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Esteri

Mosca avverte gli investitori, ‘i soldi restano qui’

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 “Alla fine l’effetto sanzioni passera’, e a vincere saranno gli investitori che non hanno abbandonato il Paese”. Si sforza di mostrarsi ottimista il primo ministro russo, Mikhail Mishustin, nonostante i paurosi colpi subiti dai mercati russi nelle ultime 48 ore. Ma sa bene che questo non basta per rassicurare gli imprenditori occidentali, e quindi alla carota degli ipotetici vantaggi futuri fa seguire il bastone delle misure punitive: un decreto presidenziale, avverte, e’ in preparazione per impedire la fuga delle societa’ straniere. Un nuovo minaccioso segnale di una situazione d’emergenza che continua a preoccupare anche la popolazione e che quindi potrebbe alimentare le proteste. Le voci contrarie all’intervento armato in Ucraina continuano a farsi sentire. Yulia Navalnaya, moglie dell’oppositore Alexei Navalny, che sta scontando una condanna a due anni e mezzo di reclusione, ha pubblicato un post su Instagram in cui afferma che “Putin non e’ la Russia”. “Non vogliamo bombardare nessuno. Sparare a nessuno. Conquistare nessuno – aggiunge -. Vogliamo la pace e non ce ne staremo zitti!”. Mentre Ilya Yashin, consigliere comunale e alleato dello stesso Navalny, ha proposto ai russi di creare comitati anti guerra. Proprio a prevenire il diffondersi del dissenso sembra destinata una nuova normativa di cui ha parlato il presidente della Commissione della Duma per la Sicurezza e la lotta alla corruzione, Vasily Piskarev, secondo il quale chi verra’ giudicato di diffondere “notizie false” relative alla guerra potra’ essere condannato fino a 15 anni di reclusione. In serata arriva anche la richiesta del procuratore generale di bloccare due tra le piu’ autorevoli emittenti indipendenti: il canale televisivo online Dozhd e la stazione radio Echo di Mosca. Le sanzioni internazionali “avranno un effetto boomerang”, afferma la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova. Un’affermazione vera solo in minima parte. Se le maggiori Borse europee lasciano sul terreno oltre il 2%, quella di Mosca e’ rimasta chiusa per il secondo giorno consecutivo e le grandi societa’ russe quotate all’estero, come Lukoil, Gazprom e Rosneft, hanno subito nuovi terrificanti colpi dopo quelli incassati il giorno prima. Mishustin e’ stato incaricato di presiedere uno speciale comitato insediato per cercare di gestire la drammatica situazione. I contenuti del decreto presidenziale di cui ha parlato non sono stati resi noti, ma lo stesso premier ha spiegato che conterra’ misure per “imporre restrizioni temporanee” sul ritiro dei capitali da parte delle imprese straniere. Tra i principali Paesi interessati figura l’Italia, con investimenti in Russia pari a 5 miliardi di dollari – secondo quanto reso noto dal presidente Vladimir Putin in un incontro con i gruppi industriali italiani il mese scorso – e un interscambio commerciale di oltre 31 miliardi di dollari. Ma in questo clima di scontro, che induce molti a porsi domande sull’imprevedibilita’ dello stesso Putin, il capo del Cremlino mostra il suo lato piu’ responsabile in una telefonata con il principe della Corona emiratino Mohamed bin Zayed Al Nahyan alla vigilia di un incontro ministeriale dell’Opec+, il cartello dei produttori di petrolio allargato alla Russia. I due interlocutori, sottolinea Interfax, hanno affermato “l’intenzione di continuare a coordinare gli sforzi per la stabilita’ del mercato globale dell’energia”.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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Insulti sui social tra Netanyahu e il leader colombiano Petro

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Scambio di insulti, sui social, tra il presidente colombiano, Gustavo Petro, e il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Quest’ultimo ha detto che il suo Paese non avrebbe preso “lezioni da un antisemita che sostiene Hamas”, dopo che Petro, pochi giorni fa, aveva chiesto alla Corte penale internazionale dell’Aja di emettere un ordine d’arresto nei confronti di Netanyahu. “Signor Netanyahu, passerai alla storia come un genocida”, ha risposto a sua volta il leader progressista colombiano, smentendo di appoggiare Hamas in quanto “sostenitore della democrazia repubblicana, plebea e laica”. “Sganciare bombe su migliaia di bambini, donne e anziani innocenti non fa di te un eroe. Ti poni al fianco di coloro che hanno ucciso milioni di ebrei in Europa. Un genocida è un genocida, non importa se ha una religione o no. Cerca almeno di fermare il massacro”, ha postato Petro.

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