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L’Ue avverte Putin: serie conseguenze se attaccate l’Ucraina

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“Qualsiasi ulteriore aggressione militare contro l’Ucraina avra’ enormi conseguenze e costi elevati, incluse misure restrittive coordinate con i partner”. E’ il monito lanciato dai leader europei riuniti al Consiglio Ue a Bruxelles a Vladimir Putin, che ha concentrato un alto numero di truppe e mezzi lungo il confine con il Paese, paventando il rischio di un’invasione. I 27 hanno chiesto alla Russia una “immediata de-escalation”, e hanno messo nero su bianco che sostengono l’integrita’ territoriale ucraina. Il Consiglio europeo inoltre ha incoraggiato “sforzi diplomatici”, sostenendo il formato Normandia nel raggiungere la “piena attuazione degli accordi di Minsk”. In altre parole l’Ucraina non si tocca. L’obiettivo per la Ue e’ evitare lo spettro di una guerra alle frontiere orientali dell’Unione e anche alle porte dell’inverno, che avrebbe conseguenze pesanti per la stabilita’ e sicurezza del Vecchio continente ma anche per quella mondiale in tempi di pandemia, considerato che il dossier viene seguito con la massima attenzione anche dall’altra parte dell’Atlantico. Per oltre due ore i 27 capi di Stato e di governo – 21 di loro fanno parte della Nato – sono rimasti chiusi, senza cellulari, in una sala blindata per confrontarsi sulla crisi, una delle portate principali dell’ultimo Consiglio europeo dell’anno, dedicandosi al dossier dopo avere abbordato l’emergenza Covid e il tema energia. “L’inviolabilita’ dei confini” e’ uno dei “fondamenti piu’ importanti della pace in Europa e tutti insieme facciamo tutto il possibile per garantire che questa inviolabilita’ resti”, ha avvertito il cancelliere tedesco Olaf Scholz entrando al palazzo del Consiglio, facendo cosi’ intendere la direzione sulla quale l’Unione intende marciare. La discussione dei leader Ue ha toccato anche il pacchetto di sanzioni supplementari che la Commissione europea ha preparato per far fronte al rischio di una potenziale invasione russa. Ma sull’opportunita’ di usare misure preventive – invocate ieri dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky – i leader hanno lasciato la porta aperta a diverse strade nonostante il pressing degli Usa che – secondo quanto riportato da alcune fonti citate da Bloomberg – spigerebbero per un pacchetto di sanzioni che potrebbe comprendere anche limiti al rifinanziamento del debito sovrano. Al coro si e’ aggiunta anche la Nato, con il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, che accogliendo a sua volta Zelenskyy ha intimato ai russi di porre fine alle provocazioni e pensare ad una de-escalation. “Noi non scenderemo mai a compromessi sul rispetto della sovranita’ territoriale dell’Ucraina”, ha avvertito il norvegese ribadendo che Kiev ha il diritto di scegliere da sola la sua strada e soprattutto quale cammino intenda intraprendere per la sua sicurezza. Un messaggio chiarissimo al leader russo, che vede invece come il fumo negli occhi la prospettiva di un’adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica. Dura anche la presa di posizione del Parlamento europeo che in una risoluzione ha definito “il dispiegamento delle forze militari russe una minaccia per pace, stabilita’ e sicurezza dell’Europa”, sottolineando l’importanza di ridurre la dipendenza energetica dell’Ue da Mosca. L’Eurocamera ha poi esortato i leader Ue a non rendere operativo il gasdotto Nord Stream 2, che collega la Russia alla Germania, indipendentemente dalla sua eventuale conformita’ alle disposizioni della direttiva Ue sul gas naturale.

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Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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