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Esteri

Bimbi afghani consegnati dalle mamme ai soldati stranieri: salvateli

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E’ l’ultima, estrema, speranza di assicurare un futuro ai figli, fuori dall’Afghanistan dei nuovi talebani: all’aeroporto di Kabul, madri disperate consegnano i loro bambini nelle mani di soldati stranieri con la preghiera di portarli in salvo, lontano da li’, dove il dolore della separazione fa meno paura della vendetta dei miliziani islamici tornati al potere. Per il secondo giorno consecutivo, i talebani – gia’ caduta la maschera di un nuovo corso piu’ attento ai diritti umani – sono tornati a sparare sulla folla che celebrava l’anniversario dell’indipendenza dai britannici del 1919 issando la bandiera afghana in segno di sfida al vessillo del nuovo Emirato islamico. Morti e feriti si contano nelle citta’ orientali Asadabad e Jalabad. I video dallo scalo afghano, dove si accalcano sotto la minaccia dei talebani migliaia di persone in fuga, mostrano piccoli fagotti umani passati di mano in mano e sollevati di peso oltre il muro di cinta da militari britannici, che a loro volta aiutano a tirare su anche alcune donne, mentre la folla preme, sventolando documenti e visti, cercando di assicurarsi un salvacondotto e un accesso agli aerei salvavita. Ma il segretario alla Difesa britannico, Ben Wallace, ha detto chiaramente a Skynews – l’emittente che aveva trasmesso le prime immagini dei bambini passati oltre il muro – che nessun minore non accompagnato sara’ portato fuori dall’Afghanistan. Per nessuno al momento c’e’ garanzia di riuscire a fuggire. Mentre proseguono le operazioni di evacuazione degli occidentali e dei loro collaboratori locali (sono gia’ oltre 8500 quelli portati fuori dal Paese dalla caduta di Kabul), i talebani bloccano l’accesso all’aeroporto: nei check point sulla strada verso lo scalo ostacolano il passaggio degli afghani, sparano colpi, minacciano, urlano, terrorizzano intere famiglie. Per garantire la sicurezza delle operazioni di esfiltrazione, gli Stati Uniti hanno inviato jet F-18 a sorvolare la capitale.

“Ogni attacco ai nostri cittadini ricevera’ una risposta forte”, ha avvertito il Pentagono. E nonostante le rassicurazioni di facciata delle prime ore secondo cui non avrebbero cercato vendetta, i nuovi padroni dell’Afghanistan hanno intensificato la caccia agli afghani che negli anni hanno lavorato e collaborato con il nemico americano e la Nato. Secondo un rapporto riservato realizzato dal Centro norvegese per le analisi globali e citato dalla Bbc, “i talebani stanno arrestando o minacciando di uccidere o arrestare i membri delle famiglie degli individui presi di mira a meno che questi non si arrendano”. “Se ci prendono ci taglieranno la testa”, e’ la drammatica richiesta di aiuto di un interprete afghano delle forze Usa: “Perche’ gli americani si sono dimenticati di noi?”, si chiede singhiozzando in un audio messaggio trasmesso dalla Cnn. Nel giorno dell’indipendenza, piccole e coraggiose manifestazioni di protesta si sono organizzate a Kabul, dove – stando ai video sui social – hanno partecipato anche delle donne e dove ha sfilato una bandiera afghano lunga 200 metri. La mano pesante della repressione talebana contro chi protesta si e’ fatta sentire soprattutto nell’est: ad Asadabad sono morte almeno 4 persone, anche se non e’ chiaro che se le vittime siano cadute sotto i proiettili dei fondamentalisti o per il fuggi fuggi causato dagli spari. La comunita’ internazionale intanto discute di come affrontare l’emergenza umanitaria e l’accoglienza di migliaia di rifugiati. Il G7 degli Esteri si e’ riunito d’urgenza online e ha chiesto ai talebani di garantire la sicurezza di tutti gli afghani e stranieri che vogliano partire. La Russia, certa di non avere problemi col nuovo regime, si e’ offerta di mettere a disposizione la propria aviazione civile “per portare qualsiasi numero di cittadini afghani in qualsiasi Paese voglia ospitarli”. In particolare si guarda ai Paesi limitrofi. Il Pakistan, che ospita gia’ almeno 4 milioni di rifugiati, ha gia’ detto di non volerne altri, mentre l’Uzbekistan ha reso noto di averne accolti 1500 solo negli ultimi giorni. (

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Putin: “La riconciliazione con il popolo ucraino è inevitabile. È solo questione di tempo”

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“La riconciliazione con il popolo ucraino è inevitabile, ma è solo questione di tempo”. Così il presidente russo Vladimir Putin si è espresso in un’intervista concessa al giornalista Pavel Zarubin per il documentario “Russia. Cremlino. Putin. Venticinque anni”, prodotto dalla rete statale Rossiya 1 e in onda questa sera.

