morto due anni fa, “che era vescovo di Ozieri quando fu aperto il conto utilizzato dalla Cooperativa Spes”, e dei suoi legami “con persone di questo processo”. Emersi poi i documenti di trasporto (bolle di consegna” del pane della Coop Spes alle parrocchie) – esattamente 928 documenti di trasporto – che sarebbero serviti “a giustificare le somme erogate dalla diocesi alla Spes”. Diddi ha riferito di una vera e propria falsificazione delle bolle di consegna per 18 mila kg di pane, documenti che secondo la ricostruzione della Gdf sarebbero stati realizzati poche settimane prima dell’inizio dell’attuale processo, ma riguardanti consegne di pane risalenti al 2018. A quanto ha spiegato il pg vaticano, le Fiamme Gialle “sono andate parrocchia per parrocchia a cercare i destinatari del pane e nessuno ha riconosciuto la propria firma sui documenti di trasporto”. Per quanto riguarda i rapporti tra l’allora vescovo Pintor e la famiglia Becciu, Diddi ha parlato di “pesanti ingerenze della Curia romana sull’attività della diocesi”. “Pintor non aveva alcun controllo della Caritas – ha riferito Diddi su quanto emerso dalla rogatoria -: la diocesi e la Caritas erano gestite in sostanza dalla famiglia Becciu. La Procura di Sassari è arrivata alle nostre stesse conclusioni”. Inoltre, riguardo al cosiddetto ‘conto promiscuo’ utilizzato dalla Spes, “mons. Pintor nulla sapeva della sua apertura”. E nelle chat emerge che “si cercava un direttore di banca che certificasse che fosse stato mons. Pintor l’autore dell’apertura del conto, che invece non conosceva”. Altre risultanze, quella sui rapporti “cordiali, amichevoli”, di Giovanna Pani, tra i familiari di Becciu, e Cecilia Marogna. Dalla relazione della Gdf di Oristano, infine, secondo Diddi emerge un “fatto inquietante”, il ritrovamento della registrazione di una telefonata tra il card. Becciu e papa Francesco il 24 luglio 2021, tre giorni prima dell’apertura del processo in Vaticano e una decina di giorni dopo l’uscita del Papa dal Gemelli dopo il suo intervento chirurgico al colon. “In Piazza del Sant’Uffizio sono presenti, oltre a Becciu, la Zambrano e una terza persona non identificata”. Dalla registrazione, fatta col telefono della Zambrano e fatta sentire in aula ma a porte chiuse, si ascolta Becciu lamentarsi col Papa, “Lei mi ha già condannato, è inutile che faccia il processo!”. Il porporato parla anche dei soldi versati su indicazione di Cecilia Marogna all’agenzia britannica Inkerman per la liberazione della suora colombiana rapita da gruppi jihadisti in Mali. “Per il riscatto – ha riferito il pg Diddi – Becciu chiede al Papa di confermargli che c’era stata la sua autorizzazione a versare i soldi alla Inkerman. Nelle sue dichiarazioni, il cardinale ha detto che il Papa era al corrente, invece nella telefonata il Santo Padre resta perplesso. D’altra parte era da poco uscito dal suo ricovero, era affaticato”. Il resto dell’udienza è stato dedicato oggi all’interrogatorio del testimone d’accusa mons. Alberto Perlasca, ex capo dell’Ufficio amministrativo nonché parte civile nel processo, testimonianza che continuerà domani con l’esame da parte delle difese.

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Bimbo di 5 mesi ucciso dal pitbull di famiglia

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Tragedia questa sera a Palazzolo Vercellese, piccolo Comune di un migliaio di abitanti in provincia di Vercelli, dove un bimbo di cinque mesi ha perso la vita dopo essere stato azzannato da un cane di grossa taglia, sembra un pitbull, di proprieta’ dei suoi genitori, una giovane coppia da poco trasferitasi in paese. Secondo quanto si e’ appreso il bimbo si trovava in casa con la nonna. Il fatto e’ avvenuto nel tardo pomeriggio di oggi. Sul posto e’ intervenuto il 118 di Alessandria con l’elisoccorso, ma per il piccolo non c’e’ stato nulla da fare.

La tragedia è avvenuta in una zona del paese vicino all’ex asilo. A quanto si apprende il bimbo sarebbe stato in braccio alla nonna, mentre la donna passeggiava nel giardino. I genitori, invece, erano usciti a fare la spesa. Sulla vicenda indagano i carabinieri di Vercelli. Il pitbull è stato sequestrato dai militari dell’Arma forestale in attesa degli accertamenti. A quanto pare non c’erano mai stati segnalazioni di aggressività del cane. I genitori, trentenni, hanno portato il bimbo in fin di vita direttamente all’elisoccorso che era atterrato nel campo sportivo del paese.

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Tentata estorsione al consigliere regionale Giovanni Zannini, arrestato Tiberio Francesco La Torre

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“Ho fatto io mio dovere. Speravo che condotte del genere non si verificassero più. Ringrazio la DDA di Napoli e i Carabinieri per l’intervento tempestivo e dirimente”. E’ quanto dichiara il consigliere regionale Giovanni Zannini, vittima di un tentativo di estorsione che oggi hanno condotto in carcere Tiberio Francesco La Torre, cugino dell’ex capoclan e collaboratore di giustizia Augusto La Torre, a cui la DDA di Napoli (sostituto procuratore Roberto Patscot, procuratore aggiunto Michele Del Prete) contesta i reati di tentata estorsione ed estorsione aggravate dal metodo mafioso.

“In quattro giorni – continua Zannini – hanno arrestato il La Torre dimostrando che lo Stato c’è ed è forte. Sono circa 6 mesi che vivo sotto minaccia. La settimana scorsa si è superato ogni limite. Invito tutti a denunciare e a vincere ogni paura”. L’arresto di La Torre – viene spiegato nella nota – si fonda sulla denuncia sporta dal consigliere regionale Giovanni Zannini (al quale La Torre voleva estorcere 50mila euro) e dall’imprenditore Alfredo Campoli (al quale il La Torre ha estorto circa 22 mila euro pretendendo che la consegna avvenisse presso una cappella del locale cimitero).

La Torre – si legge nel comunicato – si è presentato a casa di Zannini più volte senza che nessuno gli aprisse la porta. La famiglia del consigliere regionale è stata anche costretta a chiudersi in casa. Zannini si è quindi recato dai carabinieri “ottenendo l’immediato e risolutivo intervento”. Poi le denunce, poi l’intervento della DDA e poi l’arresto.

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Mostra pistola e parte colpo, morto il vigile 22enne

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E’ morto l’agente di polizia locale di 22 anni di Mortara (Pavia) che oggi pomeriggio era rimasto gravemente ferito da un colpo partito dalla sua pistola, mentre si trovava nelle mani di una sua amica. Il dramma è accaduto in una villetta di Gropello Cairoli (Pavia), in Lomellina. Il vigile è stato subito soccorso dal 118 e trasportato in ambulanza al Policlinico San Matteo di Pavia. Una volta arrivato in ospedale, già in gravissime condizioni, è stato sottoposto ad un intervento chirurgico nel disperato tentativo di salvargli la vita. Purtroppo gli sforzi dei medici sono stati vani. Il 22enne è morto in sala operatoria.

I carabinieri di Pavia e Vigevano (Pavia) hanno avviato gli accertamenti per ricostruire la dinamica del fatto. Secondo una prima ricostruzione il giovane ha mostrato la sua pistola d’ordinanza all’ amica. Mentre la ragazza stava maneggiando l’arma, è partito il colpo che ha raggiunto il vigile all’altezza del petto.

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