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Esteri

Biden, piano da 2 mila miliardi per ricostruire l’America

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Un piano da 2.000 miliardi di dollari per cominciare a ricostruire l’America e creare milioni di posti di lavoro, spendendo nell’arco di otto anni in grandi opere come strade, ponti, completamento della banda larga, ammodernamento della rete elettrica e di quella idrica. Dopo l’American Rescue Plan da 1.900 miliardi per salvare l’economia Usa dalla pandemia, Joe Biden alza il tiro e lancia la prima gamba di quello che ha chiamato l’American Jobs Plan, che complessivamente prevede una spesa di oltre 4.000 miliardi di dollari e che mira a mettere il Paese al passo coi tempi e in grado di competere nei prossimi decenni. “Ci aiutera’ a vincere la competizione globale con la Cina”, ha assicurato Biden. Negli Stati Uniti “non si erano mai visti tanti investimenti dagli anni ’60, da quando abbiamo vinto la corsa allo spazio”, ha affermato la Casa Bianca poche ore prima che il presidente da Pittsburgh, citta’ simbolo della classe media, nella sua Pennsylvania, illustrasse i dettagli dell’ambiziosissimo piano. Ambizioso e costoso, finanziato da un aumento della pressione fiscale sulle grandi societa’ e sulle multinazionali: innalzando l’aliquota dal 21 al 28% e tassando anche i profitti guadagnati all’estero. Una drastica inversione di marcia rispetto a quella impressa da Donald Trump con la sua riforma fiscale del 2017, quando taglio’ le tasse a Corporate America dal 35 al 21%. “Il piano di Bicden e’ un attacco crudele al sogno americano, con l’aumento maggiore delle tasse nella storia d’America”, ha commentato l’ex presidente. Per il momento pero’ Wall Street sembra prenderla nel verso giusto, con un andamento he sembra indicare una valutazione preliminare positiva da parte degli investitori. Anche perche’ il piano Biden da 2 mila miliardi di dollari punta non solo a rafforzare la rete infrastrutturale americana a tutti i livelli, ma a rimodellare l’economia Usa affrontando anche le questioni legate ai cambiamenti climatici e alle ineguaglianze sociali e razziali. Dunque, investimenti per sviluppare le fonti rinnovabili e l’energia pulita, per promuovere la diffusione delle auto elettriche, per rafforzare l’edilizia residenziale nelle zone piu’ colpite dai fenomeni meteorologici estremi causati dal climate change. E poi soldi per la formazione di milioni di lavoratori soprattutto nelle comunita’ piu’ disagiate e per rafforzare la posizione economica di categorie come badanti e personale paramedico che si occupa dei piu’ anziani e dei disabili. Insomma, per la Casa Bianca “e’ la fine di decenni di stagnazione negli investimenti federali, soprattutto nella ricerca e nelle infrastrutture”, con la seconda gamba dell’American Jobs Plan attesa per le prossime settimane con altri 2 mila miliardi di spesa messi in cantiere per i settori della sanita’, dell’assistenza e dell’istruzione. Un nuovo pacchetto, dunque, che stavolta dovrebbe essere pagato da un aumento delle tasse sugli americani piu’ benestanti, coloro che guadagnano oltre 400.000 dollari l’anno. “Non ce l’ho con i ricchi – assicura pero’ Biden – alla fine sara’ il maggior aumento della spesa federale di sempre, esclusa la spesa per la difesa”. La strada del maxi piano di Biden pero’ non sara’ facile, vista l’attesa opposizione dei repubblicani in Congresso nonostante il presidente americano auspichi un dialogo bipartisan. E poi c’e’ la fronda interna al partito democratico, con l’ala progressista che gia’ si e’ detta insoddisfatta per un programma che ritiene insufficiente: “Sono solo oltre 2 mila miliardi di dollari in dieci anni”, sottolinea la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, ricordando come i 1.900 miliardi del piano anti-Covid sono stati stanziati “solamente per quest’anno, con alcune norme che hanno la durata di massimo due anni”. “Quello che serve – ha aggiunto – e’ un piano molto piu’ grande”.

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Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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