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Cronache

Attacco hacker alla Telecom, in tilt tutti i tribunali d’Italia: milioni di dati sensibili su processi di mafia o civili potrebbero essere in mano criminale

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Da 24 ore “sono stati interrotti i servizi informatici per tutti gli uffici giudiziari dei distretti di Corte di Appello dell’intero territorio nazionale”. L’iniziativa è stata adottata per fermare o per lenire gli effetti di un attacco informatico senza precedenti alla Telecom che gestisce i servizi telematici, pec e Processo civile telematico (Pct). Può darsi ci sia stato un  furto delle credenziali della posta certificata e può darsi che gli hacker abbiano rubato dati sensibili in materia civile e penale. Chi è riuscito ad entrare nei servizi informativi della rete dei tribunali d’Italia potrebbe aver sottratto qualunque dato sensibile su qualunque procedimento penale e civile custodito negli archivi informatici: dai processi di mafie a processi in materia civile per milioni di euro. Quello che era stato presentato, per motivi precauzionali, come uno degli “improrogabili ed urgenti interventi sui sistemi informatici” che celano “normali” tilt nei tribunali, sembra non sia il classico disservizio tecnico quando i tecnici del ministero della Giustizia devono fare degli interventi di manutenzione. Perchè 8 minuti dopo la mezzanotte del 14 novembre è scattato una sorta di warning. Uffici giudiziari dei distretti di Corte di Appello dell’intero territorio nazionale sono stato scollegato per evitare che gli hacker, se non l’avevano già fatto, potevamo impadronirsi di informazioni di capitale importanza. Immaginate quanti dati di quanti processi importanti per il nostro Paese possono finire in mani criminali. Ma la cosa grave è che del pericolo o dei danni subiti non ne è a conoscenza diretta il  ministero, ma lo si è appreso dalla Telecom. Con “una segnalazione del fornitore dei servizi di Posta elettronica certificata” (Pec): espressione che sintetizzerebbe l’accenno a un attacco informatico al fornitore Telecom nel centro dati di Pomezia, dove in tre edifici l’azienda gestisce 4.200 server. I capi degli uffici giudiziari vengono invitati a cambiare prudenzialmente le password di accesso alle utenze Pec utilizzate dai propri dipartimenti, non si sa se cadute in mano agli hackers. E si bloccano le basi-dati che abbiano qualche connessione con la Pec, a cominciare dal Processo civile telematico (Pct). Meno penalizzato il penale, dove però soffrono gli uffici giudiziari più avanti nella digitalizzazione, come alcune Procure che (non avendo più la ruota di scorta del tornare alla vecchia carta) non sanno come fare a trasmettere ad altri uffici gli atti di cui stiano per scadere i tassativi termini.

In una seduta del Csm il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, indica che “non si è trattato di un disservizio del ministero”, ma “probabilmente del furto delle credenziali” della posta certificata gestita da Telecom, in “un episodio che suscita allarme” e che per molti consiglieri Csm impone un “monitoraggio delle gravi e frequenti disfunzioni”. Mentre il sindacato Usb discute il tema più generale, già posto da alcuni fatti di cronaca nell’ultimo biennio prima di sembrare accantonato assieme alla legge Orlando sulle intercettazioni: “È inaccettabile che il flusso informativo della giustizia sia controllato da personale esterno, e che i server gestiti da privati siano ubicati in strutture non ministeriali”. Però allo stato è cosi e le questioni di sicurezza sono serie.

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A New York si commemorano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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Una giornata speciale per i ragazzi delle medie e delle superiori per commemorare due simboli della lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel triste anniversario della Strage di Capaci. L’appuntamento si è svolto presso la Scuola d’Italia di New York Guglielmo Marconi, guidata da Michael Cascianelli. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono solamente nomi nella storia italiana, ma incarnano valori di coraggio, integrità e impegno civico. Per far comprendere appieno il significato di queste figure agli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, è stato organizzato un incontro con due esperti del campo: il Professore Antonio Nicaso e il Professore Rosario G. Scalia.

Il Professore Nicaso, storico delle mafie e autore di varie opere sull’argomento, ha condiviso con gli studenti la sua vasta esperienza e aneddoti privati, invitandoli a guardare al futuro con ambizioni elevate e a non scendere mai a compromessi di fronte alle mafie. L’incontro è stato condotto dal Professore Scalia, professore del dipartimento di Italiano alla Rutgers – State University of New Jersey, che ha moderato l’evento e ha portato anche una testimonianza personale, ricordando la sua infanzia a Catania e l’ombra costante della mafia che aleggiava sulla città. Ha evidenziato come frasi dette dai genitori come “stai tranquillo che i mafiosi si uccidono solo tra loro” per tranquillizzare i propri figli, o “ci si uccide solo al sud” o “solo in Italia” abbiano contribuito a creare una distanza emotiva e fisica dalle persone nei confronti della mafia. Ha invitato gli studenti a non voltare le spalle alla realtà, ma ad affrontarla con coraggio e determinazione, senza mai fare un passo indietro.

