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Politica

6mld per dl aiuti, caccia a più fondi per taglio cuneo

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 Bollette, con le misure anti-aumenti prorogate anche nel terzo trimestre. Benzina, con il taglio delle accise fino alla fine di giugno, esteso anche al metano. Rincari dei materiali, soprattutto nell’edilizia: sei miliardi non bastano e il governo si e’ dato altri tre giorni per cercare piu’ risorse da destinare fin da subito alle famiglie e proteggere quel potere d’acquisto intaccato dall’inflazione galoppante. La via, su cui si lavora in queste ore, potrebbe essere quella di un nuovo taglio del cuneo fiscale, sulla falsariga di quello gia’ operato con la manovra. Il provvedimento dovrebbe essere pronto per lunedi’, quando il Cdm potrebbe licenziare il nuovo decreto con gli aiuti e le misure per spingere le rinnovabili e accelerare il percorso verso l’indipendenza dal gas di Mosca. Le riunioni si sussegono senza sosta a Palazzo Chigi, dove per tutto il giorno c’e’ un via vai di tecnici (quelli del Mef, quelli del ministero dei Beni culturali) e di ministri. Il titolare della Transizione ecologica Roberto Cingolani chiude il suo pacchetto e lasciando la sede del governo assicura che per il momento il livello di emergenza rimane di “preallerta, non c’e’ nessun motivo di andare oltre”. Il ministro prepara la strategia sulla diversificazioni delle fonti di energia, e con il nuovo decreto ci saranno misure a supporto del piano: dai presidenti di Regione che saranno commissari per i rigassificatori (ci saranno almeno 2 nuove navi da mettere in funzione) all’aumento temporaneo del carbone, fino alle semplificazioni per le installazioni di nuovi impianti eolici e fotovoltaici. Per assicurare che le 4 centrali ancora attive vengano mandate a regime, oltre alle misure gia’ introdotte con l’ultimo decreto energia, ci sara’ anche una deroga alle autorizzazioni ambientali per incrementare l’utilizzo del combustibile fossile. Ma il cuore del provvedimento, che si sta trasformando sempre piu’ in un maxi-decreto, sara’ la nuova tranche di aiuti da 6 miliardi che portano a “21 miliardi in 4 mesi” l’intervento del governo contro il caro-energia. Le risorse andranno a famiglie, imprese, alla gestione dei profughi e anche agli enti locali, che avranno anche piu’ tempo per approvare le tariffe Tari. “Stiamo vedendo se vi siano altre risorse disponibili” si e’ limitato a dire il ministro dell’Economia Daniele Franco davanti alla platea di Confcommercio. Anche perche’ le richieste si moltiplicano di ora in ora. E resta esclusa la possibilita’ di ricorrere fin da ora a un nuovo scostamento, nonostante il pressing continuo dei partiti. L’intervento piu’ urgente e’ quello per mettere in sicurezza i cantieri del Pnrr: anche Bruxelles potrebbe muoversi per tamponare il caro materiali, non escludendo un eventuale “addendum” al Next Generation Eu, ma sarebbe in attesa di calcoli affidati alle istituzioni internazionali come Ocse e Fmi, sull’impatto degli aumenti in tutta Europa. Nel frattempo le gare rischiano di andare deserte e i bandi sono fermi: le imprese calcolano gli aumenti in circa 3 miliardi, l’esecutivo inizialmente valutava di stanziarne uno per far ripartire i lavori gia’ affidati. Si starebbe cercando, anche in questo caso di aumentare la dote, rivedendo il cronoprogramma delle opere che non rientrano nel Recovery Plan e quindi in questo momento sono considerate meno strategiche. A un altro pacchetto di misure per le imprese sta lavorando anche il Mise, che chiede un fondo ad hoc (probabilmente ci saranno 200 milioni) per aiuti alle aziende con rapporti con Russia e Ucraina che sono state quindi direttamente colpite dal conflitto ma punta anche, come compare nelle prime bozze, ad aumenti del credito d’imposta per i beni immateriali e per la formazione 4.0 e a risorse ad hoc per potenziare l’attrazione degli investimenti dall’estero. Ma nel decreto potrebbe trovare spazio anche il taglio del cuneo per difendere i salari, chiesto a gran voce dal Pd. Sul tavolo ci sarebbero circa 7-800 milioni, dopo il miliardo e mezzo stanziato con la manovra per ridurre dello 0,8% i contributi a carico dei dipendenti con i redditi fino a 35mila euro. Una misura una tantum per il 2022, che ora, e sempre a tempo, potrebbe essere rafforzata.

