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L’ultimo C-130 lascia Kabul, via tutti gli italiani e 4.900 afghani

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Alle 15, ora italiana, un C-130 dell’Aereonautica militare è decollato dall’aeroporto Hamid Karzai di Kabul. E’ l’ultimo volo del ponte aereo umanitario tra l’Afghanistan e l’Italia iniziato a Ferragosto. Il velivolo, dopo lo scalo a Kuwait city, riporta domani mattina in Italia altre 110 persone, tra cui 58 afghani. A bordo anche l’ambasciatore Stefano Pontecorvo con lo staff Nato, il console Tommaso Claudi – il diplomatico della foto-simbolo, forse, di questa drammatica emergenza – e i carabinieri del Tuscania che erano rimasti ancora sul posto. “Sono state giornate infinite e di grande sacrificio per i nostri diplomatici e militari – ha commentato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio -. Sul campo, fino all’ultimo istante utile, hanno aiutato migliaia di afghani, a partire da donne e bambini, a lasciare il Paese, oltre a tutti gli italiani che hanno scelto di tornare a casa: hanno fatto un lavoro immenso, di cuore, e hanno dimostrato di essere una grande squadra”. Il bilancio dell’operazione di messa in sicurezza dei cittadini italiani e di civili afghani supera le 5 mila unita’, piu’ di quanto fatto da Germania e Francia. Sono state “evacuate 5.011 persone di cui 4.890 afghani grazie alla missione Aquila Omnia – annuncia il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini -. Tra di loro 1.301 donne e 1.453 bambini”. Per il ministro, le Forze armate italiane “con questa operazione, molto delicata e complessa sin dalle fasi iniziali, hanno svolto un eccezionale lavoro garantendo il ponte aereo che, dopo l’aggravarsi della crisi politico e sociale in Afghanistan, ha portato in Italia un numero di persone ben superiore a quello previsto inizialmente”. Soddisfazione e’ stata espressa anche da Luciano Portolano, Comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze (Covi), la struttura che ha gestito questa complessa attivita’. “Abbiamo fatto il massimo”, afferma dopo che alle 18.35 e’ decollato un altro velivolo C-130J, con cui ha lasciato l’Afghanistan anche la Joint Evacuation Task Force (JETF), vale a dire quel manipolo di militari che dal 13 agosto hanno gestito sul campo le operazioni di evacuazione e che torneranno in Italia all’inizio della prossima settimana. “Con oggi termina l’impegno ventennale delle forze armate in Afghanistan e il mio pensiero va ai 54 caduti e alle loro famiglie, ai 723 feriti e alle vittime di atti terroristici”, ha detto Portolano, un veterano dell’Afghanistan. Concluse le operazioni di rientro, va avanti la macchina degli aiuti e assistenza ai profughi giunti in Italia. A Firenze l’Istituto degli Innocenti, istituzione che da sei secoli difende i diritti dell’infanzia, ha messo a disposizioni le strutture per le madri e bambini fuggiti da Kabul. La Liguria si sta attrezzando per ospitare fino a 350 persone mentre la Regione Campania al momento ospita 126 profughi. Donne, bimbi “ai quali manca tutto, sono venuti solo con il loro corpo” afferma il presidente della Campania, Vincenzo De Luca. Da ieri, intanto, ha preso il via la campagna di vaccinazione con le prime mille dosi somministrate nel Lazio. Oggi anche in Abruzzo e’ stato allestito un hub dedicato ai cittadini afghani. Ad Avezzano saranno trasferite circa 2.000 persone presso il Centro Operativo Emergenze della Croce Rossa Italiana che oggi ha lanciato anche una raccolta fondi a livello nazionale. Gli arrivi sono cominciati ieri sera e andranno nei prossimi giorni.

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Rubio a Lavrov: è ora di mettere fine a guerra senza senso

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Il segretario di Stato Marco Rubio ha detto al ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che è il momento di mettere fine alla “guerra senza senso” in Ucraina. Rubio, in una recente intervista, ha definito la settimana in corso “cruciale” per capire le intenzioni di Russia e Ucraina, e per gli Stati Uniti per decidere se continuare o meno lo sforzo per la pace.

Nel corso del colloquio telefonico con Lavrov, Rubio ha messo in evidenza che “gli Stati Uniti sono seriamente intenzionati a porre fine a questa guerra insensata”, riferisce il Dipartimento di stato. Il segretario di stato ha quindi discusso con il ministro degli esteri russo dei “prossimi passi nelle trattative di pace e della necessità di porre fine alla guerra ora”.

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La squadra di Merz, il paladino di Kiev agli Esteri

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L’era Merkel è lontana e anche la politica, per molti troppo prudente, di Olaf Scholz è alle spalle. Friedrich Merz ufficializza la squadra dei futuri ministri conservatori e punta, per tirare la Germania fuori dalla crisi, su nomi nuovi: due top manager per l’economia e la digitalizzazione del Paese, un mastino bavarese agli Interni per la svolta sull’immigrazione, e un esperto di Difesa versato in diplomazia, fautore del massimo sostegno a Kiev, al ministero degli Esteri. Con queste scelte il cancelliere in pectore, che dovrebbe essere eletto al Bundestag il 6 maggio, si è detto pronto ad affrontare le sfide dei prossimi anni e le molte incognite che assillano un’Europa “minacciata” e incerta del futuro.