L’incontro, coordinato dalla Professoressa Cristiana Grassi, ha suscitato grande interesse e partecipazione da parte degli studenti, dimostrando l’importanza di educare le giovani menti alla consapevolezza civica e alla lotta contro ogni forma di criminalità. La morte di Falcone e Borsellino ha avuto un impatto profondo non solo in Italia, ma anche oltre confine. Negli Stati Uniti, Giovanni Falcone è ricordato come un eroe, anche dall’FBI. Una statua eretta a Quantico, sede dell’FBI, testimonia il rispetto e l’ammirazione che gli americani nutrono per il giudice italiano. La relazione tra Stati Uniti e Falcone si consolidò durante il celebre caso “Pizza Connection” durante gli anni del Maxiprocesso di Palermo. Oggi, la collaborazione tra Italia e Stati Uniti nel campo della lotta alla criminalità organizzata prosegue su queste solide basi, dimostrando che l’eredità di Falcone e Borsellino continua a essere una fonte di ispirazione nel cammino verso una giustizia globale e una cooperazione internazionale più stretta.

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Carabinieri: prima confisca e conversione in euro di monete digitali sottratte a napoletani

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La Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria ha completato con successo la prima operazione di conversione in euro di beni confiscati in monete digitali. L’attività è conseguente al sequestro di Bitcoin e Monero, per un controvalore di circa 11mila euro, avvenuto a gennaio 2023, quando la Prima Sezione Operativa di Roma e la Sezione Criptovalute hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di individui, tutti residenti a Napoli, sospettati di appartenere ad un gruppo criminale dedito alla contraffazione valutaria. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli e condotte con la collaborazione di Eurojust ed Europol, fanno parte di un ampio contesto investigativo iniziato nel 2018, mirato a smantellare una rete di distribuzione di banconote contraffatte attraverso il Darkweb, canali Telegram e il trasferimento di criptovalute come Bitcoin e Monero su wallet dedicati. Lo rende noto un comunicato dell’Arma.

“Nel corso delle operazioni le criptovalute sequestrate – in particolare Monero e Bitcoin, spiega la nota – erano state trasferite dalla Sezione Criptovalute su portafogli dedicati, attraverso l’uso di tecniche e software sviluppati direttamente dal Reparto Specializzato dell’Arma che consentono la creazione dei wallet garantendo, oltre ad una elevata sicurezza, anche una gestione particolare delle chiavi private e/o seed phrase. L’approccio utilizzato dalla Sezione Criptovalute assicura che nessun singolo operatore possieda la conoscenza completa della chiave privata, eliminando così un punto critico di vulnerabilità e aumentando significativamente la protezione contro gli attacchi informatici”.

“Le criptovalute, oggetto di sequestro, sono state confiscate con decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria di Napoli la quale – prosegue la nota – ha disposto la conversione e il trasferimento al Fondo Unico di Giustizia. Pertanto, i Carabinieri della Sezione Criptovalute unitamente a personale dell’Exchange italiano Young Platform nominato appositamente ausiliario di polizia giudiziaria per procedere alla conversione, hanno provveduto al trasferimento e cambio in euro per il successivo deposito al Fug delle somme oggetto della confisca”. “La peculiarità di questa operazione non risiede solo nel suo successo e nella sua natura pionieristica, ma anche nel modo in cui dimostra l’efficacia dell’Arma dei Carabinieri nello svolgere operazioni altamente specializzate anche con le nuove tecnologie finanziarie. L’Arma dei Carabinieri, sempre attenta e vigile nelle indagini sul sensibile tema del Cybercrime, ha svolto recentemente il primo corso di perquisizione e sequestri di valute digitali presso l’Istituto Superiore Tecniche Investigative di Velletri, con il quale ha formato 25 operatori già specializzati in indagini telematiche”, conclude la nota.

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Reddito cittadinanza, presi altri 63 beneficiari e denunciati per truffa

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Sono 63 le persone che in provincia di Foggia sono state denunciate per aver indebitamente conseguito il reddito di cittadinanza, per un ammontare complessivo di 691 mila euro. Tra quelle individuate dai finanzieri del comando provinciale di Foggia negli ultimi due mesi ci sono i componenti di un intero nucleo familiare, che vive sul Gargano, e che avrebbero presentato istanze per ottenere il reddito di cittadinanza, allegando una dichiarazione sostitutiva mancante dell’indicazione dell’esatta composizione del nucleo familiare, che ha consentito loro di ricevere indebitamente oltre 21.400 euro. I controlli hanno interessato tutto il territorio provinciale, in particolare Cerignola, San Severo, Vieste e San Nicandro Garganico. I 63 beneficiari sono stati segnalati alla direzione provinciale Inps per la sospensione del sussidio. Numerose le irregolarita’ riscontrate dalle Fiamme gialle: dalla mancanza del requisito della residenza effettiva nel territorio nazionale alle mendaci dichiarazioni inerenti alla composizione del nucleo familiare, dall’omessa dichiarazione dello svolgimento di attivita’ lavorative, in diversi casi anche esercitate in nero, alla perdita del diritto al beneficio in conseguenza dello stato di detenzione.

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