Sorpreso dalle accuse, che non giustificano l’arresto e travisano la realta’. Rinchiuso nel carcere ‘Antonio Santoro’ di Potenza, l’avvocato Piero Amara ha fatto trapelare il suo stato d’animo a chi ha avuto modo di incrociarlo, preannunciando quale sara’ la sua linea difensiva con il gip Antonello Amodeo nell’interrogatorio di garanzia fissato per le prossime ore. Il principale indagato e protagonista dell’inchiesta che prende spunto da alcune vicende giudiziaria di Trani e dall’ex Ilva di Taranto, non ha ancora deciso se rispondera’ alle contestazioni o se si avvarra’ della facolta’ di non rispondere. Ma se dovesse scegliere di parlare, non e’ escluso possa iniziare a riempire lunghi verbali, proprio come successo in altre inchieste che lo hanno visto coinvolto. Possibile quindi che nel carcere di Potenza venga scritta un’altra puntata della ‘verita” di Amara sulla complessa matassa del sistema giudiziario italiano, partendo dal Csm, passando per la presunta loggia “Ungheria” per arrivare alle faccende del tribunale di Trani e della piu’ grande acciaieria italiana. “L’ipotesi di reato – ha detto l’avvocato difensore di Amara, Salvino Mondello – appare travisata in fatto ed erronea in diritto. E la misura cautelare – ha aggiunto il legale – non sembra giustificabile giuridicamente a fronte di fatti privi di qualsiasi attualita’”. E’ ipotizzabile quindi che la strategia difensiva punti innanzitutto a smontare l’accusa di corruzione per quella meno grave di traffico di influenze illecite, tra l’altro gia’ presente in altre inchieste, risalenti ad alcuni fa. Anche dalle 305 pagine dell’ordinanza dell’inchiesta di Potenza emerge, ad esempio, la complicata questione Csm, in relazione alla “carriera” dell’ex Procuratore di Trani e Taranto, Carlo Maria Capristo, “sponsorizzato” da Amara e dal suo “relation man” (sono le parole del gip), il poliziotto Filippo Paradiso, anch’egli in carcere. Per Capristo e’ stato disposto l’obbligo di dimora a Bari: l’interrogatorio di garanzia e’ stato fissato per venerdi’ prossimo, 11 giugno, nel Palazzo di Giustizia di Potenza. Pur non esaminando il merito e la legittimita’ della nomina a Procuratore di Taranto, i magistrati potentini hanno evidenziato “il peso effettivo dell’attivita’ di lobbing funzionale al patto Amara-Capristo, con la mediazione di Paradiso”: per il gip, e’ dimostrato anche da alcune frasi su una chat Whatsapp di Luca Palamara. L’ex presidente dell’Anm si disse “schiacciato” dal “peso delle pressioni ricevute” per la nomina di Capristo “nonostante non godesse di una buona reputazione”: nella chat “risulta che di lui si direbbero cose pessime”. Nelle carte e’ definita “incessante l’attivita’ di raccomandazione, persuasione e sollecitazione di Amara e Paradiso su alcuni membri del Csm”. Dopo la nomina di Capristo a Procuratore di Taranto, Amara – secondo l’accusa – “aspirava, da una parte, a consolidare la posizione di consulente legale dell’Eni (incarichi questi di eccezionale spessore economico) e, dall’altra, ad acquisire ex novo una significativa posizione nel ricco, anzi, ricchissimo, giro degli incarichi che a Taranto ruotavano intorno all’Ilva in amministrazione straordinaria”. E ci sarebbe riuscito ottenendo una consulenza nel processo “Ambiente svenduto” e poi l’incarico di avvocato di fiducia dell’ex Ilva nel processo per la morte di un operaio. Lo spostamento della sede legale della sua attivita’ a Martina Franca, inoltre, sarebbe stata propedeutica proprio ad ottenere nuovi incarichi e consulenze relative alla fabbrica. L’avvocato siciliano, sottolineano infatti i magistrati potentini, “era fortemente interessato a giocare la partita di Taranto non solo sul tavolo degli incarichi legali, ma anche su quello, ancora piu’ ricco degli appalti che l’Ilva in amministrazione straordinaria conferiva per lo smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi”. In una nota, il Gruppo Riva ha evidenziato di essere “estraneo e danneggiato dai reati” addebitati a Capristo, Amara e a Nicola Nicoletti, consulente dei commissari dell’ex Ilva dal 2015 al 2018, da ieri ai domiciliari. Il Gruppo, proprietario del polo siderurgico dal 1995 al 2013, ribadendo di “non avere nulla a che fare con gli addebiti contestati in tale vicenda”, ha annunciato che “si costituira’ parte civile nel procedimento”. (A