“Il supporto all’Ucraina è necessario per preservare la pace e la libertà in Germania”, ha scandito prendendo la parola al piccolo congresso di partito dei democristiani, che hanno approvato a Berlino il contratto di coalizione firmato coi socialdemocratici di Lars Klingbeil. “Consideriamo il nostro aiuto all’Ucraina come uno sforzo congiunto di europei e americani dalla parte dell’Ucraina. Non siamo parte in causa in questa guerra e non vogliamo diventarlo, ma non siamo neanche terzi estranei o mediatori tra i fronti. Non ci devono essere dubbi sulla nostra posizione: senza se e senza ma, dalla parte di questo paese attaccato”, ha incalzato ribadendo il rifiuto di una pace imposta. Merz ha anche ribadito di non volere alcuna guerra commerciale con gli Usa, e di esser pronto a spendersi “con ogni forza per un mercato aperto”. Sul fronte migranti, ha assicurato la svolta, che dovrà strappare la Germania alla seduzione dell’ultradestra: “Dal giorno numero uno proteggeremo al meglio le nostre frontiere, con respingimenti massicci”.

Per realizzare questi piani, Merz ha scelto Johann Wadephul, 62 anni, come ministro degli Esteri. L’uomo della Cdu che in passato ha spinto per un sostegno pieno a Kiev, contestando le remore di Scholz e spingendo ad esempio per la consegna dei Taurus, che il Kanzler uscente ha sempre negato a Zelensky. Ex riservista dell’esercito, giurista e poi deputato dal 2009, è un fidatissimo di Merz, e viene ritenuto un grosso esperto di difesa: avrebbe potuto essere anche ministro del settore che andrà invece all’SPD e resterà a Boris Pistorius. Agli Interni sarà nominato il noto volto della Csu bavarese Alexander Dobrindt, “il nostro uomo di punta a Berlino per la questione centrale della svolta sui migranti”, nelle parole di Markus Soeder che ha presentato i tre ministri in quota del suo partito.

La stampa tedesca ha accolto con interesse anche le nomine della brandeburghese Katherina Reiche, 51 anni, all’Economia – top manager del settore energetico, e proveniente dall’est – e quella di Karsten Wildberger, 55 anni, ceo di Mediamarkt e Saturn, colossi dell’elettronica, designato alla Digitalizzazione all’Ammodernamento dello Stato. All’Istruzione andrà Karen Prien, dello Schleswig-Holstein, prima ebrea a ricoprire un incarico da ministra, secondo quanto ha scritto Stern. In squadra ci sono poi Patrick Schnieder ai Trasporti, Nina Warken alla Salute, Thorsten Frei come ministro per la Cancelleria e l’editore conservatore Wolfram Weimer come ministro di Stato alla Cultura. Mentre è stato ancora Soeder a ostentare la scelta del suo partito per la ministra alla Ricerca e all’Aerospazio, Dorothea Baer, e il ministero dell’Alimentazione Agricoltura e Patria: “Dopo un vegano verde arriva un macellaio nero”. Basta col tofu, ha ironizzato il populista bavarese. Il governo di Merz sarà completo soltanto quando i socialdemocratici ufficializzeranno i loro nomi, il 5 maggio. Il partito di Klingbeil attende il referendum della base, che dovrà pronunciarsi sul patto con Merz: il risultato è atteso il 30 aprile. E solo se sarà positivo Merz sarà eletto cancelliere al Bundestag, il 6 maggio. Ma all’Eliseo non hanno dubbi: è stata già annunciata una sua visita a Parigi il 7.

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Blackout in Spagna e Portogallo: indagini in corso, ipotesi anche di un cyberattacco

Spagna e Portogallo colpiti da un blackout elettrico: disagi nei trasporti e nelle comunicazioni. Il governo indaga, possibile anche un cyberattacco.

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Poco dopo le 12 di oggi, migliaia di cittadini in tutta la Spagna continentale e in Portogallo sono stati colpiti da un improvviso blackout elettrico. Come riportato dal quotidiano “El País”, il governo spagnolo ha attivato diversi team tecnici di vari ministeri per indagare sulle cause dell’interruzione, anche se al momento non esiste ancora una spiegazione ufficiale.

Secondo quanto riferito da Red Eléctrica, l’azienda pubblica responsabile della gestione del sistema elettrico nazionale, si sta lavorando intensamente per ripristinare la fornitura di energia. Anche l’Istituto nazionale di cybersicurezza è coinvolto nelle analisi, valutando la possibilità che il blackout possa essere stato causato da un attacco informatico, sebbene non ci siano ancora conferme in tal senso.

Reti di comunicazione e trasporti in tilt

Il blackout ha avuto ripercussioni su diversi settori strategici: sono stati colpiti reti di comunicazione, aeroporti e linee ferroviarie ad alta velocità in Spagna e Portogallo. Problemi sono stati segnalati anche nella gestione del traffico stradale, con numerosi semafori fuori servizio, oltre che in centri commerciali e strutture pubbliche.

La ministra spagnola della Transizione ecologica, Sara Aagesen, ha fatto visita al centro di controllo di Red Eléctrica per seguire da vicino le operazioni di ripristino. L’azienda ha attivato un piano di emergenza che prevede il graduale ritorno alla normalità, iniziando dal nord e dal sud della penisola iberica.

Coinvolta anche la Francia meridionale

Le interruzioni non hanno riguardato esclusivamente la Spagna e il Portogallo: alcune aree del sud della Francia, interconnesse con la rete elettrica spagnola, hanno subito disagi simili. Le autorità francesi stanno monitorando attentamente la situazione in coordinamento con le controparti spagnole.

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