Mentre vengono arrestati i primi presunti piromani dopo i vasti incendi che hanno devastato soprattutto il Sud del Paese e la Sardegna, provocando 5 vittime, il governo mette a punto un pacchetto di interventi per le zone piu’ martoriate: tra le misure previste ci saranno anche ristori per consentire alle imprese agricole e zootecniche di proseguire la loro attivita’.L’obiettivo e’ “scongiurare il rischio di abbandono delle zone colpite che aggraverebbe ulteriormente la gia’ delicata situazione dei territori”, anticipa con un post su Facebook il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, annunciando che il MoVimento 5 Stelle tornera’ a chiedere con forza l’inserimento del servizio civile ambientale . Intanto dai dati che arrivano dalla Comissione europea,e in particolare dall’European Forest Fire Information System (Effis), emerge che l’Italia e’ il Paese della Ue piu’ colpito dai roghi : dall’inizio dell’anno e’ andata in fumo una superficie di 120.166 ettari, grande quasi quanto la citta’ di Roma, peggio della Grecia dove nello stesso periodo sono bruciati 116.365 ettari. Sono in Italia oltre un terzo dei boschi bruciati nell’intera Unione europea, pari finora a 358.024 ettari. E la Penisola mantiene il primato Ue anche per il numero di incendi divampati: quelli di grandi dimensioni, cioe’ oltre i 30 ettari di estensione, sono 472. Tre i presunti piromani arrestati. Due di loro sono pastori siciliani,padre e figlio, di 60 e 27 anni.Secondo i carabinieri di Noto, che li hanno pedinati e intercettati, sono responsabili di almeno due dei roghi dolosi che a luglio hanno devastato le campagne di Buccari, nel siracusano, e lambito il centro abitato, mettendo a serio rischio l’incolumita’ della popolazione. Il loro obiettivo era ampliare le terre di pascolo per il loro bestiame e risparmiare sulle spese per l’acquisto del foraggio. E per questo avrebbero progettato un nuovo grande incendio da appiccare nel giorno di Ferragosto. Il terzo arresto e’ avvenuto nella provincia di Caserta,nei pressi delle cave in disuso in localita’ “Centopertose”, dove era in corso un incendio e gli agenti hanno scoperto un cittadino romeno mentre alimentava il fuoco con delle sterpaglie. La vastita’ del rogo ha reso necessario fare ricorso ai mezzi aerei antincendio, con l’impiego di elicotteri e Canadair. L’uomo era gia’ noto alle Forze di polizia per un analogo rogo causato nell’estate del 2017 Gli arresti sono avvenuti in un’altra giornata segnata dal fuoco e dunque di forte impegno per gli equipaggi dei Canadair e degli elicotteri della flotta aerea dello Stato, coordinati dal Dipartimento della Protezione Civile,Sono state 34 le richieste di concorso aereo ricevute dal Centro Operativo Aereo Unificato (COAU) di cui 8 dalla Calabria, 7 dal Lazio, 5 dalla Campania, 4 dalla Sicilia, 3 dalla Basilicata, 2 dal Molise, una ciascuna da Toscana, Umbria, Abruzzo, Puglia e Sardegna.L’intenso lavoro svolto dai piloti della flotta antincendio dello Stato ha permesso di mettere sotto controllo o spegnere, finora, 11 roghi. Al momento, nonostante l’impiego di tutta la flotta, a quattro roghi non e’ stato possibile assegnare mezzi aerei ma le operazioni stanno procedendo via terra.
Roberto Saviano (le foto sono di Imagoeconomica)torna a parlare. Lo fa in una lunga e intensa intervista rilasciata al Corriere della Sera, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro L’amore mio non muore (Einaudi). Dall’esperienza ai funerali di Papa Francesco alla memoria dolorosa della sua zia scomparsa, dal prezzo pagato per la scrittura alla condanna della solitudine, Saviano racconta senza filtri la sua vita da recluso, il senso di colpa, il peso degli attacchi e l’ossessione per la verità.
“Ho partecipato ai funerali di Francesco, come a quelli di Wojtyla. Ma lì c’era la camorra a vendere i panini”
La sua presenza in Vaticano ha destato curiosità. Ma Saviano spiega: «Ero stato anche ai funerali di Wojtyla, da cronista. Seguivo la vendita dei panini, organizzata dal clan». E sottolinea quanto la figura di Francesco, a differenza delle autorità presenti, abbia voluto essere toccata dagli ultimi.
