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Economia

L’Ue si spacca sul gas, lo scudo di Berlino irrita Draghi

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 L’unita’ dell’Europa si infrange sul price cap al prezzo del gas. Il tetto all’intero import, nel documento presentato dalla Commissione Ue, viene considerato una misura troppo radicale e rischiosa, a differenza del price cap al solo gas russo, sul quale Palazzo Berlaymont si e’ convinto. Ma all’Italia non basta. Al Consiglio straordinario dei ministri dell’Energia Roma non recedera’ dalla sua linea, che e’ stata condivisa con altri 14 Paesi, tra i quali la Francia. Ad irritare il governo c’e’ anche lo scudo da 200 miliardi annunciato da Berlino per calmierare prezzi in Germania. “Non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali, serve solidarieta’”, ha avvertito il premier Mario Draghi. E chi probabilmente gli succedera’ a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni, ammonisce: “Nessuno Stato membro puo’ offrire soluzioni efficaci e a lungo termine da solo in assenza di una strategia comune, neppure quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario”. A risultare non casuale e’ stato anche il timing dello scudo di Berlino: a 24 ore dal Consiglio Energia e proprio mentre la Commissione si limitava a proporre il price cap al gas russo spiegando che un tetto generalizzato a tutto l’import “comporta rischi significativi legati alla sicurezza di forniture di energia”. Osservazione che, in diverse cancellerie, e’ vista come troppo vicina alle sensibilita’ di Berlino. Il price cap al gas, hanno osservato fonti diplomatiche, sarebbe una misura in principio sulla stessa linea dell’azione Ue contro il Covid. Lasciando ai singoli Paesi l’onere di calmierare i prezzi si consente invece una differenziazione tra chi ha spazio fiscale e chi no. E la Germania questo spazio ce l’ha. Il pacchetto annunciato da Olaf Scholz varra’ 150-200 miliardi. “Il prezzo del gas deve andare giu'”, ha sottolineato il cancelliere. E la mossa di Berlino ha fatto scendere immediatamente il prezzo del gas, che ad Amsterdam ha chiuso al del 9,4% a 187,7 euro a megawattora. Con un price cap nazionale, ovvero sul modello lusitano ed iberico, la Germania ha spazzato via il suo timore piu’ grande, legato invece ad un tetto su scala Ue: quello dell’approvvigionamento energetico. La Commissione, nel suo documento informale, ha indicato anche altri rischi legati ad un tetto generalizzato: dall’aumento della domanda alla perdita attrattivita’ per i fornitori, fino alla mancanza di quell’incentivo di mercato che ora permette il trasferimento di gas tra gli Stati Ue. Per Bruxelles e’ molto meglio negoziare il prezzo con i singoli fornitori ritenuti affidabili, facendo leva su contratti a lungo termine. Nel non paper la Commissione ha anche proposto un primo decoupling del prezzo del gas da quello elettrico in vista della riforma del mercato annunciata per la fine dell’anno. Il documento, infatti, fa riferimento alla fissazione di un tetto massimo al prezzo del gas nella produzione di energia elettrica a un livello che contribuisca a far scendere i prezzi dell’elettricita’. Il differenziale di costo tra il prezzo amministrato e i prezzi di mercato sarebbe a carico degli Stati, che potrebbero comunque contare sui ricavi della tassa sugli extraprofitti alle compagnie che producono energia non fossile. Per l’Italia, il cui prezzo dell’elettricita’ ha una forte dipendenza da quello del gas, il differenziale sarebbe molto alto. E quindi anche gli oneri. Meglio, per Roma, indicare un indice di mercato complementare al Ttf di Amsterdam, proposta che la Commissione ha incluso nel documento. Da qui al vertice dei leader a Praga e quindi al Consiglio europeo di fine ottobre a Bruxelles, la strada per l’unita’ europea sara’ quindi terribilmente in salita. I 15, Italia e Francia in testa, si faranno sentire con l’obiettivo di aumentare il loro peso numerico, convincendo magari qualche Paese dell’Est anche lui intimorito dal rischio approvvigionamento. Germania e Olanda restano i veri scogli. “La risposta Ue deve ridurre i costi per famiglie e imprese, ed evitare distorsioni di mercato. Dobbiamo mostrarci compatti, determinati, come nel sostegno all’Ucraina”, ha sottolineato Draghi.

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Economia

Nozze Ita-Lufthansa, rischio veto Ue senza modifiche

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Parte una settimana decisiva sul futuro di Ita-Lufthansa. Le due compagnie dovranno presentare all’Antitrust Ue un nuovo pacchetto di impegni con i dovuti miglioramenti per arrivare alle tanto agognate nozze. Le proposte messe sul piatto finora sullo scalo di Milano-Linate, sulle rotte a corto raggio dall’Italia all’Europa centrale e sui collegamenti a lungo raggio da Fiumicino verso Stati Uniti e Canada sono state ritenute insufficienti da Bruxelles. In caso di modifiche, la Commissione europea, impegnata al momento nel market test che si concluderà lunedì, valuterà i nuovi rimedi e la sua decisione potrebbe “consolidarsi” già a inizio giugno. Senza miglioramenti, a quanto si apprende da fonti comunitarie, l’operazione è destinata ad essere bocciata. L’annuncio ufficiale è atteso entro il 4 luglio.