Nel colloquio, Putin torna a parlare del conflitto con l’Ucraina, dichiarando che, nonostante l’attuale tragedia in corso, il riavvicinamento tra i due popoli “sarà possibile”. Secondo il presidente, la Russia “non ha dato inizio prima all’operazione speciale” perché “credeva negli accordi di Minsk” e voleva risolvere pacificamente il conflitto nel Donbass.

“Abbiamo forza per concludere ciò che abbiamo iniziato”

Putin ha anche ribadito che Mosca “ha abbastanza forza e risorse per portare a una conclusione logica quanto iniziato nel 2022”, sottolineando che questo potrà avvenire “senza ricorrere all’uso di armi nucleari in Ucraina”. Un’affermazione che appare tanto rassicurante quanto carica di implicazioni strategiche: il Cremlino si dice fiducioso nel raggiungimento dei propri obiettivi militari, ma resta sul piano convenzionale.

“I rapporti con la Cina garantiscono stabilità globale”

Nel documentario, Putin ha anche toccato il tema delle relazioni internazionali, definendo l’alleanza con la Cina come un “fattore di stabilità globale”. “La turbolenza nel mondo sta solo aumentando – ha dichiarato – e le nostre relazioni così affidabili e stabili con la Cina rafforzano la stabilità mondiale semplicemente perché esistono”. Un chiaro segnale a Occidente, nel mezzo di un riassetto degli equilibri geopolitici.

Il documentario-intervista, che celebra i 25 anni al potere di Vladimir Putin, si presenta come un ritratto personale e politico del leader del Cremlino in un momento storico delicatissimo, tra guerra, sanzioni, isolamento e un crescente asse con Pechino.

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Mosca, Xi Jinping in visita in Russia dal 7 al 10 maggio

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Il presidente cinese Xi Jinping si recherà in visita ufficiale in Russia dal 7 al 10 maggio. Lo fa sapere il Cremlino, confermando la sua partecipazione alle celebrazioni del 9 maggio dell’80/o anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista nella Seconda guerra mondiale.

La presidenza russa ha affermato che Xi Jinping parteciperà anche a colloqui bilaterali sullo “sviluppo di un partenariato globale e di un’interazione strategica” e sulle “questioni attuali dell’agenda internazionale e regionale”. Si prevede che saranno firmati una serie di documenti bilaterali tra governi e ministeri russo e cinese, ha aggiunto il Cremlino. In alcuni commenti trasmessi dalla televisione cinese, un portavoce del ministero degli Esteri ha sottolineato i legami storici e strategici tra i due Paesi e ha aggiunto che Xi terrà dei colloqui con Putin in un momento in cui “l’ordine internazionale sta attraversando profondi cambiamenti”.

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Zelensky: Mosca chiede tregua mentre ci bombarda, cinismo

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“I russi chiedono una tregua per il 9 maggio, mentre attaccano l’Ucraina ogni giorno: questo è cinismo di altissimo livello”: lo scrive su X il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky dopo il raid notturno su Kiev. “Solo questa settimana la Russia ha utilizzato contro l’Ucraina più di 1.180 droni da attacco, 1.360 bombe aeree guidate e 10 missili di vario tipo”, ha aggiunto. Per Zelensky, “è necessario un vero cessate il fuoco. L’Ucraina è pronta alla tregua a ogni momento, ma non deve durare meno di un mese, per porre fine alla guerra” e “che sia non solo per i loro giorni festivi ma ogni giorno”.

“Solo questa settimana la Russia ha utilizzato contro l’Ucraina più di 1.180 droni da attacco, 1.360 bombe guidate e 10 missili di vario tipo”, ha sottolineato Zelensky, aggiungendo: “Per tutta la notte, i soccorritori a Kiev hanno spento incendi di case e auto dopo gli attacchi dei droni russi contro le zone residenziali. Purtroppo, ci sono bambini e adulti colpiti. A tutti è stata fornita l’assistenza necessaria. C’è stato un incendio a Cherkasy: un dormitorio normale stava bruciando”.

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