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Politica

Corsa al Quirinale: diffidenza degli alleati, il nodo numeri frena Berlusconi

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I numeri, ma ancora di piu’ i nomi delle new entry tra i grandi elettori, frenano la corsa di Silvio Berlusconi verso il Quirinale. Malgrado i toni cordiali, il secondo vertice del centrodestra su questo tema sancisce, a 12 giorni dalla prima chiama, lo stallo della coalizione, con l’ex premier fortemente convinto delle sue chances di successo ma ancora stretto dalla morsa dei suoi alleati sempre piu’ diffidenti. A parole tutti alla riunione assicurano piena vicinanza al Cavaliere. E se chiedono rassicurazioni sui numeri e’ solo per tutelarlo. Ufficialmente l’auspicio generale e’ che gia’ nel prossimo vertice, tra giovedi’ e venerdi’ prossimo, il Cavaliere sciolga “favorevolmente” la riserva della sua candidatura presentando l’elenco certo dei suoi grandi elettori. Ma tanti sospettano che in realta’ tutta questa cosiddetta “Operazione Scoiattolo”, questa caccia a uno a uno dei voti, non portera’ da nessuna parte. Da qui il timore che se Berlusconi volesse andare avanti lo stesso, alla fine il rischio sarebbe il naufragio non solo suo di ma di tutta la coalizione. Salvini stesso, con grande delicatezza, ha ricordato i numeri con cui sono stati eletti Scalfaro (672 voti al 16/o scrutinio) e Mattarella (665 al 4/o scrutinio), definendo la partita “delicata”. Un esperto osservatore centrista offre una interpretazione netta di queste parole: “Salvini e Meloni non sono stupidi: stanno dicendo al Cavaliere, vai avanti tu che a me viene da ridere”. Insomma, ovviamente poco disponibili a suicidarsi, la loro linea e’ quella di sperare che cambi idea nel modo meno traumatico possibile, cosi’ da lavorare insieme a una soluzione sempre condivisa ma diversa. Tra l’altro, la preoccupazione di Lega e Fdi e’ anche quella che per affondare un potenzialmente debole candidato , quale risulterebbe essere ora Berlusconi, si crei invece un fenomenale “king-maker”. Non a caso Giorgia Meloni teme che dopo tutto questo tira e molla, Forza Italia possa andare alla fine a trattare il nome con il Pd. In questa chiave, molti tra i sovranisti hanno letto con preoccupazione la notizia della visita di Gianni Letta questa mattina presto a Palazzo Chigi, dopo le sue pesanti dichiarazioni delle ultime 24 ore. L’ex sottosegretario alla presidenza non ha visto il presidente del Consiglio Mario Draghi, assente in quel momento, ma ha incontrato il suo capo di gabinetto, Antonio Funiciello. Un super attivismo che agita le acque gia’ mosse nel centrodestra. Insomma, in questo clima solo apparentemente calmo, durante la riunione e’ stato bocciato bruscamente il cosiddetto “metodo Sgarbi” e le modalita’ con cui il noto critico d’arte, assente al vertice, sta portando avanti da giorni la caccia ai grandi elettori. Ora lavoreranno direttamente tutti i partiti e i loro capigruppo. “Noi, solo oggi, abbiamo portato da Berlusconi 28 elettori certi, ma non uscira’ mai un nome: si lavora cosi’, non come ha fatto Vittorio”, confida irritato un dirigente azzurro. Poi Silvio andra’ in Europa – osservano fonti azzurre – e chissa’ che non riceva qualche endorsement importante, magari della Presidente ad interim del Parlamento europeo, Roberta Metsola. I numeri? Nessuno – replica la stessa fonte – ora li ha certi. Si vedra’ tutto dopo la terza chiama, magari Berlusconi sciogliera’ la riserva solo allora. “La partita e’ lunga, difficile, ma la vogliamo giocare sino in fondo e possiamo vincerla”. Intanto, la coalizione si spacca sull’eventuale ritorno al proporzionale, un tema solo apparentemente distinto da quello del Colle. A porre il tema al vertice, il leader di Coraggio Italia, Luigi Brugnaro. Assente Giovanni Toti, e’ stato il Sindaco di Venezia a chiedere agli alleati una riflessione su una riforma elettorale in tal senso. Proposta accolta negativamente, tanto che in serata, tutti i leader presenti, tranne appunto Brugnaro, hanno diffuso una nota congiunta in cui impegnano i propri partiti “in vista delle future elezioni politiche, a non modificare l’attuale legge elettorale in senso proporzionale”. Una ulteriore grana in vista della conta per il Colle.