“Mi sento in colpa. La mia famiglia ha pagato tutto. Io ho scelto, loro hanno solo perso”
Saviano ammette il dolore più intimo: la scomparsa recente della zia, vissuta in solitudine. «Ho la sensazione di aver sbagliato tutto», confessa. «I miei genitori si sono sradicati da Caserta per proteggermi. Io ho fatto carriera, loro hanno solo pagato».
E ancora: «Pensavo di cambiare la realtà con i libri, di accendere una luce. Ma ho solo generato isolamento».
“Il simbolo è di pietra. Non puoi sbagliare, non puoi contraddirti. Non sei più uomo, ma solo rappresentazione”
La condizione di scrittore-simbolo lo opprime: «Esisto per quello che rappresento, non per quello che sono». E il suo ruolo pubblico – protetto, attaccato, giudicato – ha inciso su tutto: amicizie, amore, libertà. «Quando vuoi bene a qualcuno, quella persona deve restare fuori dalla gabbia in cui tu sei chiuso. Nessun amore sopravvive così».
“Ho pensato di farla finita. Ma il corpo ha reagito. E ho capito che la fine non era quella”
Parla anche di pensieri estremi: «Ho pensato al suicidio. Volevo mettere il punto. Poi, guardandomi allo specchio, ho capito che non era quella la soluzione». E oggi convive con crisi di panico, insonnia, ansia. «Alle 5 del mattino non respiro. E mi chiedo: dove vado adesso?».
“Rushdie è vivo solo perché l’attentatore non sapeva usare il coltello. Ma almeno ora nessuno può dire che la minaccia era inventata”
L’amicizia con Salman Rushdie è per Saviano un nodo emotivo forte. L’attacco subito dallo scrittore anglo-indiano ha svelato la verità del pericolo: «È vivo per miracolo, e ora nessuno può più dire che la fatwa era un’esagerazione. Lui almeno ha avuto una liberazione. Io no: sono ancora dentro».
“Vorrei sparire. Cambiare nome. Prendere un camion e guidare lontano. Ma so che non posso”
L’idea della fuga è ricorrente: «Vorrei una nuova identità, un’altra vita. Ho preso la patente per il camion. Sogno di fare come Erri De Luca, partire per una missione umanitaria». Ma aggiunge con amarezza: «Non ne uscirò mai. Sono un bersaglio».
ROBERTO SAVIANO
“In Italia, se non muori, ti dicono che il pericolo non era reale. La scorta diventa uno stigma, non una protezione”
Saviano riflette sull’ossessione per la scorta: «In Italia, se non ti uccidono, allora vuol dire che hai esagerato». Racconta l’episodio surreale di una signora che lo accusa in aeroporto di aver mentito sul pericolo perché era da solo.
“Con Gomorra ho illuminato l’ombra. Ora racconto Rossella, uccisa dall’amore e dalla ’ndrangheta”
Il suo nuovo libro ricostruisce la storia di Rossella Casini, ragazza fiorentina scomparsa nel 1981 perché si era innamorata del figlio di un boss. Una tragedia sommersa, raccontata con sguardo letterario e civile. «Una Giovanna d’Arco ingenua e lucida. Il suo corpo non è mai stato trovato. La sua colpa: amare dissidenti».
“Michela Murgia mi ha insegnato la libertà nei legami. E mi ha donato vita. Ora mi manca anche l’amore”
Commuove il ricordo dell’amicizia con Michela Murgia: «Mi ha insegnato a tagliare i lacci ai sentimenti». E confessa: «Mi manca l’amore. Ma come si ama, se vivi da prigioniero? L’amore ha bisogno di leggerezza. Io sono pesante, ormai».
La destituzione di madre Aline Pereira Ghammachi, 41 anni, la più giovane badessa d’Italia, è arrivata come un fulmine a ciel sereno lo scorso 21 aprile 2025, gettando nel caos il monastero cistercense dei Santi Gervasio e Protasio di San Giacomo di Veglia, alle porte di Treviso. Un provvedimento inatteso del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata, che ha commissariato il monastero nonostante le ispezioni precedenti avessero escluso anomalie. Il caso è esploso dopo che undici consorelle hanno abbandonato il convento in segno di solidarietà con la badessa rimossa.
