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Lite Letta-Salvini, e Putin scrive a Mattarella per la Festa del 2 giugno senza l’ambasciatore russo

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Il dialogo col Cremlino, le armi a Kiev, le sanzioni alla Russia. Complice l’avvicinarsi delle urne, la guerra in Ucraina crea continue fibrillazioni nella maggioranza, con una vera e propria escalation di accuse incrociate. Enrico Letta si scaglia contro Matteo Salvini che con le sue iniziative costituisce “un danno” per l’Italia. “Ma non scherziamo!”, ribatte stizzito il leader leghista puntando il dito, a sua volta, contro Pd e 5s. Gli eurodeputati dem annunciano che nell’agenda della plenaria del 23 giugno ci sara’ un dibattito sulle relazioni tra Mosca e i partiti della destra europea, compresa la Lega. Nel frattempo, il Quirinale conferma la notizia di un messaggio inviato dal presidente russo Vladimir Putin al capo dello Stato Sergio Mattarella in occasione della festa della Repubblica del 2 giugno. Ma sui contenuti c’e’ il massimo riserbo. “Si tratta – spiega l’ufficio stampa del Colle – di uno dei tanti messaggi scritti che arrivano ogni anno per la festa della Repubblica dai capi di Stato stranieri”. E, “per prassi”, non e’ prevista risposta. Resta la curiosita’ della politica per i contenuti del messaggio che secondo ambienti diplomatici russi sarebbe di apprezzamento per la festa della Repubblica italiana, anche se quest’anno l’ambasciatore di Mosca non e’ stato invitato dal Colle alla cerimonia di festeggiamento. Intanto, i 5 stelle, da settimane sulle barricate contro l’invio di altri rifornimenti militari a Kiev, lavora per inserire la sua linea nella risoluzione di maggioranza centrata sulla de-escalation da votare il 21 giugno dopo le comunicazioni del premier Mario Draghi alle Camere. Conte non usa toni di rottura, tutt’altro: “Deve nascere dal dialogo tra le forze in Parlamento” e “sara’ approvata “da tutti” coloro che sostengono il governo. In tale contesto, il Movimento ritiene che l’Italia, insieme all’Europa, debba promuovere il negoziato tra le parti in conflitto e concentrare tutti gli sforzi per trovare una soluzione politica. Un indirizzo che potrebbe essere inserito come uno dei punti del documento che il Parlamento dovra’ votare. “Serve una de-escalation militare, non inviare sempre piu’ armi”, taglia corto il senatore pentastellato Gianluca Ferrara. Peraltro, anche Salvini in varie occasione ha detto che la soluzione non e’ inviare altre armi a Kiev. A breve il confronto tra le forze politiche entrera’ nel vivo ma l’esito non e’ affatto scontato, tanto che il ministro leghista Giancarlo Giorgetti non esita a parlare di “un passaggio rischioso. Cosa faranno Lega e 5 Stelle bisogna chiedere a Salvini e Conte – afferma prendendo implicitamente le distanze da un eventuale strappo -. Draghi persegue l’obiettivo della pace. Ma il Parlamento e’ sovrano e quindi se non la pensa come il premier bisognera’ trarre le conseguenze”. Tra i 5 stelle c’e’ chi non esclude la possibilita’ di tirare dritto con un documento autonomo: “Puntiamo ai nostri temi – dice un eletto – poi vediamo se ci seguono”. Con ogni probabilita’, tutto sara’ giocato sul filo delle sfumature, che per ora restano molto diverse. Soprattutto tra i giallorossi. Anche Letta parla di pace, ma da tutt’altra prospettiva: “L’Italia si sta impegnando con tutta l’Europa per la pace, che non puo’ che passare attraverso il fermare l’imperialismo di Putin”. Il leader leghista, da giorni nel mirino per l’ipotesi di una missione autonoma in Russia, se la prende con il titolare della Farnesina reo, a suo avviso, di non essere all’altezza del ruolo: “Se i russi non vogliono parlare con Di Maio e’ mio dovere parlare con chiunque per aiutare a fermare la guerra”. Non la pensano cosi’ gli eurodeputati dem Simona Bonafe’, vice presidente di S&D, e Pierfrancesco Majorino che annunciano la decisione della conferenza dei presidenti del Pe di includere, su richiesta del gruppo, nell’agenda della plenaria del 23 giugno un dibattito sulle relazioni tra Mosca e i partiti della destra europea, Lega compresa, nel contesto del conflitto. Palazzo Chigi si tiene lontano dalle polemiche, con il sottosegretario Franco Gabrielli che stempera i toni: “Non credo che le azioni di Salvini pongano in pregiudizio la sicurezza nazionale. La sicurezza del Paese e’ una cosa molto piu’ grande delle singole iniziative di, pur autorevoli, esponenti politici”.

