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Politica

Ok alla riforma del Mes ma Renzi attacca duro Conte sul recovery

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Superare l’ostacolo del voto sulla riforma del Mes non basta al premier Giuseppe Conte per sancire una nuova tregua all’interno delle forze che sostengono il suo governo. Nel giorno in cui le Aule di Camera e Senato approvano, dopo molti tormenti all’interno del M5s, le risoluzioni in favore della posizione italiana sulla riforma del Meccanismo di stabilita’ resta alta la tensione sulla governance del Recovery plan e sul governo. Il voto corre pero’ sul filo, con solo 156 si’ a Palazzo Madama. Cinque voti in meno della maggioranza assoluta, che pure in questo caso non era richiesta. Il premier, che a sera si dice “tranquillo”, si appella ai deputati e senatori e chiede “massima coesione”: i distinguo fisiologici – dice – non devono pregiudicare il raggiungimento “degli obiettivi che ci stanno a cuore” e che “giustificano la nostra presenza qui”. Ma dal Pd a Italia Viva, i partiti che lo sostengono chiedono maggiore coinvolgimento, anche del Parlamento. Per dirla con Matteo Renzi e’ arrivato il momento “di dipiciemmizzare la politica”. Nicola Zingaretti usa ben altri toni, ma torna a incalzare il governo: “Ora per andare avanti e’ importante trovare soluzioni ai tanti nodi aperti”. Il segretario Pd, parlando al premier ma anche agli alleati, aggiunge un concetto caro a tanti tra i Dem, che nelle scorse settimane lamentavano un’azione del governo poco coordinata con i gruppi e scarso dialogo con le parti sociali: “Le priorita’ da scegliere si devono basare su chiarezza e pazienza unitaria, collegialita’ e condivisione, rispetto dei ruoli e un adeguato coinvolgimento nei processi delle decisioni determinanti. Se questa volonta’ non si afferma tutto diventa difficile”. Sul tavolo, non c’e’ alcuno scambio possibile, spiega il leader di Iv mirando dritto al cuore del recovery plan: la soluzione non passera’ per uno “strapuntino” nella cabina di regia che e’ chiamata a gestire i 209 miliardi di fondi europei. Il salto di qualita’ puo’ essere garantito solo da un ampio “dibattito in Parlamento” alla luce del sole. Altrimenti, e’ la minaccia, le ministre Iv sono pronte a ritirarsi. Se Conte “ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre: due da ministro e una da sottosegretario. Nostre a sua disposizione”, chiarisce Renzi. Invoca responsabilita’ Conte di fronte alle Camere, alle quali – torna a ribadire – restera’ l’ultima parola quando si trattera’ di ratificare con un nuovo voto l’uso del Mes. Che, assicura, deve essere rivisto “radicalmente” nella sua struttura e funzione per farne uno strumento diverso. E sono questi imperativi che si dice pronto a portare in Europa, a partire dall’imminente Consiglio europeo. Parole che, unite a un lavorio durato qualche giorno, hanno ridotto la fronda 5S che la settimana scorsa aveva messo nero su bianco il proprio dissenso arrivando a minacciare il veto. Sono 13 i deputati e una pattuglia di senatori che hanno resistito, sfidando i vertici pentastellati: la risoluzione alla Camera, dove tra l’altro vanno in scena due votazioni separate, nella sua parte piu’ controversa ( la specifica riforma del Mes) passa con 297 si’, 239 no e 7 astensioni. Dissidenti che vengono applauditi dal centrodestra, dove pero’ si registrano due voti dichiarati in dissenso dalla linea unitaria: sono quelli di Renato Brunetta e Renata Poverini. Altri 14 deputati azzurri non partecipano al voto ma – viene spiegato da fonti del partito – sono assenti giustificati. Cosi’ come lo sono alcuni senatori a Palazzo Madama: il pd deve fare a meno di due voti su 35 (un senatore e’ assente a causa del Covid e un altro, eletto all’estero, e’ invece rimasto in Australia). Al Senato si confermano le aspettative della maggioranza che fin dalla mattina vedevano il pallottoliere aggirarsi intorno ai 157 voti. E a sera l’asticella si ferma a quota 156 (129 contrari e 4 astensioni). Mattia Crucioli, senatore 5S, mette agli atti il suo no: “Il Mes e’ la parte peggiore dell’Ue e rappresenta tutto cio’ contro cui il M5S si batte”, dichiara. Ma nel giorno che era stato consacrato al Mes e’ comunque il Recovery a tenere banco. Lo dice chiaro il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio: si rivolge direttamente al premier e indica nel coinvolgimento delle forze in Parlamento ma anche degli attori istituzionali e delle parti sociali la chiave per garantire quella sintesi necessaria per andare avanti. Esautorare le Camere, insiste, non si puo’ perche’ vuol dire esautorare la “volonta’ popolare”. Il premier, ribadisce il capogruppo Dem al Senato, convochi il Consiglio dei ministri e “trovi un accordo con i suoi ministri e la sua maggioranza per fare una proposta al Parlamento”. Ma e’ l’intervento di Matteo Renzi il piu’ atteso: nessuno si aspetta l’apertura di una crisi vera e proprio ma nei quindici minuti in cui prende la parola anche il leader di Iv mette agli atti di pretendere un “dibattito parlamentare” sul Recovery; cita altri dossier, compresa la gestione dei servizi segreti, convinto che il filo conduttore sia quello di una chiara necessita’ di maggiore condivisione da parte del premier.

