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Esteri

La vendetta talebana, terre e case tolte ai dissidenti

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Sfrattati da un giorno all’altro dalle proprie case o dalle terre finora coltivate per vivere: dopo la presa di Kabul, insieme all’imposizione di regole oscurantiste come quelle che escludono le donne da scuole, universita’ e mondo del lavoro, dai talebani arrivano le vendette contro minoranze ostili e oppositori politici. Nelle ultime settimane, ha denunciato Human Rights Watch, i sedicenti studenti coranici hanno cacciato con la forza numerosi dissidenti residenti in diverse province dell’Afghanistan, distribuendo parte delle terre sottratte ai propri affiliati. Operazioni che hanno preso di mira in particolare la minoranza sciita degli hazara e sostenitori del deposto governo di Ashraf Ghani, in una sorta di “punizione collettiva”. Gli sfratti, secondo quanto documentato dall’ong, hanno riguardato centinaia di famiglie hazara della provincia meridionale di Helmand e di quella settentrionale di Balkh. In precedenza, altri oppositori erano stati cacciati dalle province di Daikondi, Oruzgan e Kandahar, spesso “solo con pochi giorni” di preavviso e senza alcuna possibilita’ di presentare ricorsi in tribunale. “I talebani stanno cacciando con la forza gli hazara e altri sulla base dell’etnia o delle opinioni politiche per premiare i sostenitori” del loro governo, ha denunciato Patricia Grossman, direttrice associata per l’Asia di Hrw. Intanto, in Afghanistan non si fermano le violenze. A Jalalabad, roccaforte dell’Isis-Khorasan, branca locale del sedicente Stato islamico, l’esplosione di un ordigno nascosto lungo una strada al passaggio di un mezzo militare dei mullah ha ucciso due passanti, tra cui un bambino, e ferito altre quattro persone. Sempre nel capoluogo della provincia di Nangarhar, due miliziani talebani sono rimasti uccisi in un attacco armato, secondo quanto riporta Tolo News. E nella lotta interna tra gruppi jihadisti, dopo gli attentati kamikaze che nelle ultime settimane hanno provocato decine di vittime, specie tra la minoranza sciita, l’Isis-K punta ora a nuove azioni destabilizzanti e ha rivendicato il sabotaggio della rete elettrica di Kabul, che giovedi’ ha provocato un massiccio blackout nella capitale afghana. Un caos che non accenna a placarsi, mentre un nuovo ‘Consiglio di resistenza’ composto da leader mujhaeddin ed esponenti del deposto esecutivo di Ashraf Ghani annuncia la sua formazione e minaccia una rivolta armata se i mullah non accetteranno di condividere il potere.

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Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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