Tra le sue richieste, la Commissione chiede di cedere molti più slot a Milano Linate: il 30%, 60 voli giornalieri, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, e in questo modo la quota di mercato combinata sullo scalo passerebbe dal 66 al 46%. Ita e Lufthansa propongono invece di rilasciare l’11-12% degli slot. La compagnia tedesca dovrebbe, poi, rinunciare ai ricavi che realizza sui voli tra l’Italia e il Nord America. L’idea avanzata dai tedeschi, ossia congelare per due anni l’alleanza con Ita sui lunghi collegamenti da Fiumicino con Usa e Canada non ha convinto la Commissione in quanto Lufthansa detiene già un’ampia quota di mercato attraverso le joint venture formate con United Airlines e Air Canada. Qualche giorno fa il presidente di Ita Airways, Antonino Turicchi, ha sottolineato che “questa è un’operazione a favore del mercato, non compromette la concorrenza”.

E in difesa dell’operazione Italo-Tedesca si è espresso anche l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone. La fusione “significa molto per il Paese e per l’Europa, nonostante i dubbi che la Commissione solleva”, ha detto il numero uno di Adr, evidenziando come “i profili di concentrazione di questa operazione siano oggettivamente marginali nel contesto del mercato rilevante”. Una eventuale bocciatura dell’operazione Ita-Lufthansa da parte della Commissione europea aprirebbe scenari molto foschi per il futuro della newco, nata dalle ceneri di Alitalia. L’amministratore delegato del gruppo Ryanair, Michael O’Leary, non ha dubbi: senza Lufthansa la compagnia italiana “andrà in bancarotta e scomparirà “.

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Economia

Banche, utili record: in tre mesi a 6,3 miliardi

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Il sistema bancario “continua a macinare record”. Numeri in crescita anche nel primo trimestre dell’anno con i primi sette gruppi bancari del Paese (IntesaSanpaolo, Unicredit, Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem) che hanno fatto registrare utili pari a 6,3 miliardi, per un +25,6% sui primi tre mesi del 2023. Lo rileva un report condotto dall’Ufficio studi & ricerche della Fisac-Cgil sui risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari nazionali nel primo trimestre del 2024.

“Dopo i risultati da record per i grandi gruppi bancari nel biennio passato – commenta la segretaria generale della Fisac-Cgil, Susy Esposito – molti si attendevano un rallentamento, complice l’attesa discesa dei tassi di interesse. Il ritardo della Bce a diminuire i tassi di riferimento, e di conseguenza la trasmissione di questo ai tassi attivi praticati dalle banche, insieme alla perdurante politica di scarsa remunerazione dei depositi, ha mantenuto elevato il livello dei ricavi dalla gestione del danaro”. Risultati che, aggiunge, “a fronte di un contenimento sul versante della spesa del personale, nonostante il rinnovo del contratto, così come delle spese amministrative, deve indurre il sistema bancario per intero a investire sull’occupazione e sul radicamento nel territorio”.

Il margine di interesse, si rileva nel report della Fisac-Cgil, sale ancora, per il campione, di quasi il 7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2023. La dinamica delle commissioni, per quasi tutti i gruppi, ha accelerato (+5,3%) e spesso deriva dalla spinta alla vendita di prodotti assicurativi ma anche da quelle relative all’amministrazione dei titoli. Il prodotto delle due componenti più significative dell’attività caratteristica bancaria ha spinto ulteriormente verso l’alto i ricavi totali (17,8 miliardi di euro per un +9,8%). Sul versante dei costi del personale, che hanno registrato un aumento del +2,5% derivato anche dal rinnovo del contratto Abi, si mantengono mediamente più elevati rispetto allo stesso periodo del 2023 seppur in maniera contenuta, così come le spese amministrative, sottolinea il rapporto della Fisac.

Questa dinamica dimostra, dal lato dei costi per il personale, “la capacità delle banche di agire gestionalmente per mantenere sotto controllo questi ultimi, anche e purtroppo attuando politiche di riduzione degli organici come di mancato turn over”, prosegue il report. Dal lato delle spese amministrative (-0,5%), la previsione di investimenti in nuova tecnologia, spiega inoltre la Fisac-Cgil, come previsto da quasi tutti i piani di impresa, “farebbe pensare ad un incremento di queste ultime anche a scapito della erosione dei margini, fenomeno che non si è ancora verificato. Viceversa il contenimento delle spese, anche attraverso la politica della chiusure delle filiali, a beneficio della redditività a disposizione della distribuzione di utili, può rallentare il processo di innovazione tecnologica, così come confermare la dinamica di riduzione di dipendenti e sportelli”.

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Economia

Abi, tasso medio dei conti corrente sale allo 0,59%

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In aprile il tasso medio praticato dalle banche italiane sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,63%. A marzo 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,67%, area dell’euro 3,50%). Rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 334 punti base.

Lo afferma il rapporto mensile dell’Abi. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad aprile 2024 è stato il 3,81%, con un incremento di 250 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%. In aprile il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,05% (1,04% nel mese precedente, 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è salito allo 0,59% (0,57% nel mese precedente), tenendo presente che il conto corrente “permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento”, conclude l’Abi.

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