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Covid, superati i 2mila ricoveri: pesano su Sicilia e Sardegna

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Sale ancora, su base giornaliera, rispetto all’ultimo monitoraggio settimanale della Cabina di regia, la percentuale di occupazione dei posti letto da parte di pazienti Covid nei reparti ordinari e nelle terapie intensive, arrivando rispettivamente al 4 e al 3% e guadagnando un punto percentuale in un giorno. E la situazione piu’ allarmante si registra nelle Regioni del Sud, particolarmente in Sicilia e Sardegna. A confermare i numeri in crescita e’ il monitoraggio dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) relativo al primo agosto, che registra un rialzo dell’1% sul 31 luglio. Questo mentre i numeri giornalieri del bollettino del ministero della Salute indicano un trend stabile con il fisiologico calo dei casi che si registra a seguito del fine settimana ma i ricoverati con sintomi nei reparti ordinari tornano sopra i duemila: sono 2.070, 116 in piu’ rispetto a ieri. Sono poi 3.190 i nuovi casi positivi (ieri 5.321) e 23 decessi (ieri 5). Sono invece 19 i posti letto occupati in terapia intensiva (ieri 16) e 116 i posti letto occupati in area medica (ieri 103). Si segnala tuttavia che Regione Lazio ha aggiornato solo parzialmente i dati a causa dell’attacco hacker subito. Inoltre, secondo i dati della Sorveglianza integrata pubblicati sul portale dell’Istituto Superiore di Sanita’, negli ultimi 30 giorni sono state 260 le persone decedute con diagnosi di Sars-Cov-2 e 81.714 i contagiati, di cui 915 tra gli operatori sanitari. Sale dunque al 4%, rileva l’Agenas, la percentuale di posti letto occupati nei reparti ospedalieri. La percentuale aveva toccato il livello minimo del 2% e si era mantenuta cosi’ fino al 25 luglio; dal 26 ha invece iniziato a risalire, rispecchiando l’aumento dei contagi delle settimane passate. A crescere sono anche le terapie intensive: il 3% dei posti e’ occupato da pazienti Covid e l’aumento dell’1%, dopo settimane di stabilita’ al 2%, e’ scattato il 30 luglio. E’ la Sardegna, passata dal 5% al 9% in una settimana, la regione che vede la maggior crescita di terapie intensive, seguita da Lazio e Sicilia al 5%. Mentre per i ricoveri Covid nei reparti ordinari, le regioni in crescita maggiore sono Sicilia e Calabria, arrivate in una settimana rispettivamente al 10% e 9%, seguite dalla Campania al 6%. Gli ospedali del Sud, dunque, vedono crescere piu’ velocemente della media nazionale i valori relativi all’ospedalizzazione rispetto ai nuovi parametri nazionali, che fissano la soglia critica per il cambio di colore delle Regioni al 15% per i ricoveri ordinari e al 10% per le intensive. Le regioni del Nord mantengono invece quasi tutte valori al di sotto o uguali a quelli medi nazionali. In questo quadro, secondo gli esperti, si va verso il picco dei casi relativo a questa fase pandemica, ma le valutazioni differiscono. Secondo l’epidemiologo Cesare Cislaghi, gia’ presidente dell’Associazione italiana di epidemiologia, e’ “presumibile che, se il trend epidemico resta invariato, il picco dei casi si raggiungera’ in Italia fra una settimana-dieci giorni e poi dovrebbe iniziare il calo”. Il calcolo e’ basato sul parametro dell’indice di replicazione dei casi, “che e’ quello che segna l’accelerazione e la decelerazione dell’epidemia – spiega -. Ieri 1 agosto era a 1,27 e sta piu’ o meno scendendo dello 0,5 ogni giorno. Se il trend continua a mantenersi costante, fra una settimana circa arriveremo a tale indice con un valore 1 ed il livello 1 indica che i casi non aumentano piu’ e rimangono costanti. Proprio quando i casi diventano costanti e’ il momento massimo, quello definito ‘picco’, poiche’ dalla crescita si arriva alla decrescita. Probabilmente tale picco si raggiungera’ fra una settimana-dieci giorni”. Per il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo “Mauro Picone” del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), che basa i propri calcoli sul parametro dell’incidenza, avrebbe invece gia’ raggiunto il picco in Italia l’incidenza dei casi positivi al virus SarsCoV2, che poi iniziera’ a scendere, e frena la crescita degli ingressi giornalieri nelle unita’ di terapia intensiva. Ma “se questo e’ vero a livello nazionale – conclude – alcune regioni sono ancora lontane dal picco” e la situazione e’ “eterogenea”.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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