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Politica

Cartabia: su durata processi ci giochiamo Recovery

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“Sulla durata dei processi il governo si gioca tutto il Recovery”, “non solo solo i 2,7 miliardi del Pnrr destinati alla giustizia, ma i 191 miliardi destinati a tutta la rinascita economica e sociale italiana”. Per questo “chi si sottrae al cambiamento si dovra’ assumere la responsabilita’ di mancare una occasione cosi’ decisiva per tutti”. Nella riunione a distanza con i componenti e i capigruppo della Commissione Giustizia la ministra Marta Cartabia chiarisce subito che la partita del Recovery si gioca tutta sulla giustizia. Al punto che “se mancheremo gli obiettivi che la Commissione Ue ci richiede sulla durata dei processi”, “l’Italia dovra’ restituire quella imponente cifra che l’Europa sta per immettere nella vita economica e sociale del Paese”. “Non possiamo guardarci come avversari”, “siamo compagni di strada”, dice rivolgendosi soprattutto alla sua maggioranza cosi’ divisa sulla giustizia, soprattutto dopo l’annuncio di Matteo Salvini di voler raccogliere con i Radicali le firme per i referendum sulla responsabilita’ civile dei magistrati e sulla separazione delle carriere in magistratura. Un’iniziativa “non contro qualcuno” precisa oggi il leader della Lega ma di “stimolo a governo e parlamento” , ma che invece Enrico Letta giudica “di propaganda” mentre annuncia la presentazione in settimana di un progetto sulla giustizia del Pd. L’impresa che l’Italia ha davanti e’ “titanica”. In cinque anni andranno ridotti del 40% i tempi dei giudizi civili e del 25% quelli dei giudizi penali, come ci chiede la Ue, spiega Cartabia. E le riforme del processo civile, penale e del Csm, andranno approvate tutte entro il 2021. Il toro da prendere per le corna e’ la giustizia troppo lenta, che produce sia “l’eccessivo numero” di processi che si concludono con la prescrizione, frustrando la domanda di giustizia delle vittime, sia il rischio che il giudizio si trasformi “in un anticipo di pena”, con il processo mediatico. All’appuntamento la ministra si presenta per ascoltare: solo la prossima settimana il governo presentera’ i suoi emendamenti alle riforme del suo predecessore Bonafede ora all’esame del Parlamento. Ma intanto mette sul tavolo le proposte della Commissione cui ha affidato il progetto della riforma del processo penale. Sulla prescrizione, che tanto divide la maggioranza, i tecnici hanno presentato due proposte alternative. Una prevede la sospensione della prescrizione dopo condanna in primo grado con ripresa se l’appello non si conclude in due anni; l’altra la prescrizione processuale, che si interrompe con l’esercizio dell’azione penale: se il processo dura piu’ di 4 anni in primo grado 3 in appello e 2 in cassazione c’e’ improcedibilita’. Tante le idee per velocizzare i processi. Il pm non potra’ fare appello, ma ricorrere direttamente in Cassazione. Le indagini preliminari potranno durare al massimo un anno per le contravvenzioni e ci potra’ essere una sola proroga per alcuni delitti, per il quali sara’ comunque aumentato il tempo base per il pm. Si incentiva il ricorso ai riti alternativi: chi patteggia pene fino a quattro anni potra’ farlo con la certezza di evitare il carcere.Tutte positive le prime reazioni. “La Costituzione e’ tornata nei processi penali nel mteodo e nel merito, anche perche’ il Parlamento e’ tornato protagonista”, dice il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. Ed Enrico Costa, resposabile Giustizia di Azione definisce “organico e serio” il lavoro della Commissione.

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Napoli

De Luca: Manfredi smentisca consulenze a docenti Federico II

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Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, chiede al commissario di Bagnoli, vale a dire il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, di smentire quanto “sostengono gli esponenti di Fratelli d’Italia di Napoli in merito alle consulenze a docenti della Federico II”. “Io suggerirei al commissario di smentire queste illazioni oppure di fornire l’elenco delle consulenze date a docenti della Federico II per stroncare e bloccare eventuali speculazioni”, ha sottolineato De Luca.

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In Evidenza

Ancora un Commissario: per il granchio blu e per la peste suina

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Parola mantenuta sul decreto di sostegno all’agricoltura preannunciato, a metà marzo a Roma, dal ministro Francesco Lollobrigida alla Conferenza organizzativa della Cia-Agricoltori Italiani, e frutto della collaborazione di più ministeri, – a partire da Difesa, Ambiente, Salute, Turismo – , nonché di ulteriori confronti con tutte le organizzazioni di rappresentanza del settore primario. Oggi ha preso forma in dodici articoli e verrà presentato la prossima settimana in Consiglio dei ministri. Al traguardo di un working in progress reso noto in più occasioni dallo stesso ministro Lollobrigida, ma senza fornire i dettagli sulle misure di aiuto “per rispetto – ha detto – del Cdm dove verrà discusso”. L’obiettivo dichiarato, durante la 75/ma assemblea di Fruitimprese, è quello di affrontare non solo le situazioni critiche ma anche per mettere in campo una strategia volta a migliorare i controlli del settore e altre questioni che riguardano “un mondo che deve essere protetto, salvaguardato e promosso”, ha sottolineato Lollobrigida.

