Una mossa per rifare il look al M5S ma, indirettamente, anche per ribadire il suo ruolo cruciale all’interno del Movimento stesso. La svolta garantista di Luigi Di Maio ha un duplice effetto. E arriva come l’ennesima scossa in un universo che, nell’attesa di Giuseppe Conte e del nuovo Statuto, continua comunque a guardare al ministro degli Esteri come punto di riferimento. Il tutto mentre resta scritta sull’acqua qualsiasi ipotesi di intesa con Rousseau. I giorni passano e la prossima settimana potrebbe essere quella giusta per una prima risoluzione della controversia dopo il ricorso d’urgenza ex articolo 700 presentato dai vertici pentastellati. La lettera di Di Maio a Il Foglio sul caso Uggetti non e’ piaciuta a tutti all’interno del M5S. Ai tanti plausi arrivati dall’ala governista fa da contraltare il silenzio, gelido, degli ortodossi. Mentre non e’ facilmente intuibile la reazione della base visto che ne’ Di Maio ne’ gli account del Movimento hanno rilanciato sui social la svolta garantista. La mossa del ministro degli Esteri e’ di certo piaciuta all’ex premier Conte, tra i primi a congratularsi. Ma il leader in pectore, almeno nella tempistica, l’ha un po’ subita, trovandosi costretto a inseguire l’ex capo politico su un tema dirimente, anche nell’alleanza con il Pd, come quello della “gogna mediatica”. E c’e’ poi chi ha visto la svolta dimaiana da lontano e con freddezza. Sono gli ex del Movimento, da Barbara Lezzi a Nicola Morra, sempre piu’ vicini alla formazione di un nuovo gruppo in Parlamento. Una ventina, stando ai rumors di palazzo, gli ex pentastellati pronti a aggregarsi. Certo, con la leva del caso Uggetti, Di Maio traccia una nuova via per il M5S “green” che hanno in mente Beppe Grillo – che continua nel suo silenzio dopo il video sul figlio – e Conte. Un movimento piu’ di sistema, lontano da quello di piazza che lo ha portato a vincere le elezioni del 2018. “Il grillismo e’ morto. Nascera’ una nuova cosa, con un nuovo simbolo e una battaglia tra Conte e Di Maio sulla leadership, ma nulla sara’ come prima”, profetizza Matteo Renzi. Che, pero’, rischia di trovarsi in netta minoranza nello schema di alleanza che si sta prefigurando gia’ alle Comunali: quello tra Pd, M5S e Leu. Schema che vede Di Maio e Conte in piena sintonia. “Gaetano (Manfredi, ndr) ha la mia stima, e’ una persona preparata e in grado di risollevare Napoli. Sono certo che dara’ il massimo per rilanciare la citta’. Adesso dobbiamo sostenerlo tutti in maniera decisa e compatta. Giuseppe ha fatto un ottimo lavoro”, spiega Di Maio visitando gli studi Rai del capoluogo campano. Per ora, tuttavia, Napoli resta un unicum. A Milano, Conte – che in settimana ha visto i consiglieri locali del M5S – punta ad un’intesa con Beppe Sala gia’ al primo turno ma il sindaco, almeno per ora, frena. A Torino, a dispetto di chi vincera’ le primarie, una parte del Pd locale resta fermamente contrario ad un’alleanza con il Movimento. A Roma Pd e M5S rischiano di annullarsi vicendevolmente. “Noi diamo un giudizio non positivo del sindaco uscente, io spingo per Gualtieri”, sottolinea Enrico Letta rimarcando, tuttavia, di non sentirsi tradito da Conte per il suo placet a Virginia Raggi: “e’ una scelta che ho ritenuto naturale”. I prossimi giorni, sul fronte Comunali, saranno decisivi anche per il centrodestra. Martedi’ i leader di Lega, Fdi e Fi torneranno a riunirsi dopo il rinvio del vertice causato dalla nascita di Coraggio Italia. “Abbiamo un problema di abbondanza con i candidati”, sottolinea Matteo Salvini rilanciando la sua leadership nei confronti di Giorgia Meloni. “Ho sentito Berlusconi e abbiamo parlato del futuro del centrodestra, ho tante idee”, annuncia il leader della Lega mentre la presidente di Fdi vola a Varsavia per una cena con il premier polacco Mateusz Morawiecki e il leader di Vox Santi Abascal. Ed e’ una Meloni sempre piu’ in sella ai sondaggi. Anche se Salvini la avverte sulla leadership: “il primo partito e’ la Lega”.