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Napoli

De Luca: Manfredi smentisca consulenze a docenti Federico II

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Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, chiede al commissario di Bagnoli, vale a dire il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, di smentire quanto “sostengono gli esponenti di Fratelli d’Italia di Napoli in merito alle consulenze a docenti della Federico II”. “Io suggerirei al commissario di smentire queste illazioni oppure di fornire l’elenco delle consulenze date a docenti della Federico II per stroncare e bloccare eventuali speculazioni”, ha sottolineato De Luca.

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In Evidenza

Ancora un Commissario: per il granchio blu e per la peste suina

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Parola mantenuta sul decreto di sostegno all’agricoltura preannunciato, a metà marzo a Roma, dal ministro Francesco Lollobrigida alla Conferenza organizzativa della Cia-Agricoltori Italiani, e frutto della collaborazione di più ministeri, – a partire da Difesa, Ambiente, Salute, Turismo – , nonché di ulteriori confronti con tutte le organizzazioni di rappresentanza del settore primario. Oggi ha preso forma in dodici articoli e verrà presentato la prossima settimana in Consiglio dei ministri. Al traguardo di un working in progress reso noto in più occasioni dallo stesso ministro Lollobrigida, ma senza fornire i dettagli sulle misure di aiuto “per rispetto – ha detto – del Cdm dove verrà discusso”. L’obiettivo dichiarato, durante la 75/ma assemblea di Fruitimprese, è quello di affrontare non solo le situazioni critiche ma anche per mettere in campo una strategia volta a migliorare i controlli del settore e altre questioni che riguardano “un mondo che deve essere protetto, salvaguardato e promosso”, ha sottolineato Lollobrigida.

Stando all’ultima bozza del provvedimento, il dl Agricoltura di prossimo varo prevede aiuti alle imprese danneggiate dalla guerra in Ucraina ma anche dal proliferare del granchio blu per cui arriva un commissario straordinario nazionale in carica fino al 2026, o per i produttori colpiti dalla “moria dei kiwi”, oltre a nuovi interventi per arginare la peste suina e il rafforzamento del contrasto alle pratiche sleali. E per limitare l’uso del suolo agricolo si dispone che “le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”. La società “Sistema informatico nazionale per lo sviluppo dell’Agricoltura – Sin Spa” viene incorporata nell’Agenzia per le erogazione in Agricoltura, Agea.

Inoltre per far fronte alla complessa situazione epidemiologica derivante dalla diffusione delle Peste suina africana (Psa) i piani di contrasto al proliferare dei cinghiali lungo l’intera Penisola verranno attuati anche mediante il personale delle Forze armate, previa frequenza di specifici corsi di formazione e mediante l’utilizzo di idoneo equipaggiamento. Sarà coinvolto un contingente di massimo 177 unità, e per un periodo non superiore a 12 mesi, con spese a carico, viene precisato nel testo, del Commissario straordinario preposto al contrasto Psa.

