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Coronavirus, il mondo spera nella cura degli anticorpi in attesa del vaccino

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Saranno probabilmente gli anticorpi monoclonali la prima arma a disposizione per curare il Covid-19, ad affiancare i vaccini. E’ di oggi l’annuncio che il ‘cocktail’ messo a punto dall’azienda Usa Regeneron, quello usato per il presidente Trump, ha dato buoni risultati, e anche quello di Lilly ispira fiducia, al punto che gia’ negli Stati Uniti e’ stato siglato un contratto di fornitura. In entrambi i casi si tratta pero’ di una terapia che sembra funzionare sui pazienti con malattia lieve o moderata, prima del ricovero. I soggetti studiati che hanno ricevuto il trattamento Regeneron, afferma una nota, dell’azienda, oltre ad una riduzione della carica virale hanno avuto il 57% in meno di visite mediche rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo in un periodo di 29 giorni. Il calo e’ stato del 72% nei pazienti con uno o piu’ fattori di rischio, come l’essere sopra i 50 anni, l’obesita’ o avere un sistema immunitario compromesso. Buoni risultati ha dato anche l’anticorpo Lilly, che pochi giorni fa e’ stato bocciato dal Niaid americano per i pazienti gravi. La compagnia ha stretto un accordo con il governo degli Stati Uniti per la fornitura di 300.000 fiale di bamlanivimab. “I dati dello studio di Fase 2, Blaze-1 – scrive l’azienda -, pubblicati su The New England Journal of Medicine, mostrano che il farmaco puo’ essere efficace nel trattamento di Covid-19 riducendo la carica virale, i sintomi e il rischio di ospedalizzazione.

L’ accordo e’ subordinato all’autorizzazione all’uso d’emergenza dalla Fda, richiesta dalla Lilly per il trattamento di Covid-19 da lieve a moderato in pazienti ad alto rischio”. Al momento solo il desametasone e il remdesivir, entrambi farmaci nati per altri usi, hanno ricevuto il via libera contro il Covid, anche se ci sono ancora dubbi sull’effettiva efficacia soprattutto del secondo. Sembra invece tramontata, dopo l’esito di diversi studi, la speranza riposta all’inizio della pandemia sull’idrossiclorochina, anche se qualche medico vuole ancora usarla anche in Italia. E’ fissata ‪al 10 novembre‬ prossimo l’udienza al Tar del Lazio, in merito all’istanza cautelare presentata da decine di medici di base e specialisti, contro la decisione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e il Ministero della Salute, di sospenderne la somministrazione al di fuori di studi clinici. L’altra ‘gamba’ della risposta alla pandemia, oltre a quella delle cure, sara’ affidata ai vaccini, per i quali pero’ ci sara’ da aspettare. Secondo il Robert Koch Institut tedesco ad esempio, anche se fossero disponibili all’inizio del 2021 non si potra’ immunizzare tutta la popolazione on Germania prima del 2022. Nell’attesa c’e’ gia’ comunque chi si prepara. Negli Usa chi lo ricevera’ verra’ seguito con una piattaforma per lo smartphone che permettera’ una ‘sorveglianza attiva’ sullo stato di salute. Lo ha annunciato, riporta la Cnn, il Cdc statunitense. “V-Safe e’ un nuovo programma di sorveglianza attiva via smartphone – ha spiegato Tom Shimabukuro, vicedirettore dell’Immunization Safety Office del Cdc -, che include anche un follow up telefonico. E’ un modo piu’ attivo per monitorare eventuali effetti avversi rispetto alla semplice attesa che il paziente li segnali”.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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