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Liliana Segre: «Israele e Palestina, intrappolati nell’odio. Ma la pace resta l’unica via possibile»

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Parole profonde, lucide, amare. Quelle della senatrice a vita Liliana Segre, che in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera si è espressa con fermezza sul conflitto in Medio Oriente, sull’antisemitismo, sulla crisi della democrazia in Europa e nel mondo. «Provo uno sconforto che rasenta la disperazione», ha detto commentando il riaccendersi della guerra tra Israele e Hamas. E ha lanciato un appello accorato: «Due popoli, due Stati resta l’unica via. Nonostante tutto».

«Due popoli in trappola»

Segre descrive il popolo israeliano e quello palestinese come due nazioni «intrappolate, incapaci di liberarsi da una condanna a odiarsi». Una spirale di violenza aggravata, secondo la senatrice, da una classe dirigente dominata dalle «componenti peggiori». Parole durissime su Hamas, definito un «movimento teocratico e sanguinario», e sul governo Netanyahu, che guida Israele con «una destra estremista, iper-nazionalista, con componenti fascistoidi e razziste».

«Il trauma del 7 ottobre – aggiunge – ha certamente imposto una reazione, ma la guerra a Gaza ha assunto connotati inaccettabili. Israele ha oltrepassato i limiti del diritto di difesa, provocando stragi e distruzioni immani».

Nessuna giustificazione per Hamas

Segre è chiara anche su un altro punto: Hamas non è il popolo palestinese. «Non si batte per la libertà del popolo palestinese, ma per distruggere Israele. E lo stesso vale per il regime iraniano, che li usa solo per combattere l’“entità sionista”». Anche Israele ha commesso gravi errori, ma la senatrice ricorda che il ritiro da Gaza nel 2005 apriva una strada verso la pace che è stata vanificata dalla presa del potere violenta di Hamas nel 2006.

«Il genocidio? No, ma crimini di guerra sì»

Nel corso dell’intervista, Segre torna su quanto già affermato in passato: a Gaza si sono visti crimini di guerra e contro l’umanità, da entrambe le parti. Tuttavia, non si può parlare di genocidio: «È un concetto preciso, giuridicamente e storicamente. Le atrocità commesse non bastano a definirlo tale».

La pace come unica via

Nonostante tutto, Segre continua a credere nella soluzione dei due Stati: «Ogni fiammata di violenza rende tutto più difficile, ma non ci sono alternative. Solo la volontà politica può aprire spiragli». E invita a guardare la storia, dove svolte improvvise e impensabili hanno spesso cambiato il corso degli eventi.

«Antisemitismo mai morto, ora è sdoganato»

Un passaggio forte è dedicato al ritorno dell’antisemitismo: «Non era morto, ma nascosto. Ora non ci si vergogna più. Si prende a pretesto la condotta del governo israeliano per giustificare l’odio contro tutto il popolo ebraico, anche contro la diaspora».

L’allarme globale: autoritarismi e il pericolo Trump

Liliana Segre allarga lo sguardo al mondo: «La rielezione di Trump destabilizzerebbe l’ordine globale». Poi punta il dito contro l’ascesa dell’estrema destra in Europa, le interferenze russe, l’influenza di magnati americani nei processi democratici. E una condanna durissima va alla scena dell’incontro alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky: «Un’umiliazione pubblica che mi ha disgustata. Gli Stati Uniti erano i liberatori dell’Europa dal nazifascismo. Vederli rinnegare quel ruolo è un dolore profondo».

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Comunali a Bolzano: Corrarati avanti con il 36,5%, Andriollo al 27,6% dopo 75 sezioni scrutinate

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Con lo scrutinio ormai quasi completato, Claudio Corrarati, candidato sindaco del centrodestra, si conferma in netto vantaggio alle elezioni comunali di Bolzano. Dopo lo spoglio di 75 sezioni su 80, l’ex presidente della Cna ha raggiunto il 36,5%, mentre il suo principale sfidante, l’assessore uscente Juri Andriollo del centrosinistra, è fermo al 27,6%.

Nel capoluogo altoatesino, dove il voto è storicamente influenzato dalla composizione linguistica e territoriale eterogenea, il dato resta comunque soggetto a variazioni nelle ultime sezioni. Tuttavia, il vantaggio consolidato di Corrarati fa già pensare con concretezza a un ballottaggio tra due settimane, per il quale sarà decisivo il posizionamento della Svp. La Südtiroler Volkspartei, che governa già con il centrodestra in Provincia, potrebbe sostenere proprio Corrarati, rendendo per lui più agevole la sfida finale.

Il candidato della Svp Stephan Konder è attualmente in terza posizione con il 18,46%, seguito dall’assessore regionale Angelo Gennaccaro (La Civica) con il 12,30%.

