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Tremonti torna in scena con FdI. Lotito corre in Molise

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Dopo la lunga avventura con Forza Italia e poi la Lega, Giulio Tremonti sceglie Giorgia Meloni. E’ con lei e con il suo partito che l’ex ministro dell’Economia si rimette in gioco alle prossime elezioni. “Si’, mi candido. Lunedi’ sara’ tutto pubblico”, annuncia a Lucia Annunziata su Rai3 correggendo la prima risposta, un piu’ vago “direi di si'”. Quindi si lancia nell”outing’ politico: “Se vuole tolgo il ‘direi’ e dico si””. E’ il primo big su cui cade il velo che aveva avvolto finora il toto nomi del centrodestra, e in particolare di Fratelli d’Italia. E subito l’economista entra nella parte e fa proposte da ministro. O da premier, chissa’. Per lui si vocifera non solo un ritorno al ministero di via XX Settembre (sarebbe la quinta volta, 4 tutte con Berlusconi premier), ma anche un debutto a Palazzo Chigi. Anche Claudio Lotito entra in scena: il presidente della Lazio tenta di nuovo la sorte con Forza Italia. Sara’ candidato all’uninominale in Molise, al Senato, dopo il ricorso presentato sulla mancata elezione del 2018 e rimasto finora nel limbo. Nella stessa regione si candida Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc in pista alla Camera. Non senza qualche malumore degli esponenti locali. Ma le novita’ finiscono qua. Il centrodestra e’ alla stretta finale, quando mancano meno di 24 ore alla deadline per il deposito delle liste. L’ufficialita’ e’ rinviata probabilmente a domani. A parte i centristi di ‘Noi moderati’, che annunciano di aver completato il lavoro. FI, invece, appare ancora in ritardo. Il partito risente dell’effetto domino innescato da rivalita’ interne tra big – in primis quella tra la presidente del Senato, Elisabetta Casellati e la capogruppo Anna Maria Bernini per un collegio conteso – scelte imposte dall’alto e conseguente delusione e rabbia degli azzurri locali. Nel frattempo Tremonti fa le prove da ministro. E dall’economia sconfina nella politica estera. Nella prima materia va dritto alle priorita’: “Se dipendesse da me, la prima voce dell’alfabeto che metterei giu’ e’ la B di bollette perche’ l’autunno si aspetta molto duro” e rivolgendosi al governo ancora in carica, azzarda: “Credo che dovrebbe togliere la tassazione sull’energia, almeno sulle bollette basiche”. Un tema che “riguarda tutti”, insiste anche per smarcarsi dall’attenzione di Annunziata sul perche’ abbia virato sulla Meloni. E aggiunge: “E’ una partita sottovalutata”, accusando lo Stato di guadagnarci dal boom inflazione e accise. Fino all’affondo: “L’idea di tassare gli extra profitti e’ miseramente fallita, promettendo agli italiani 10 miliardi mentre e’ stato dato solo uno”. Niente di piu’ sul nuovo partito scelto ne’ sull’eventuale ruolo di garante della continuita’ della politica economica ed estera del governo Draghi. Incalzato piu’ volte, non riesce a pronunciare la parola “atlantismo”, negando di fatto che la minor chiarezza della Lega su questo aspetto l’abbia spinto verso FdI. Percio’ si limita a dire sibillino: “La grande questione non e’ piu’ quella atlantica e basta, ma l’Europa che nell’Occidente si affianca all’America nel confronto con la Cina”. In attesa che si scoprano le altre carte di FdI – come l’ex pm Carlo Nordio e l’ex ministro Giulio Terzi Sant’Agata – e degli altri partiti, un punto fermo e’ stato messo sui collegi proporzionali di coalizione. All’ennesima riunione in via della Scrofa, sede di FdI, non c’era Ignazio La Russa, il ‘colonnello’ di FdI, dirottato sulla partita altrettanto difficile delle regionali in Sicilia. Dalla Sardegna continua il silenzio di Silvio Berlusconi, ancora in conclave con i fedelissimi. “Ora non e’ tempo di fare nomi di possibili ministri e non serve rinchiudersi nei recinti di partito”, ammonisce laconico sui social. Ma nel partito veleni e risentimenti sono conclamati ed e’ ormai “tutti contro tutti”. Si creano fronti come quello pro Casellati che punta il dito contro l’origine di tutto alias la ‘rivale’ bolognese Bernini. La sua richiesta (pretesa, secondo i piu’ maligni) del collegio di Padova – che sarebbe stato naturale terreno della seconda carica dello Stato, in quanto veneta – avrebbe innescato la miccia. Portando la Casellati in Basilicata, a scapito dei forzisti regionali come il sottosegretario Giuseppe Moles, ora destinati all’esclusione.

