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Scieri: procura chiede 18 anni per un ex caporale

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

“Sono tutti, a vario titolo, colpevoli della morte di Emanuele Scieri avvenuta il 13 agosto 1999 anche se il suo corpo fu trovato solo tre giorni dopo ai piedi di una torre di prosciugamento dei paracadute nella caserma ‘Gamerra’ di Pisa, e per questo devono essere condannati o processati”. E’ la conclusione della requisitoria del pm, Sisto Restuccia, e del procuratore Alessandro Crini, svolta oggi davanti al gup di Pisa per il procedimento per la morte di Scieri, 26 anni, di Siracusa, deceduto 22 anni fa nella citta’ toscana dove era arrivato per il servizio di leva come para’. Una morte per la quale la procura ha chiesto la condanna a 18 anni di reclusione carcere per l’ex caporale Andrea Antico (ancora in servizio presso l’Esercito), accusato di omicidio volontario e il rinvio a giudizio di altri due allora caporali, Alessandro Panella e Luigi Zabara (che hanno scelto il rito ordinario). Tra gli imputati figurano anche l’ex comandante della Folgore, Enrico Celentano, e l’allora aiutante maggiore, Salvatore Romondia: accusati di favoreggiamento, hanno entrambi scelto il rito abbreviato. L’accusa per loro ha chiesto 4 anni, sostenendo anche che il reato sarebbe da riqualificare in depistaggio. Scieri, secondo quanto ricostruito dalla procura, mori’ la sera del 13 agosto 1999 in conseguenza di un atto di nonnismo da parte dei tre ex caporali che poi lo lasciarono a terra agonizzante. Il suo corpo fu scoperto solo tre giorni dopo. Una prima indagine della procura pisana fini’ nel nulla. E’ stato poi il lavoro della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Sofia Amoddio a raccogliere elementi utili, consegnati nel 2017 ai pm di Pisa che hanno avviato nuove indagini sfociate nel procedimento in corso: le decisioni del gup, Pietro Murano, sia per il rito abbreviato sia per le richieset di rinvio a giudizio e’ attesa per l’11 ottobre. “Abbiamo individuato le responsabilita’ di ciascun imputato attraverso una rilettura di tutte le testimonianze e degli atti processuali – ha detto Crini durante la requisitoria – e a collocare il terzetto di ex caporali sulla scena del crimine sono le ‘voci’ di caserma. Le testimonianze di allora e di oggi hanno evidenziato una linearita’ del racconto”. Il procuratore ha anche definito “stravagante l’ispezione condotta alla ‘Gamerra’ dal generale Celentano la notte di Ferragosto: era li’ proprio perche’ informato della morte di Scieri e la sua presenza e’ accertata dalla cella telefonica che segnala il suo telefono cellulare con il quale chiama casa sua a Livorno per annunciare un rientro ritardato, ma il corpo senza vita di Emanuele viene scoperto solo nel primo pomeriggio del 16 agosto, quindi oltre 24 ore dopo il passaggio dalla caserma dello stesso Celentano e oggi i suoi ‘non ricordo’ sono inaccettabili”. Lunedi’ spazio alle parti civili e alla difesa di Antico, il 4 ottobre parleranno le difese di Celentano e Romondia e l’11 ottobre i difensori di Panella e Zabara. L’avvocatura dello Stato (il ministero della Difesa e’ stato ammesso sia come responsabile civile e che come parte civile) ha gia’ depositato conclusioni scritte.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

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Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

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Vino nel biberon per errore, bimbo 4 mesi in rianimazione

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Vino bianco al posto dell’acqua per preparare il latte in polvere a suo figlio di quatto mesi. Un errore, è l’ipotesi degli investigatori, commessa da una donna di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che ha fatto finire il piccolo in coma etilico. Ricoverato in rianimazione all’ospedale pediatrico di Bari, le sue condizioni sono in lieve miglioramento. A fare insospettire la donna è stato il rifiuto del piccolo che dopo i primi sorsi avrebbe smesso di bere respingendo il biberon. A quel punto la sua mamma si sarebbe accorta di non aver mescolato il latte in polvere con l’acqua.

A farla sbagliare sarebbe stato il colore scuro della bottiglia in cui era contenuto il vino. Subito dopo aver compreso l’errore, la donna ha portato il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi dove il piccolo è arrivato già in coma etilico. Sottoposto a una lavanda gastrica, è stato intubato e trasferito d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione.

La procura di Brindisi ha avviato un’indagine, ma al momento l’ipotesi prevalente dei carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana è che sia stato un incidente domestico. Dai riscontri dei militari non sono emersi altri elementi. L’affanno dovuto alle incombenze quotidiane, la necessità di preparare in fretta il biberon per il proprio figlio e la bottiglia scura avrebbero portato la donna a sbagliare. E’ stato lo stesso bimbo, rifiutandosi di continuare a bere, a rivelare che quel liquido non era latte. Un segnale subito percepito dalla mamma che si è resa conto in pochi istanti quale fosse il vero contenuto della bottiglia da cui aveva prelevato il liquido credendo fosse acqua.

La corsa in ospedale è stata immediata, dall’abitazione al pronto soccorso del Perrino. Qui il piccolo è stato preso in cura dai medici che con stupore hanno accertato il coma etilico di un bimbo di soli quattro mesi. Un quadro clinico che ha allarmato il personale sanitario e che ha portato al trasferimento del bimbo a Bari dov’è stato sottoposto a specifiche cure. Al momento la prognosi è riservata ma i medici sono fiduciosi perché le condizioni del piccolo migliorano. La notizia ha scatenato tante reazioni anche sui social dove molti manifestano comprensione per “il dispiacere e per quello che sta passando in queste ore la mamma”, auspicando che “il piccolo possa presto riprendersi da questo brutto incidente”.

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