A Merano, dopo lo scrutinio parziale (3 sezioni su 28), è avanti il sindaco uscente Dario Dal Medico, sostenuto da liste civiche di centrodestra, con il 38,9%. Lo tallona la sua attuale vice della Svp, Katharina Zeller, al 23,6%, possibile sfidante al ballottaggio.

Situazione ancora in evoluzione a Trento, dove lo scrutinio procede a rilento. Nella notte, nessuna delle 98 sezioni risultava ancora scrutinata. Il sindaco uscente del centrosinistra Franco Ianeselli è considerato favorito, ma una riconferma al primo turno appare difficile.

Il vero dato politico di questa tornata elettorale è però il crollo dell’affluenza. A Bolzano ha votato solo il 52,16% degli aventi diritto, contro il 60,65% del 2020, quando si votò su due giorni. A Trento, l’affluenza è scesa dal 60,98% al 49,93%. A livello provinciale ha votato in Alto Adige il 60% (contro il 65,4% del 2019) e in Trentino il 54,53% (contro il 64,08%).

 

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Lega va avanti su Autonomia, legge delega al prossimo Cdm

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Con passo da maratoneta, la Lega non molla e va avanti sull’attuazione dell’Autonomia differenziata, sua battaglia storica. Il padrino della riforma, il ministro Roberto Calderoli, è pronto con la legge delega per la determinazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione. La presenterà al Consiglio dei ministri la prossima settimana, al massimo quella successiva. Il responsabile degli Affari regionali e dell’Autonomia l’ha detto nel suo mini tour tra Trento e Bolzano, dove oggi si vota per le Comunali. In effetti, dopo i ritocchi fatti alla legge originaria e imposti dalla Corte Costituzionale che, nella sentenza di dicembre, ha dichiarato l’illegittimità di alcune parti, la delega è pronta per il passaggio a Palazzo Chigi e subito dopo in Parlamento.

Nel testo vengono individuati – distinti per funzioni e non più per materie, come indicato dalla Consulta – gli standard minimi di servizio pubblico che sono indispensabili a garantire, da Nord a Sud, i diritti civili e sociali che la Costituzione tutela. Si va dal lavoro al diritto all’istruzione, dall’ urbanistica alle reti di trasporto fino ad ambiente ed energia. Per Calderoli, l’obiettivo è chiudere la partita entro fine anno. Parallelamente procede l’altro fronte: quello delle negoziazioni sulle materie non Lep avviate con 4 regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria) che hanno chiesto forme differenziate di autonomia. Superate le riserve di alcuni ministeri (non guidati dalla Lega) su alcune funzioni come la Protezione civile, si prosegue e chissà che anche gli alleati più dubbiosi possano cedere. Specialmente Forza Italia, spinta dagli amministratori del Sud che temono disparità rispetto al più ricco Nord.

Apparentemente, si avvera l’auspicio di Matteo Salvini che, anche al congresso della Lega di aprile, ha associato l’Autonomia alla riforma del Premierato: “Vanno insieme, mano nella mano”. Un binomio che, secondo le opposizioni, tradisce uno scambio tra FdI e Lega. Di certo, il Presidenzialismo sta a cuore alla premier Giorgia Meloni che l’ha ribadito di recente all’AdnKronos (“Ci riusciremo”). E anche oggi i vertici del suo partito insistono sul fatto che la priorità sia la “madre di tutte le riforme” (nel copyright di Meloni), più della legge elettorale. A tirare in ballo, implicitamente, il sistema di voto sono state le parole della premier tentata da un secondo mandato.

Tuttavia, è innegabile che una riforma che potenzi i poteri del capo del governo debba definire anche il resto dell’architettura istituzionale del Paese, a partire proprio dalla legge elettorale. Il centrodestra ci sta ragionando, anche considerando che il premierato da 10 mesi è di fatto in standby alla Camera (al secondo dei 4 passaggi richiesti) e che è difficilissimo che l’iter si chiuda entro fine legislatura e si voti il referendum confermativo.

La bozza a cui si sta lavorando prevede di cancellare i collegi uninominali (anche nell’ottica di evitare il rischio di alleanze che tenterebbero il centrosinistra specie al Sud), puntare a una legge proporzionale con un premio di maggioranza del 15% per la coalizione che superi la soglia del 40%, indicare sulla scheda il candidato Premier della coalizione e fissare una soglia di sbarramento per i partiti più piccoli attorno al 3% e non oltre il 5%. Ma più fonti del centrodestra assicurano che non ci sono novità all’orizzonte, né confronti a breve.

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