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La Rai annulla il confronto televisivo tra Meloni e Schlein per le Europee

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La Rai ha annullato il previsto confronto televisivo tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, in programma per il 23 maggio. Questa decisione arriva dopo la comunicazione dell’Agcom che ha sottolineato come un confronto del genere potesse avvenire solamente con il consenso di tutti i gruppi parlamentari rappresentati, condizione non soddisfatta dato che solo quattro degli otto gruppi hanno dato il loro assenso.

Il dibattito, che avrebbe avuto luogo nel contesto delle imminenti elezioni europee e che sarebbe stato moderato dal noto giornalista Bruno Vespa, è stato cancellato per mancanza della maggioranza richiesta dall’Agcom. La decisione di annullare l’evento è stata annunciata dalla Rai attraverso una nota ufficiale in cui si spiega che “nessun confronto è possibile in assenza della maggioranza richiesta”.

La Rai ha inoltre precisato che continuerà a garantire il rispetto della par condicio nei suoi notiziari e programmi di approfondimento, seguendo le linee guida dell’Autorità di regolamentazione. Con questa mossa, il servizio pubblico italiano si impegna a mantenere un equilibrio e una correttezza nella copertura delle campagne elettorali, riconosciute e sostenute dall’Agcom.

Questo annullamento segna un momento significativo nel dibattito politico italiano, influenzando non solo la visibilità dei candidati ma anche la dinamica dell’informazione politica in vista delle elezioni europee.

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Ultima stretta sul Superbonus e tutte le nuove norme finanziarie: l’esame approfondito

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Nell’arena politica italiana, la giornata di oggi segna un passaggio cruciale con la conclusione della prima fase di esame parlamentare del decreto legge sul Superbonus al Senato. Il dibattito è stato particolarmente acceso, evidenziando le fratture interne alla maggioranza, con Forza Italia che si è distinta in opposizione a specifiche misure proposte dal governo.

Il decreto, che introduce significative modifiche normative, è stato al centro di aspre discussioni, specialmente per quanto riguarda l’introduzione della misura dello spalma-crediti su 10 anni e la retroattività di tale provvedimento per le spese del Superbonus del 2024. Inoltre, Forza Italia ha combattuto, con successo parziale, la proroga della sugar tax, supportata dal resto della maggioranza e posticipata al 1° luglio 2025.

Durante i lavori della 6a Commissione, si sono verificati momenti di tensione significativa. In particolare, Forza Italia si è astenuta durante il voto su un emendamento cruciale, che è passato solo con il sostegno del presidente della commissione, Massimo Garavaglia (Lega), e di Italia Viva, che ha giocato un ruolo decisivo. La fiducia posta dal governo sul testo è stata approvata senza sorprese con 101 voti a favore, dimostrando una solida tenuta della maggioranza nonostante le divergenze interne.

Tra le novità più rilevanti approvate, si evidenzia il fondo di 35 milioni di euro istituito per il 2025, destinato al sostegno di interventi su edifici danneggiati da sismi, non coperti da precedenti decreti. Questo si aggiunge alle modifiche alla ripartizione dei crediti di imposta e alle diverse proroghe, come quella della Plastic tax al 1° luglio 2026 e varie nuove disposizioni per le banche e le assicurazioni riguardo la gestione dei crediti del Superbonus.

Importanti anche le risorse aggiuntive destinate a migliorare la gestione delle emergenze e del demanio, con significativi aumenti di fondi destinati a vari aspetti della gestione pubblica e infrastrutturale.

Il decreto ora passerà alla Camera per l’approvazione definitiva, prevista entro il 28 maggio, in una fase in cui il governo spera di consolidare ulteriormente le misure introdotte senza ulteriori ostacoli.

In sintesi, il cammino del decreto Superbonus si dimostra emblematico delle dinamiche politiche e delle priorità economiche attuali, rappresentando un tassello fondamentale nel più ampio quadro delle politiche di incentivazione e regolamentazione fiscale italiane.

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Accolto ricorso, Ilaria Salis va ai domiciliari a Budapest

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E’ stato accolto dal tribunale di seconda istanza ungherese il ricorso presentato dai legali di Ilaria Salis che può quindi uscire dal carcere e andare ai domiciliari a Budapest. Il ricorso era stato presentato dai legali di Ilaria Salis contro la decisione del giudice Jozsef Sós che nell’ultima udienza del 28 marzo le aveva negato i domiciliari sia in Italia che in Ungheria. In appello, la richiesta è stata invece accolta e quindi la 39enne attivista milanese, candidata con Avs alle prossime Europee, potrà lasciare il carcere a Budapest dove si trova da oltre 15 mesi con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Il provvedimento, che prevede il braccialetto elettronico, diventerà esecutivo non appena verrà pagata la cauzione prevista dal tribunale.

“Ilaria è entusiasta di poter finalmente uscire dal carcere e noi siamo felicissimi di poterla finalmente riabbracciare”: così Roberto Salis ha commentato la decisione del tribunale ungherese di concedere i domiciliari a sua figlia Ilaria che, dopo oltre 15 mesi, potrà lasciare il carcere dove è detenuta con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. “Non è ancora fuori dal pozzo – ha aggiunto ma sarà sicuramente molto bello poterla riabbracciare dopo 15 mesi, anche se finché è in Ungheria io non mi sento del tutto tranquillo”.

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