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Ayrton Senna, trent’anni dopo: un mito e una bella persona

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Scusate il ritardo ma dopo trent’anni parlare di Ayrton che non c’è più a me fa ancora male. Soprattutto non mi piace celebrare una scomparsa. Per questo arrivo solo il giorno dopo.
L’ho conosciuto che correva in Formula Ford, si chiamava Ayrton Senna da Silva ma poi ha scelto di portare solo il cognome di sua madre, di origini napoletane e l’ho seguito durante la sua carriera, mi ha regalato molti scoop emozionanti ma il giorno che è morto non ero a Imola perché avevo l’esame di subacquea. E chi se la dimentica quella giornata: ero appena uscita dall’acqua per la prova per il brevetto open, ero a Sant’Angelo, nella mia Ischia. I miei colleghi sub mi dissero: vedi che Senna ha avuto un brutto incidente. Tornai di corsa a casa di mio fratello dove stavo in quei giorni ed accesi la tv giusto quando annunciarono che Ayrton era morto. E da allora io non me la sento di vedere la Formula 1.

Senna

Ogni volta ci provo ma troppi ricordi affollano la mia mente: Ayrton che pulisce il casco mentre siamo seduti sulle gomme nella prima intervista. Che mi fa entrare mentre sta girando uno spot pubblicitario a dispetto dello sponsor. Che si concede alle mie domande per l’Europeo mentre non parla con gli altri. Che telefona con me al mio direttore di allora, Marcello Sabbatini. E quando mi offre un suo pass per entrare al GP di Francia… E l’ultima intervista quando tutti dicevano che si sarebbe ritirato… E poi ai box suo fratello, mamma Joanna, l’impegno nel sociale per aiutare i bimbi sfortunati, la pastasciutta e quel messaggio registrato per un ragazzino ricoverato in coma all’ospedale di Imola . “Ana, non lo scrivere”, mi disse allora: pudico sempre quando faceva qualcosa per aiutare gli altri. Faceva tanto bene ma non lo diceva a nessuno. Una perdita vera, non solo per l’ automobilismo (un mondo al quale stava diventando scomodo quale paladino della sicurezza) e per la sua famiglia, ma per tutti, perché era un esempio positivo. Addio, Ayrton. Trent’anni dopo, un ricordo immutato.

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Tennis, infortunio all’anca: Sinner si ritira dal Madrid Open

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Il mondo del tennis è stato colpito da una notizia improvvisa durante il Masters 1000 di Madrid, con il numero due delle classifiche mondiali, Jannik Sinner, costretto al ritiro a causa di un infortunio all’anca destra. Questo ha dato il via libera per la semifinale al suo avversario, il talentuoso canadese Felix Auger-Aliassime, con cui avrebbe dovuto competere domani.

Il comunicato ufficiale del torneo, pubblicato su X, ha confermato il ritiro di Sinner e ha sottolineato che il giovane talento non sarà in grado di scendere in campo per l’incontro di quarti di finale contro Auger-Aliassime. Questo evento è avvenuto pochi minuti dopo che il numero tre del mondo e due volte campione a Madrid, Carlos Alcaraz, è stato eliminato nei quarti di finale da Andrey Rublev con il punteggio di 4-6 6-3 6-2.

“È molto triste dovermi ritirare dalla mia prossima partita qui a Madrid, scrive Sinner. La mia anca mi ha dato fastidio questa settimana e sta lentamente diventando più dolorosa. Seguendo il consiglio dei medici abbiamo deciso che era meglio non giocare oltre e peggiorare la situazione”.