«Mi hanno cacciata all’improvviso, senza spiegarmi il motivo»
Intervistata dal Corriere della Sera, madre Aline ha raccontato la sua versione dei fatti, parlando per la prima volta dopo la destituzione: «Il giorno di Pasquetta mi è stata comunicata la rimozione. Una cosa inaspettata. Non mi è stato chiarito il motivo del commissariamento. Mi è stato riferito solo che due anni fa sarebbe stata inviata una lettera a Papa Francesco che mi accusava di maltrattamenti. Ma quella vicenda era stata archiviata». Secondo la religiosa, a sostenere l’assenza di irregolarità era stata anche l’ispettrice madre Ester Stucchi, in una relazione che avrebbe confermato la regolarità della vita comunitaria.
Undici suore via con lei: «Pregherò per riaccoglierle»
Madre Aline racconta che l’ambiente in monastero era diventato pesante: «Il clima era insopportabile. Per questo abbiamo deciso di andar via. Undici suore hanno lasciato il convento una dopo l’altra. Alcune si sono presentate dai carabinieri per evitare allarmi. Viviamo separate, ma il mio sogno è quello di poterle accogliere tutte in un nuovo luogo, se Dio me lo permetterà».
Le accuse dell’Ordine: «Falsità e affermazioni diffamatorie»
La religiosa ha poi risposto con fermezza a chi la descrive come una figura divisiva, forse troppo moderna: «Mi sono laureata in Economia e Commercio, ho riorganizzato le attività del convento. Qualcuno parla d’invidia. L’abate Lepori avrebbe detto che sono “troppo giovane e bella per essere badessa”. Io prego soltanto perché emerga la verità».
E ancora: «Mi preoccupo per il monastero, che ha spese importanti e tante attività sociali: accoglievamo persone sole, donne in difficoltà. Avevamo un orto, una serra per l’aloe, facevamo miele, vino biologico. Non so cosa ne sarà adesso».
Infine, conclude: «L’Ordine ha diffuso falsità e affermazioni lesive della mia dignità. D’ora in avanti parleranno i miei avvocati. Ma tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per il bene del monastero».
Al concerto del Primo Maggio a Catania, organizzato per celebrare diritti e lavoro, il trapper Baby Gang ha scatenato una bufera. Prima di esibirsi con il brano Italiano, scritto insieme al collega Niko Pandetta, ha fatto una videochiamata pubblica proprio con lui, mostrandola al pubblico in delirio. Peccato che Pandetta sia detenuto in carcere, a causa di una condanna per spaccio di droga.
La videochiamata e il sospetto di un cellulare illegale in carcere
Niko Pandetta è nipote del boss mafioso Turi Cappello, storico capomafia catanese detenuto al 41 bis. Da ottobre 2024 si trova ristretto in un penitenziario calabrese, e il suo nome è spesso al centro delle polemiche per le sue canzoni che mescolano il racconto della vita di strada a espliciti riferimenti alla criminalità organizzata.
Il gesto di Baby Gang, che ha gridato dal palco «È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta!» mostrando il volto del trapper su un telefonino, è stato immortalato da decine di video, poi finiti sui social. La Procura di Catania ha aperto un’indagine per verificare se quella chiamata sia avvenuta in diretta dal carcere, ipotizzando l’uso illecito di un cellulare in cella, poi effettivamente sequestrato.
Il caso scuote l’opinione pubblica e riapre il dibattito sulla cultura trap
Il caso ha riacceso le polemiche sul mondo della trap italiana, in cui alcuni artisti si fanno vanto di legami con ambienti criminali o celebrano figure legate alla malavita. La presenza di Baby Gang — già al centro di controversie e in passato condannato per reati vari — ha provocato indignazione tra cittadini, politica e associazioni che si battono per la legalità.
La Procura vuole vederci chiaro: se sarà confermata l’autenticità della videochiamata, ci sarebbero gravi violazioni del regime penitenziario e potrebbe scattare una nuova accusa anche nei confronti di Pandetta. La diffusione pubblica del gesto, in un evento ufficiale e istituzionale, alimenta inoltre il dibattito sull’opportunità di certi artisti sui palchi pubblici.