Stando all’ultima bozza del provvedimento, il dl Agricoltura di prossimo varo prevede aiuti alle imprese danneggiate dalla guerra in Ucraina ma anche dal proliferare del granchio blu per cui arriva un commissario straordinario nazionale in carica fino al 2026, o per i produttori colpiti dalla “moria dei kiwi”, oltre a nuovi interventi per arginare la peste suina e il rafforzamento del contrasto alle pratiche sleali. E per limitare l’uso del suolo agricolo si dispone che “le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”. La società “Sistema informatico nazionale per lo sviluppo dell’Agricoltura – Sin Spa” viene incorporata nell’Agenzia per le erogazione in Agricoltura, Agea.

Inoltre per far fronte alla complessa situazione epidemiologica derivante dalla diffusione delle Peste suina africana (Psa) i piani di contrasto al proliferare dei cinghiali lungo l’intera Penisola verranno attuati anche mediante il personale delle Forze armate, previa frequenza di specifici corsi di formazione e mediante l’utilizzo di idoneo equipaggiamento. Sarà coinvolto un contingente di massimo 177 unità, e per un periodo non superiore a 12 mesi, con spese a carico, viene precisato nel testo, del Commissario straordinario preposto al contrasto Psa.

Il decreto guarda anche al settore pesca e dell’acquacoltura per contenere gli effetti della crisi economica conseguente alla diffusione del granchio blu. Le imprese della comparto che nel 2023 hanno subito una riduzione del volume d’affari, pari almeno al 20 per cento rispetto all’anno precedente, previa autocertificazione potranno avvalersi della sospensione per 12 mesi delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale, cambiali agrarie comprese. “In questo provvedimento – ha sottolineato Lollobrigida uscendo da Palazzo Chigi – ci saranno alcune delle cose che avevamo garantito. Sul granchio blu abbiamo fatto molto, e bisogna fare ancora di più: bisogna avere una strategia di carattere italiano ed europeo non solo per arginare i danni che vengono provocati ma anche per trovare una soluzione definitiva”.

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Politica

Pichetto: norme per il nucleare entro la legislatura

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Entro questa legislatura, il governo Meloni vuole varare tutta la normativa necessaria per reintrodurre il nucleare in Italia. Questo perché i primi reattori a fissione di 4/a generazione, quelli su cui punta l’esecutivo, dovrebbero andare in produzione alla fine del decennio. E per quella data, il governo vuole avere pronto il quadro giuridico per installarli e farli funzionare. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha annunciato i suoi obiettivi in una intervista a Radio 24. Alla domanda del giornalista se entro la legislatura potrà essere cambiato il quadro legislativo sul nucleare, Pichetto ha risposto “sì. Io ce la metto tutta. Questo è il mandato del governo e del Parlamento”.

Il ministro ha spiegato più volte che non vuole tornare alle grandi centrali, come in Francia, ma puntare sugli “small modular reactors”, il nucleare di 4/a generazione: in pratica, motori di sommergibili chiusi dentro cilindri di metallo, economici e facili da costruire e da gestire. Quattro moduli da 100 megawatt, installati insieme, forniscono l’elettricità di una centrale a gas. Secondo Pichetto, potrebbero essere direttamente i consorzi industriali a farsi la “loro” centrale. Ma i tempi per avere i piccoli reattori modulari, ha spiegato oggi il ministro, “sono 2, 3, 4 anni, il prodotto non c’è ancora.

Si parla di avere le condizioni di produzione di questi piccoli reattori alla fine di questo decennio. Vuol dire che in questa legislatura dobbiamo avere tutto a posto” dal punto di vista giuridico. Pichetto il 27 aprile ha incaricato il giurista Giovanni Guzzetta di di costituire un gruppo di lavoro per ridisegnare tutta la normativa sul nucleare in Italia, in vista del ritorno delle centrali atomiche nel nostro paese. La questione non è secondaria.

Dopo l’abbandono del nucleare nel 1987, nel nostro Paese non c’è più una disciplina sulle autorizzazioni degli impianti e sul loro funzionamento. E non ci sono neppure le fondamentali normative sulla sicurezza. Senza leggi e regolamenti, non si possono riaprire le centrali. Il ceo di Newcleo, la principale società italiana per il nucleare, Stefano Buono, giorni fa fa ha dichiarato che “se il quadro normativo verrà stabilito rapidamente, potremmo prevedere di dispiegare i primi Small Modular Reactors in Italia entro il 2033”. Ma il rinnovo delle regole non è l’unico problema.

Gli italiani hanno detto no al nucleare due volte, con i referendum del 1987 e del 2011. Il governo sostiene che questi no non sono più validi, perché si riferiscono alle grandi centrali di 3/a generazione, e non agli small modular reactors. Ma l’opposizione all’atomo resta forte nel Paese: l’opposizione di sinistra è contraria, e così gli ambientalisti, convinti che il nucleare sia inutile e costoso, e che occorra invece puntare sulle rinnovabili. In caso di ritorno all’atomo, un nuovo referendum è un’ipotesi tutt’altro che improbabile, e dall’esito incerto. E poi c’è la questione del deposito nazionale delle scorie nucleari, mai realizzato da decenni, per le fortissime opposizioni popolari. Pichetto ha detto che punta a individuare il sito entro la legislatura, fra le 51 ipotesi individuate dalla Sogin (la società pubblica per lo smantellamento delle centrali), in Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna.

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