L’infortunio di Sinner ha gettato un’ombra sulle prossime fasi del torneo, lasciando spazio a domande sulla sua pronta guarigione e sulla sua partecipazione futura agli eventi. Nel frattempo, gli appassionati del tennis aspettano con trepidazione gli incontri che seguiranno, con Fritz e Cerundolo pronti a scendere in campo, mentre domani si svolgerà la sfida attesa tra Medvedev e Lehecka.

Questo infortunio rappresenta una delusione per i fan di Sinner, che avevano sperato di vederlo competere al massimo delle sue capacità in questo torneo di prestigio. Tuttavia, l’attenzione ora si sposta sulla sua salute e sul suo recupero, con l’auspicio che possa tornare più forte che mai sulle scene del tennis mondiale.

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Fini condannato a 2 anni e 8 mesi per casa a Montecarlo

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Una operazione immobiliare dai contorni opachi e dietro la quale, secondo il tribunale di Roma, si nascondeva una attività di riciclaggio di denaro. Dopo sette anni dalla richiesta di rinvio a giudizio arriva la sentenza di primo grado per la vicenda legata all’acquisto di un appartamento a Montecarlo, al numero 14 di Boulevard Princesse Charlotte. I giudici della quarta sezione collegiale, dopo circa due ore di camera di consiglio, hanno condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, a 5 anni la sua compagna Elisabetta Tulliani. Il tribunale ha inoltre inflitto 6 anni a Giancarlo Tulliani, 5 anni al padre Sergio e 8 anni a Rudolf Theodor Baetsen. Il tribunale ha sostanzialmente recepito l’impianto accusatorio della Procura di Roma che ai cinque muove l’accusa riciclaggio.

A Fini, che era presente in aula, i magistrati contestano “la condotta relativa all’autorizzazione alla vendita dell’appartamento” escludendo l’aggravante e riconoscendogli le attenuanti generiche. “Non ho autorizzato la vendita dell’abitazione di Montecarlo ad una società riconducibile a Giancarlo Tulliani. Quando ho dato l’ok non sapevo chi fosse l’acquirente” ha commentando l’ex presidente della Camera lasciando la cittadella giudiziaria della Capitale che ha poi aggiunto: “me ne vado più sereno di quello che si può pensare dopo 7 anni di processo. Ricordo a me stesso che per analoga vicenda una denuncia a mio carico fu archiviata dalla procura di Roma. Dopo tanto parlare, dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione da un punto di vista politico sono responsabile di cosa? Di aver autorizzato la vendita. Non mi è ben chiaro in cosa consista il reato”. La difesa dell’ex parlamentare annuncia il ricorso in appello sostenendo che il tribunale ha riconosciuto nei suoi confronti una sorta di “concorso morale” nell’attività illecita.

L’accusa prevista dall’articolo 648 bis del codice penale era l’unica fattispecie contestata nel processo dopo che nell’udienza del 29 febbraio scorso i giudici avevano dichiarato prescritta l’associazione a delinquere, reato che coinvolgeva altri imputati ma non Fini. La prescrizione era legata alla esclusione dell’aggravante della transnazionalità. Nel corso del procedimento è intervenuta anche la compagna di Fini che nel corso di brevi dichiarazioni spontanee aveva di fatto scaricato le colpe sul fratello Giancarlo.

“Ho nascosto a Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello – ha affermato visibilmente commossa la donna nel corso dell’udienza del 18 marzo scorso-. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita”. Inizialmente il processo vedeva imputate, come detto, anche altre ‘posizioni’, tra cui il ‘re delle Slot’ Francesco Corallo e il parlamentare Amedeo Laboccetta, per le quali è stata riconosciuta la prescrizione. Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda capitolina gli appartenenti all’associazione a delinquere hanno messo in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.

Gli accertamenti della Procura hanno riguardato, quindi, anche l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, finito poi nella disponibilità di Giancarlo Tulliani che attualmente vive a Dubai da latitante. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due societa’ (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani. Quest’ultimi per gli inquirenti avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, Olanda, Antille Olandesi e Principato di Monaco.

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