Un “sistema”, basato su un giro di false fatture e su ‘finte’ cooperative che assumevano formalmente i fattorini, che avrebbe favorito “lo sfruttamento dei lavoratori”, ai quali non venivano versati contributi previdenziali e assicurativi, oltre che “pratiche di concorrenza sleale”. Lo avrebbe messo in piedi, appoggiandosi a un consorzio e a ben 23 societa’ di intermediazione di manodopera, la Dhl Supply Chain Italy spa, societa’ del ‘colosso’ tedesco della logistica e dei trasporti. Stamani, proprio nei confronti della filiale italiana del gruppo e di suoi manager il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano ha eseguito un sequestro preventivo d’urgenza di oltre 20 milioni di euro per una presunta maxi frode sull’Iva, firmato dai pm Giovanna Cavalleri e Paolo Storari, del dipartimento guidato dall’aggiunto Maurizio Romanelli. Secondo i pm, la societa’ del gruppo Dhl per avere a disposizione “meri serbatoi di manodopera”, ossia lavoratori da gestire di fatto per le consegne, si interfacciava con il Consorzio Industria dei Servizi, a cui facevano capo diverse societa’ di intermediazione. E con un meccanismo di false fatturazioni, emesse dalle ‘finte’ coop a vantaggio di Dhl, quest’ultima avrebbe abbattuto i propri costi. Allo stesso tempo, le altre societa’ non versavano l’Iva dovuta e nemmeno i contributi per i facchini impiegati. Nell’inchiesta la Dhl Supply Chain Italy e’ indagata per la legge sulla responsabilita’ amministrativa degli enti, mentre dei reati fiscali rispondono Fedele De Vita, presidente della societa’ fino al 2018, e Antonio Lombardo, presidente dal maggio di 3 anni fa. Tra l’altro, scrivono i pm, “le acquisizioni informatiche”, le intercettazioni telefoniche e “le acquisizioni attraverso banche dati confermano una realta’ non certo isolata nel territorio lombardo”. Una realta’ fatta di “contratti di somministrazione illecita di manodopera fatti passare come contratti di appalto”, tariffe “imposte dal committente, che non sono in grado di remunerare la manodopera” e di omessi versamenti “di IVA e contributi” sui “serbatoi di dipendenti”, condizione “sostanzialmente ‘imposta’ dal committente”, ossia Dhl. La Procura fa notare pure che “per contrastare questo fenomeno, il 14 Ottobre 2019” si era aperto in Prefettura a Milano “un tavolo con le principali istituzioni, associazioni e player di settore con il fine di stipulare un ‘Patto’ finalizzato al rispetto pieno dei diritti dei lavoratori e della concorrenza leale” nel settore della logistica. E Dhl era stato “attore principale di questo tavolo”. Tavolo che era stato istituito dopo che, nel maggio 2019, il Tribunale di Milano, su richiesta del pm Storari, aveva posto in amministrazione giudiziaria (misura poi revocata nel marzo 2020) Ceva Logistics “per il reato di caporalato in seguito all’inchiesta sul consorzio Premium Net, che gestiva la movimentazione della Citta’ dei Libri di Stradella”. Dall’inchiesta sul caso Dhl e’ emerso che, tra il 2016 e il 2019, sarebbero stati oltre 1500 i lavoratori assunti dalle ‘false’ cooperative. Non c’era alcuna “tutela”, scrive la Procura, per i lavoratori “esternalizzati”, “‘costretti’ a passare da una cooperativa all’altra, pena la perdita del posto di lavoro”. E lo dimostrerebbe il “tenore” di alcune email agli atti. “L’amministratore delegato Lombardo sapeva tutto perche’ io gli mandavo per conoscenza a loro”, diceva intercettato Claudio Rizzelli, responsabile del Consorzio Ids.