Il decreto guarda anche al settore pesca e dell’acquacoltura per contenere gli effetti della crisi economica conseguente alla diffusione del granchio blu. Le imprese della comparto che nel 2023 hanno subito una riduzione del volume d’affari, pari almeno al 20 per cento rispetto all’anno precedente, previa autocertificazione potranno avvalersi della sospensione per 12 mesi delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale, cambiali agrarie comprese. “In questo provvedimento – ha sottolineato Lollobrigida uscendo da Palazzo Chigi – ci saranno alcune delle cose che avevamo garantito. Sul granchio blu abbiamo fatto molto, e bisogna fare ancora di più: bisogna avere una strategia di carattere italiano ed europeo non solo per arginare i danni che vengono provocati ma anche per trovare una soluzione definitiva”.

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Politica

Pichetto: norme per il nucleare entro la legislatura

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Entro questa legislatura, il governo Meloni vuole varare tutta la normativa necessaria per reintrodurre il nucleare in Italia. Questo perché i primi reattori a fissione di 4/a generazione, quelli su cui punta l’esecutivo, dovrebbero andare in produzione alla fine del decennio. E per quella data, il governo vuole avere pronto il quadro giuridico per installarli e farli funzionare. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha annunciato i suoi obiettivi in una intervista a Radio 24. Alla domanda del giornalista se entro la legislatura potrà essere cambiato il quadro legislativo sul nucleare, Pichetto ha risposto “sì. Io ce la metto tutta. Questo è il mandato del governo e del Parlamento”.

Il ministro ha spiegato più volte che non vuole tornare alle grandi centrali, come in Francia, ma puntare sugli “small modular reactors”, il nucleare di 4/a generazione: in pratica, motori di sommergibili chiusi dentro cilindri di metallo, economici e facili da costruire e da gestire. Quattro moduli da 100 megawatt, installati insieme, forniscono l’elettricità di una centrale a gas. Secondo Pichetto, potrebbero essere direttamente i consorzi industriali a farsi la “loro” centrale. Ma i tempi per avere i piccoli reattori modulari, ha spiegato oggi il ministro, “sono 2, 3, 4 anni, il prodotto non c’è ancora.

Si parla di avere le condizioni di produzione di questi piccoli reattori alla fine di questo decennio. Vuol dire che in questa legislatura dobbiamo avere tutto a posto” dal punto di vista giuridico. Pichetto il 27 aprile ha incaricato il giurista Giovanni Guzzetta di di costituire un gruppo di lavoro per ridisegnare tutta la normativa sul nucleare in Italia, in vista del ritorno delle centrali atomiche nel nostro paese. La questione non è secondaria.

Dopo l’abbandono del nucleare nel 1987, nel nostro Paese non c’è più una disciplina sulle autorizzazioni degli impianti e sul loro funzionamento. E non ci sono neppure le fondamentali normative sulla sicurezza. Senza leggi e regolamenti, non si possono riaprire le centrali. Il ceo di Newcleo, la principale società italiana per il nucleare, Stefano Buono, giorni fa fa ha dichiarato che “se il quadro normativo verrà stabilito rapidamente, potremmo prevedere di dispiegare i primi Small Modular Reactors in Italia entro il 2033”. Ma il rinnovo delle regole non è l’unico problema.

Gli italiani hanno detto no al nucleare due volte, con i referendum del 1987 e del 2011. Il governo sostiene che questi no non sono più validi, perché si riferiscono alle grandi centrali di 3/a generazione, e non agli small modular reactors. Ma l’opposizione all’atomo resta forte nel Paese: l’opposizione di sinistra è contraria, e così gli ambientalisti, convinti che il nucleare sia inutile e costoso, e che occorra invece puntare sulle rinnovabili. In caso di ritorno all’atomo, un nuovo referendum è un’ipotesi tutt’altro che improbabile, e dall’esito incerto. E poi c’è la questione del deposito nazionale delle scorie nucleari, mai realizzato da decenni, per le fortissime opposizioni popolari. Pichetto ha detto che punta a individuare il sito entro la legislatura, fra le 51 ipotesi individuate dalla Sogin (la società pubblica per lo smantellamento delle centrali), in Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna.

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