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Politica

Da mini-condono a Salva multe, ecco i decreti in pole

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Tra il 22 e il 29 maggio, la date in cui dovrebbe riunirsi il Consiglio dei ministri, potrebbero vedere la luce almeno 5 provvedimenti, tutti piuttosto importanti per il governo anche alla luce delle prossime Europee. Tra i decreti annunciati ufficialmente c’è il cosiddetto ‘mini-condono’. Il progetto di legge, che il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini preferisce chiamare il ‘Salva-Casa’, punta a sanare tutte le difformità di tipo formale che non corrispondo alla planimetria dell’immobile: dal muro spostato al soppalco o alla veranda. Ma anche la finestra che è di 30 centimetri più in basso o più in alto rispetto al disegno originario. Con questo dl si potrebbero sanare anche le varianti in corso d’opera che non erano state disciplinate prima del 1977.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha poi promesso da tempo che si farà un decreto per ridurre i tempi delle liste di attesa nella Sanità. Ma questo, quasi sicuramente, non sarà all’attenzione dei ministri il 22 maggio perché sul tema, si spiega, sarebbe ancora in corso un confronto con le Regioni e si sarebbero ravvisati dei problemi di copertura. Tra gli altri provvedimenti in gestazione a Palazzo Chigi c’è quello fortemente voluto dal ministro per lo Sport, Andrea Abodi, per istituire l’Agenzia per lo sport professionistico. Un testo che gli enti di governo dello Sport, dalla Figc al Coni, starebbero guardando con una certa diffidenza e che potrebbe essere accorpato ad un altro decreto: quello di cui parla da giorni il ministero dell’Istruzione di Giuseppe Valditara in cui si affronterebbe, tra l’altro, anche il tema dei corsi di potenziamento per studenti stranieri.

E’ atteso inoltre anche un provvedimento ‘salva-infrazioni europee’. Per ora si tratta di un decreto ancora in stand-by perché sarebbe politicamente molto complicato varare questo testo senza risolvere prima il problema delle concessioni demaniali marittime. Un tema che ci vede in costante braccio di ferro con l’Europa. Più articolato il fronte della Giustizia dove, oltre ad un decreto sui giudici di pace, è in cantiere da tempo anche un disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati: cavallo di battaglia da sempre di Forza Italia. Il testo, che probabilmente potrebbe vedere la luce già nella riunione del 22 maggio, prevede, oltre a due distinti concorsi per giudici e Pm, anche l’istituzione di due diversi Consigli Superiori della Magistratura e la creazione dell’Alta Corte di giustizia per giudicare sulle toghe. A una delle due riunioni governative dovrebbe approdare anche un decreto legislativo attuativo della delega fiscale: quello che rivede le sanzioni tributarie, riducendole di un terzo ed eliminando quelle ‘maxi’ che arrivano fino al 240%. Chi commette violazioni fiscali pagherà al massimo il 125% di multa.

Le sanzioni amministrative verranno ridotte da un quinto a un terzo, avvicinandole ai parametri europei e introducendo un principio di maggiore proporzionalità. Sul fronte penale ci si allinea ai recenti indirizzi della giurisprudenza aiutando chi non può pagare per forza maggiore e decide di pagare rateizzando. Se, ad esempio, c’è la dichiarazione, la sanzione per l’omesso versamento dell’imposta viene ridotta al 25%. Pugno di ferro invece verso i comportamenti fraudolenti, anche sui bonus e sui crediti d’imposta. L’opposizione critica molto questo ‘sovraffollamento’ di ddl e decreti, parlando di ‘misure di propaganda elettorale’. Ma nel governo si fa notare che quelle del 22 e del 29 sono date obbligate, “non tanto per il voto” delle Europee, quanto perché se questi progetti di legge venissero approvati dopo l’appuntamento con le urne, magari a metà o fine maggio, poi scadrebbero a metà a agosto, quando i lavori parlamentari si presume che siano interrotti.

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L’Italia a giudizio alla Cedu per la legge elettorale

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L’Italia dovrà spiegare all’Europa se le diverse modifiche apportate negli ultimi anni alla legge elettorale hanno violato la libertà di voto dei cittadini: la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha ammesso il ricorso avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali proprio quei cambiamenti hanno comportato la violazione dei diritti nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte da Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale a febbraio ma la notizia si è diffusa oggi e ora il governo ha tempo fino al 29 luglio per replicare. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: “la Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato”.

Il ricorso è stato depositato alla fine di gennaio del 2023 da Staderini – segretario dei Radicali Italiani dal 2009 al 2013 – e da diversi cittadini: alle elezioni del 2022 in circa 500 sono andati ai seggi verbalizzando il loro dissenso e spiegando le ragioni dell’astensione. E quella documentazione è alla base della richiesta alla Cedu, che riguarda “l’instabilità della legge elettorale e la compatibilità” del Rosatellum “con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani”. “Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco. Prima il Porcellum, poi il Rosatellum, domani chissà cosa”.

Lo individua il deputato di Alleanza Verdi e sinistra Angelo Bonelli, il ‘cosa’: la decisione della Cedu “mette in seria discussione il premierato voluto da Meloni”. Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge del giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza non consente di esprimere il voto separato, vale a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale. Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, “queste ultime introdotte solo 3 mesi prima delle legislative” osserva la Cedu, che vuole sapere se “i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni”.

In seconda battuta la Corte chiede se il Rosatellum, “impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni”. Ed infine, i giudici vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso “effettivo” davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani, se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.

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Giorgetti: ripresi 15 miliardi di truffe su 215 di Superbonus

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“Con le indagini fatte dalla Guardia di Finanza abbiamo già recuperato più di 15 miliardi richiesti indebitamente allo stato come crediti fiscali” nell’ambito del Superbonus. Lo afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolineando che “di quei 215 miliardi 15 in qualche modo ne usciranno, ma al netto delle truffe dobbiamo tornare alla normalità, dobbiamo tornare sulla terra”. “Io – prosegue – ricordo che oggi in Italia è ancora previsto un beneficio del 70% per chi ristruttura la propria abitazione. Qual è quella nazione in Europa o al mondo che offre lo stesso beneficio?”. “A tutti quelli che si lamentano e contestano – aggiunge – inviterei a fare questa valutazione”.

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